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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.09.2009 Chavez arriva in M.O. ma la notizia non interessa solo a Israele
Il servizio di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 settembre 2009
Pagina: 13
Autore: Franceso Battistini
Titolo: «Chavez in Iran, impegno comune per il nucleare»

Ahmadinejad e Chavez sempre più alleati. Sul CORRIERE della SERA di oggi, 06/09/2009, a pag. 13, con il titolo " Chavez in Iran, impegno comune per il nucleare", il servizio da Gerusalemme di Franceso Battistini. Chavez si farà poi un giro in Medio Oriente, ci auguriamo che le democrazie si accorgano che la cosa non interessa solo Israele.

Brigate Rosse ? no, per ora solo Hugo Chavez

GERUSALEMME — Il Ve­nezuela che punta al nucleare, nono produttore mondiale di petrolio, è come l’Alaska che importa frigoriferi. «O l’Iran — osserva malizioso Alex Ben-Zvi, grande esperto israe­liano di questioni sudamerica­ne — che finge di non avere tutti quei barili di greggio e si costruisce centrali per l’ener­gia pulita». Eppure, forse ine­briato dai bagni di folla in Si­ria e a Teheran, sicuramente disinteressato alle migliaia di oppositori che nel frattempo marciano tra New York e Bo­gotà al motto «No mas Chávez!», proprio questo an­nuncia il presidente venezue­lano in visita all’amico Ahma­dinejad: «Con l’aiuto dell’Iran — dice — stiamo lavorando alla creazione di una cittadella nucleare, affinché il mio popo­lo possa contare in futuro su questa straordinaria risorsa, utilizzata a scopi pacifici». E giurando sulle buone intenzio­ni degli ayatollah, «non c’è una sola prova che stiano pre­parando la bomba atomica», immaginando le critiche in ar­rivo, il líder di Caracas mette già le mani avanti: «Così ades­so accuseranno anche me di volerne fabbricare una!». Hugo Chávez è in tournée. Undici giorni fra Medio Orien­te, Russia e Spagna. Con una puntatina magari alla Mostra del cinema di Venezia, doma­ni, dov’è ad aspettarlo il suo regista preferito Oliver Stone, munito d’apposito documen­tario su «uno statista troppo demonizzato dai media ameri­cani ». La tappa iraniana, «in sostegno alle nazioni rivolu­zionarie e al fronte antimperia­lista », è quella che più preoc­cupa gli avversari di Chávez: la settima in pochi anni, in quella che chiama «la mia se­conda patria», dov’è ogni vol­ta omaggiato con statue e me­daglie islamiche, dove ha si­glato piani decennali di colla­borazione e con la quale — so­stiene Israele — scambia ura­nio e investimenti. «Avrà an­che vietato le armi giocattolo ai bambini — scrivono i siti di Gerusalemme, riferendosi alla nuova legge venezuelana che ne proibisce la diffusione — ma gli piacciono da matti quel­le dei grandi». Un mese fa, il ministro rus­so- israeliano Avigdor Lieber­man che l’accusava d’ospitare cellule Hezbollah in Sudameri­ca, Chavez l’ha liquidato con due parole: «Boss mafioso». Salutato l’amico Gheddafi lunedì scorso, il giorno del di­scorso del Colonnello contro «l’espansionismo sionista» in Africa, El presidente non pote­va esimersi pure lui dal comi­zio contro «lo Stato assassino al servizio dell’imperialismo». Lo fa in Siria, a Sweida, zona drusa a un centinaio di chilo­metri da Damasco, in cui abita­no 200 mila venezuelani di­scendenti degli emigrati d’un secolo fa e da cui viene pure la famiglia del suo ministro del­l’Interno, Tarek El Aissami: «Saluto il popolo israeliano, ma lo invito a boicottare il suo governo genocida!». C’è un milione di siriani che vive in Venezuela e per Chavez è faci­le esaltare Sultan Pasha El Atrache, «il Simon Bolivar del­la Siria» che negli anni 20 com­batté i francesi, oppure accusa­re l’odiato governo della Co­lombia d’essere «l’Israele su­damericano al servizio degli interessi di Washington». Ama la retorica, Hugo, e non risparmia neppure un «mi sen­to siriano, mi sento arabo». Al­za una bottiglia del vino che fanno a Sweida, mentre strin­ge la mano del presidente As­sad, e dice che «bisogna alza­re nuovamente la bandiera del socialismo arabo di Nas­ser ». Promette: «Offrirò que­sto vino anche a Fidel Ca­stro ». Un altro amico suo e di Stone.

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