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Il Manifesto Rassegna Stampa
03.09.2009 Le navi provenienti dalla Striscia non possono allontanarsi più di tre miglia dalla costa
E' una misura per impedire il traffico di armi, ma Michele Giorgio nega l'evidenza e accusa Israele di soffocare Gaza

Testata: Il Manifesto
Data: 03 settembre 2009
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «I pescatori della Striscia nella rete dei ricatti israeliani»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 03/09/2009, a pag. 10, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " I pescatori della Striscia nella rete dei ricatti israeliani ".

Un articolo fantascientifico sulle inesistenti vessazioni che Israele fa ai pescatori di Gaza. E' normale che se una nave proveniente da Gaza si allontana dalle proprie acque territoriali venga fermata. Le navi non possono allontanarsi più di tre miglia dalla costa e questo è per impedire il traffico di armi per i terroristi di Hamas. Ma a Giorgio, che versa lacrime di coccodrillo sui pescatori di Gaza, interessano poco le vittime israeliane del terrorismo arabo. Non è una novità. Ecco l'articolo:

 Pescatori a Gaza

I pescatori, è noto, sono di poche parole, il più delle volte restano in silenzio, muti come i pesci che prendono nelle reti. A quelli di Gaza invece Israele avrebbe deciso di far aprire la bocca, con il ricatto. Lo denuncia il centro per i diritti umani al Mezan in un suo rapporto sulla condizione, sempre più difficile, dei pescatori palestinesi. Non bastavano le mitragliate delle motovedette israeliane – che lunedì scorso hanno mandato in fiamme e distrutto completamente il peschereccio di Omar Al- Habeil (rimasto ferito) – contro chi «viola» i limiti di pesca imposti dalle forze di occupazione. Adesso, protesta al Mezan, non pochi pescatori arrestati in mare vengono messi sotto torchio dai servizi segreti israeliani che tentano di trasformarli in spie. Ramadan al Sultan, che da 20 anni cerca di sopravvivere pescando nel Mediterraneo, ha raccontato che lo scorso anno, quando venne arrestato dalle marina israeliana, fu sottoposto ad interrogatori durissimi, prima di ricevere un’«offerta». «Mi promisero del denaro, mi dissero che ero a posto. Poi, all’improvviso, minacciarono di non farmi scendere mai più in mare, quindi mi chiesero di collaborare per evitare guai peggiori, ma rifiutai». Il portavoce militare israeliano non ha commentato la denuncia di al Mezan e si è limitato ad affermare che la marina è incaricata unicamente «di far rispettare i limiti (imposti) ai pescherecci palestinesi». A Gaza invece insistono che i servizi segreti israeliani sono alla disperata ricerca di spie per ottenere informazioni utili per eliminare la leadership di Hamas. «Mi arrestarono in mare assieme ai miei compagni – dice un altro pescatore, Hassan al Sultan, cugino di Ramadan – ci portarono tutti al porto di Ashdod per interrogarci. Quando venne il mio turno, un ufficiale mi offrì un peschereccio nuovo in cambio di informazioni sui capi di Hamas». Simile il racconto di Ishaq Zayed al quale gli israeliani avrebbero offerto di pagare i costi del matrimonio del figlio e pesca libera. Per la gente di Gaza non è facile sopravvivere con il mare e questo tipo di intimidazioni accrescono la pressione su centinaia di pescatori che a stento riescono a nutrirsi. Negli anni ’90, quando le barche potevano allontanarsi di circa 12 miglia nautiche dalle coste della Striscia, i pescatori riuscivano ogni anno a portare a riva, rivendere ed esportare fino a 3.000 tonnellate di pesce. Invece negli ultimi anni la Marina israeliana, ufficialmente per impedire «il traffico di armi», ha proibito ai pescatori di allontanarsi di più di 3 miglia dalle coste, nonostante gli accordi di Oslo abbiano fissato in circa 20miglia dalla linea costiera il limite massimo di allontanamento e le 12 miglia di distanza sancite dall’Accordo Bertini, stipulato nell’agosto 2002 tra Onu e Israele. Nel 2007 i pescherecci hanno portato a Gaza meno di 500 tonnellate di pesce, generando guadagni sufficienti appena a coprire le spese.

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