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La Stampa Rassegna Stampa
01.09.2009 La sharia a Dubai impone troppi divieti. Hollywood torna in Usa a girare i suoi film
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 01 settembre 2009
Pagina: 36
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Ora Hollywood cambia idea: è fuga da Dubai»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 01/09/2009, a pag. 36, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Ora Hollywood cambia idea: è fuga da Dubai ".

 Maurizio Molinari

Sex and the City ha fatto marcia indietro e Paris Hilton ha gettato la spugna: in poche settimane il mito di Dubai come nuova mecca dei produttori di Hollywood si è infranto contro l’insormontabile ostacolo delle rigide norme della sharia, la legge islamica che regola ogni aspetto della vita negli Emirati.
Per l’America è quasi uno shock da risveglio perché l’anno terribile della crisi economica ha visto emigrare verso i grattacieli di Dubai e Abu Dhabi schiere di aziende, imprenditori e liberi professionisti attirati da commesse e offerte di lavoro accompagnate da guadagni a molti zeri divenuti sempre più rari al di qua dell’Atlantico. Hollywood non era stata da meno anche grazie al precedente di Syriana, il film d’azione sui misfatti della Cia in Medioriente con George Clooney e Matt Demon che aveva sbancato il botteghino ed era stato in gran parte girato proprio fra le dune degli Emirati. Nel 2007 in realtà gli sceicchi locali avevano per la prima volta opposto un veto, impedendo di girare alcune scene di Body of Lies perché era un film sul terrorismo che non condannava a priori gli Stati Uniti come nel caso di Syriana. Ma quell’episodio era stato volutamente ignorato da produttori e registi convinti di riuscire a sopravvivere alla crisi del 2008 grazie alle coperture economiche offerte dagli Emirati.
Il risveglio più amaro è stato per Sex and the City perché il regista Michael Patrick King aveva immaginato di ambientare gran parte del secondo film ispirato dalla serie tivù fra le dune, ma ha dovuto rivedere in fretta i piani quando gli sceicchi gli hanno fatto sapere che «linguaggi» e «abbigliamenti» di attori ed attrici avrebbero dovuto rispettare rigidamente le norme della sharia. In concreto ciò significa niente alcol, nessuna imprecazione, niente abiti scollati, gonne corte, scene di sesso e neanche «effusioni fra i protagonisti». Per King avrebbe significato riscrivere Sex and the City obbligando Sarah Jessica Parker e le sue tre amiche a tali sacrifici da azzerare non solo il copione ma anche la trama stessa del più popolare serial degli ultimi anni.
La delusione della Parker, che teneva molto alla trasferta sul Golfo Persico, non ha fatto a tempo ad arrivare a Hollywood che anche Paris Hilton si è scottata alla stessa maniera. L’ereditiera aveva infatti messo in programma di girare a Dubai il nuovo show tv My New Bff («Il mio nuovo migliore amico di famiglia») ma il sogno del glamour arabeggiante si è infranto sugli stessi scogli che avevano affondato il progetto di King. Sul rispetto della sharia gli Emirati Arabi Uniti non accettano compromessi. A complicare le cose sono arrivati problemi di visti e contratti per alcuni componenti dello staff nonché il fallimentare debutto al botteghino di Shorts, l’unica coproduzione finora realizzata da Warner Brothers con la società cinematografica di Dubai «Imagenation». Gli incassi per soli 6,6 milioni di dollari di un film per ragazzi realizzato, questo sì, nel totale rispetto della legge islamica, hanno raffreddato gli entusiasmi di Hollywood e ora la joint-venture da un miliardo di dollari con Dubai sembra appesa a un filo. Chi invece ancora crede nel miraggio dei facili guadagni negli Emirati è National Geographic, che ha in cantiere due o tre film per i prossimi anni: trattandosi di temi che hanno a che vedere con storia e natura non teme di doversi imbattere sui veti dell’Islam.

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