Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/09/2009, a pag. 3, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " E Gheddafi attacca Israele: «Dietro le guerre in Africa» ".
Notiamo che fra tutti i leader dei Paesi dell'Europa, l'unico ad essere partito per la Libia è Silvio Berlusconi. Lo registriamo con preoccupazione perchè la politica del calar le brache non ha mai dato buoni frutti. Senza contare la brutta figura fatta da un governo che si è sempre dimostrato il migliore amico di Israele in Europa. Non ci risulta nessuna dichiarazione in risposta alle affermazioni psicopatiche del Re dei Re libico.
Ecco l'articolo:
GERUSALEMME — Una volta, mentre accoglieva una delegazione sotto la sua tenda, Gheddafi invitò ispirato a rimirare il cielo stellato. Per poi buttare l'ospite nell'imbarazzo: «L'unica stella che non sopporto - disse — è quella di David». Alla festa dei suoi quarant'anni di dittatura, di fianco a campioni dei diritti umani come il leader dello Zimbabwe, Robert Mugabe, o il sudanese Omar Al Bashir ricercato dalla Corte dell'Aja, dalla sua tribuna di presidente dell'Unione africana, il Re di tutti i Re d'Africa ha mirato di nuovo al suo bersaglio preferito, colpevole di tutti i mali del continente: «Israele usa il pretesto della protezione delle minoranze — ha detto — per alimentare le crisi in Darfur e nel Ciad. L'obbiettivo è di sfruttarne le ricchezze. Per questo, tutte le ambasciate d'Israele in Africa devono essere chiuse. Dietro tutti i conflitti africani, c'è la mano d'Israele». Un esempio? Il Movimento di liberazione del Sudan, ribelli del Darfur: «Il loro ufficio è a Tel Aviv».
All'erta, dunque: «E i fratelli africani trovino una soluzione per impedire alle potenze straniere di mettere le mani sulle nostre ricchezze, sull'uranio, sull'oro, sul gas, sul petrolio...».
Una soluzione. Non ha l'atomica iraniana. Non ha tutto quel petrolio. E quel che dice non è una novità. Insomma: Gheddafi non è Ahmadinejad. E quando i tg della sera israeliana leggono le ultime sparate, al ministero degli Esteri si preoccupano fino a un certo punto: «Quel circo itinerante che è Gheddafi — replica Yilgal Palmor, portavoce di Avigdor Lieberman — è da tempo uno show tragicomico che imbarazza chi lo ospita e la nazione libica che ne paga il conto. C'è ancora qualcuno al mondo che prende sul serio ciò che dice quest'uomo, che dà peso alle azioni teppistiche di questo bulletto?». Anche l'invito a chiudere le ambasciate non spaventa: sono dieci in tutta l'Africa, anche se i Paesi che riconoscono Israele sono 41 su 53, e i rapporti con governi come l'egiziano, l'etiope, il kenyota, il nigeriano o il sudafricano sono a prova di bordate libiche.
L'attacco di Gheddafi, però, non è solo il ringhio di quello che Reagan chiamava «il cane pazzo». E nelle sue parole, c'è del vero: Israele ha iniziato davvero un'offensiva diplomatica in Africa. Shimon Peres ha tessuto molti legami. E lo stesso Lieberman sta per partire in un tour come non se ne vedevano dagli anni '50. «Ci si è resi conto che c'è un grande movimento dell' Iran in quest'area — spiega Alex Ben-Zvi, collaboratore del ministero — e molti Paesi ne stanno subendo l'influenza. In assenza delle potenze europee, cerchiamo noi di spiegare i rischi di trattare con Teheran. Proponendoci come partner economici ». Tutto questo, osservano a Gerusalemme, irrita il colonnello. Senza dire dell' ultimo sgarbo: la protesta (accolta) della comunità ebraica del New Jersey, che per il suo viaggio negli Usa ha ottenuto di fargli piantare la tenda da un'altra parte.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante