La partita mai chiusa di Al Zomar e l'attentato alla sinagoga di Roma L'analisi di Michael Sfaradi
Testata: L'Opinione Data: 29 agosto 2009 Pagina: 9 Autore: Michael Sfaradi Titolo: «La partita mai chiusa di Al Zomar e L'attentato alla sinagoga di Roma»
Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 29/08/2009, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " La partita mai chiusa di Al Zomar e l'attentato alla sinagoga di Roma ".
Sinagoga di Roma
Erano centinaia i fedeli che il 9 ottobre del 1982 gremivano lentrata della sinagoga di Roma quando un commando palestinese aprì il fuoco contro di loro. Rimasero a terra 37 feriti di cui allcuni in gravissime condizioni e il cadavere di un bambino di soli due anni, Stefano Taché Gay. Il 1982 è stato l'anno di Sabra e Chatila, l'opinione pubblica, i giornali e i telegiornali e la maggioranza del mondo politico italiano di allora puntarono il dito contro Israele, di conseguenza contro gli ebrei. In un clima di antisemitismo che lItalia non ricordava dalla fine della seconda guerra mondiale i terroristi trovarono terreno fertile per organizzare e portare a termine lattentato che colpì uno dei più importanti luogo di culti ebraici italiani. L 'attacco, va ricordato, avvenne a pochi giorni di distanza dalla visita in Italia di Yasser Arafat che fu ricevuto con tutti gli onori, molti furono gli uomini politici, di quasi tutti gli schieramenti, che si misero in fila per abbracciarlo e stringergli la mano. Lo sconvolgente assalto ai fedeli non arrivò inatteso, le avvisaglie cerano state e gli ebrei romani avvertirono forte il presagio di un imminente pericolo, al punto che lallora rabbino capo Elio Toaff chiese al ministero degli Interni una maggiore sicurezza intorno alla Sinagoga per quei giorni di festa. Una richiesta che non venne ascoltata. Nei giorni a seguire, prima e dopo i funerali del povero bimbo, furono in molti a stracciarsi le vesti con tanta cordialità e partecipazione, nella memoria della comunità ebraica romana però rimase indelebile il ricordo di una bara lasciata, pochi giorni prima dell'attentato, davanti allentrata della sinagoga di Roma. Del gruppo dassalto che colpì la sinagoga romana lunico identificato fu Osama Abdel Al Zomar, processato e condannato all'ergastolo in contumacia dal tribunale di Roma. Al Zomar fu arrestato in Grecia a distanza di qualche tempo, allora si disse ma non ci furono le prove, che si consegnò alla polizia ateniese per evitare di cadere sotto i colpi dei sicari del Mossad e non fare la fine che avevano già fatto i suoi complici dell'attentato. Il governo di Atene che ha sempre fatto di tutto per tenere il terrorismo arabo lontano dalle sue frontiere, pensò bene di ignorare la richiesta di estradizione italiana e trasferire il prigioniero in Libia alla corte di Mohammad Gheddafi. Le proteste italiane furono blande, quasi proforma, quellassassino nelle italiche galere sarebbe stato una patata bollente e avrebbe attirato verso l' Italia attenzioni da parte del terrorismo palestinese che era meglio evitare. A conti fatti Al Zomar in Libia era un affare anche per Roma. Cè un particolare però. Sotto i colpi di Al Zomar e dei suoi complici rimasero uccisi, feriti e invalidi dei cittadini italiani che hanno diritto ad avere giustizia anche se da allora è passato tanto tempo. Il prossimo 30 agosto il presidente del consiglio Berlusconi sarà a Tripoli per festeggiare il primo anno degli accordi bilaterali che mettono fine a un contenzioso storico che ha sempre reso difficili i rapporti fra i due Stati. Con la firma di questi trattati il governo italiano si è impegnato al pagamento di ciò che è dovuto per i danni di guerra e si è altresì scusato per il comportamento tenuto dagli italiani in Libia durante il periodo della colonizzazione. Noi però crediamo che questi trattati non debbano essere a senso unico ed ora che le relazioni diplomatiche si sono pienamente ristabilite è giusto e doveroso da parte della Farnesina avviare una giusta rogatoria internazionale per l'estradizione di Abdel Al Zomar. Non per vendetta, ma per un conto con la giustizia che da quel giorno è ancora aperto. La spiegazione del ministro Frattini che ha detto, durante unintervista di Sky TG24, che lItalia non intende fare questa richiesta semplicemente perché la legge libica non prevede lestradizione, non convince del tutto. Tantomeno i familiari della vittima. Ancora ieri il padre del piccolo Stefano, Joseph Taché, chiedeva che un assassino come Al Zomar, condannato allergastolo in contumacia in Italia venga costretto a pagare i lsuo debito con la giustizia. E se non può farlo nel nostro Paese come sarebbe doveroso almeno lo faccia in Libia. E quello che Berlusconi deve chiedere a Gheddafi, concludeva Taché. E in Libia il colonnello Gheddafi fa il bello e il cattivo tempo e di fatto la legge libica altro non è che il suo esclusivo volere. Considerando che si è impegnato a collaborare contro il terrorismo di matrice islamica e visto che gesti di buona volontà lItalia ne ha fatti molti, sarebbe ora di vederne arrivare uno anche dallaltra parte del Mediterraneo. La consegna del responsabile dell'attentato alla Sinagoga di Roma potrebbe essere un primo passo per la costruzione di una reciproca fiducia.
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