Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 28/08/2009, a pag. 15, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Turisti, venite nei Territori. Vini, rovine e niente Intifada ".
Yarden, i vini del Golan, sono in vendita anche in Italia, distribuiti da Gaja
La guida di Daniel Rogov ai vini d'Israele
Volete provare il nostro Chardonnay?» Siamo in un elegante centro per visitatori della colonia di Psagot, a due passi da Ramallah (Cisgiordania), in una zona dove in passato è infuriata la intifada. Dalle finestre si ammira il deserto di Giudea. Il caldo è opprimente, e la proposta dell’energico padrone di casa molto allettante. Mentre taglia per gli ospiti una fetta di pane casereccio, Yaakov Berg, spiega che i suoi vigneti sono nelle immediate vicinanze. E’ da poco entrato nel mercato, produce 15 mila bottiglie all’anno, il suo «Porto» è stato lodato dalla critica. «I nostri vini - precisa - sono richiesti anche in ristoranti di lusso a Tel Aviv».
Passa anche dal suo Centro per visitatori la nuova politica del movimento dei coloni, concepita per mostrare all’israeliano della strada «l’altro volto della Cisgiordania». Negli ultimi anni la viticoltura ha qui compiuto passi da gigante, come pure la produzione casearia. Per invogliare le famiglie medie israeliane a trascorrere giornate di svago nella natura in diversi insediamenti della Giudea-Samaria (Cisgiordania) vengono offerte amene «Zimmer», stanze.
«Ancora pochi anni fa l’idea di compiere escursioni familiari qui sarebbe parsa rischiosa», conviene Yaron Toren, uno degli ideatori della campagna pubblicitaria: «Giudea-Samaria. La storia di ogni ebreo». Ma aggiunge che «nel frattempo la situazione con la sicurezza è molto migliorata». Come anche la rete stradale. Da Tel Aviv bastano 40 minuti per raggiungere Ariel, la principale città-colonia della Samaria (20 mila abitanti, più 11 mila studenti universitari). Ci si immette così nella Route 60 che taglia la Cisgiordania da Nord a Sud. Ai suoi margini si ergono lapidi in memoria delle vittime degli attentati. Yishai Hollander, un esponente del movimento dei coloni, assicura che ora «guidare qua è come a Tel Aviv». Ma mentre parla pare aver ingranato una marcia in più, a fini prudenziali. In caso di sassaiole palestinesi, occorre telefonare al 1208 per essere assistiti dalla più vicina pattuglia militare.
Esauritisi i fondi, la campagna pubblicitaria lanciata da Toren un anno fa nelle strade e nei mass media israeliani volge al termine. Tempo di bilanci. L’iniziativa, spiega, era nata in seguito al ritiro da Gaza voluto da Ariel Sharon del 2005. Occorreva chiarire agli israeliani che la Cisgiordania non potrebbe essere «sacrificata» egualmente di fronte a contingenze politiche. Il suo controllo da parte di Israele resta necessario non solo per ragioni strategiche ma innanzi tutto perché, afferma, «proprio lì si trovano le località di importanza critica per la coscienza storica israeliana». «Non siamo affatto come i Conquistadores spagnoli che distrussero la cultura Inca - esclama. - Al contrario, siamo qua per riportare alla luce le nostre radici».
Agli israeliani interessati a fare un viaggio a ritroso nel tempo propone escursioni archeologiche. «Innanzi tutto è obbligatorio visitare Shilo (Silo), per oltre tre secoli la capitale religiosa degli israeliti all’epoca dei Giudici, tre millenni fa. Proprio là fu custodita l’Arca dell’Alleanza». Si tratta di parole altamente evocative per gli israeliani che dai libri di testo hanno appreso di quella portentosa Arca da cui, secondo le leggende, scaturivano folgori capaci di incenerire i nemici. Tel Shilo, la zona archeologica, dista un’ora di macchina da Tel Aviv: ma i turisti non sono molto numerosi.
Altre mete consigliate da Toren sono l’Herodion (il fastoso palazzo scavato in una collina da re Erode, nei pressi di Betlemme); o alle porte di Nablus, il Monte Eibal (dove è stato scoperto un altare dell’epoca di Giosuè) e il Monte Gerizim, dove resta una piccola comunità di Samaritani.
Le attese masse di israeliani in gita, ammette, non sono finora arrivate. In particolare lo delude la assenza di scolaresche. «Ma è stato importante gettare le basi, - conclude - creare una piattaforma. Il nostro obiettivo di lungo termine è conquistare i cuori degli israeliani. Poi ciascuno decida liberamente la sorte delle colonie, in base alle proprie convinzioni politiche».
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