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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.08.2009 Richard Branson in Israele per sostenere i quattro brutti ceffi
Come se ne avessero bisogno. Cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 agosto 2009
Pagina: 19
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: «Un miliardario hippie per il Medio Oriente»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/08/2009, a pag. 19, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Un miliardario hippie per il Medio Oriente ".

 Sir Richard Charles Nicholas Branson, a Gerusalemme per sostenere gli Elders, da lui definiti " questo straordina­rio gruppo di 12 anziani, premi Nobel dal­l’altissimo profilo morale, da Jimmy Carter a Desmond Tutu, da Kofi Annan a Muham­mad Yunus, che ha deciso d’impegnarsi fra Israele e Palestina. ". Sul profilo morale di Jimmy Carter, Desmond Tutu, Mary Robinson, abbiamo già detto che cosa pensiamo. E sul loro impegno per Israele anche. Finora hanno dimostrato solo di impegnarsi per gli arabi, definendo Israele uno Stato di apartheid e tenendo gli occhi ben sigillati sul terrorismo arabo.
Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere le due lettere da Gerusalemme di Angelo Pezzana titolate " Quattro brutti ceffi a Yad Vashem " e " I quattro brutti ceffi, ecco cosa dicono ".
Ecco l'articolo di Francesco Battistini:

GERUSALEMME — Forse, ogni tanto, qualche volta, se proprio un inglese deve capitare da queste parti a occuparsi della pace, non sarebbe male ci venisse Tony Bla­ir. Che per fare questo lavoro è strapagato dal Quartetto, occupa con la sua gigantesca delegazione e i suoi gipponi a chilometri ze­ro un intero piano e un bel po’ di posteggio dell’American Colony (due milioni e mez­zo all’anno solo d’albergo: saldati anche da noi europei), eppure da mesi non si fa vede­re in Medio Oriente. Pazienza.
Assente Blair, arriva Branson. Il suo ca­rissimo amico Sir Richard Charles Nicholas Branson, «Sir Virgin», il miliardario londi­nese mezzo hippie e mezzo avventuriero, sessantenne amante delle linee aeree e dei palloni aerostatici, collezionista di carte di credito e trasvolatore nello spazio infinito, ora folgorato sulla via di Gerusalemme. «Sono qui a sostenere gli Elders — s’aggira in una lussuosa hall —, questo straordina­rio gruppo di 12 anziani, premi Nobel dal­l’altissimo profilo morale, da Jimmy Carter a Desmond Tutu, da Kofi Annan a Muham­mad Yunus, che ha deciso d’impegnarsi fra Israele e Palestina. Mi piacciono, questi vec­chietti, perché non prendono ordini da nes­suno. E, come me, vogliono solo la pace».
Like a Virgin, smarrito e curioso, Sir Ri­chard non sa molto di Medio Oriente: «È la prima volta che ci vengo». Ma vola in quo­ta, cerca credito. E dall’alto dei suoi sei mi­liardi di patrimonio, delle 360 aziende, del­la posizione 261 nella classifica dei papero­ni mondiali, dell’esperienza nelle battaglie per l’ambiente o per il Sudan, sfodera otti­mismo: «Anche in Irlanda sembrava impos­sibile, la pace. E invece adesso vedi Ian Pais­ley che beve, ride e magari gioca pure a golf con quelli che una volta lo considera­vano un terrorista». C’entra qualcosa Geor­ge Mitchell, l’inviato americano che il go­verno israeliano detesta quasi più d’Oba­ma, l’uomo che sull’Ira ha costruito i suoi trionfi? Sir Richard evita giudizi: «Se parli con un ragazzo ebreo e uno arabo, è ovvio che vogliano la stessa cosa. Per questo i lo­ro politici, più anziani, devono trovare un compromesso. La soluzione dei due Stati è necessaria. E c’è un’enorme possibilità d’ar­rivarci entro diciotto mesi. Lo so, è quel che si dice da 50 anni, ma adesso c’è una grande opportunità. E ognuno di noi deve cercare d’afferrarla».
L’uomo che lanciò i Sex Pistols e i punk, va da Peres e da Abu Mazen con la straordi­naria band degli Elders, messi insieme due anni fa da Mandela e già sperimentati con qualche successo fra le crisi del Kenya e del­lo Zimbabwe. Spesso fuorigioco, trattati un po’ come simpatiche glorie vintage, que­sti Platters della pace hanno ancora acuti perforanti. L’arcivescovo sudafricano Des­mond Tutu, guardando il campo profughi di Kalandya e il Muro, l’altro ieri ha finito per dire proprio quel che di solito piace ai palestinesi e manda in bestia gl’israeliani: «Parlare di apartheid non aiuterà il proces­so di pace. Ma questa è un’apartheid. Simi­le a quella vissuta dalla mia gente». Poca
diplomazia? Pessima comunicazione, pen­sa Branson: «A me pare che gl’israeliani ab­biano un problema di pubbliche relazioni. Hanno molte cose che funzionano: gli ospe­dali che curano i palestinesi, le ong... Ma queste cose non arrivano. In questi giorni si stanno evacuando altre famiglie palesti­nesi dalle loro case. Non conosco i partico­lari della questione. Ma riuscite a immagi­nare qualcosa di peggio, per le pr d’Israele? Dopo la Seconda guerra mondiale, questo piccolo Paese era simpatico al mondo. Un po’ come l’America dopo l’11 settembre. Poi, sia per l’America che per Israele, parte di quella simpatia s’è persa. E qualcosa bi­sogna fare».
Fate la lira, non fate la guerra? Il vecchio hippie non è venuto a mettere degli euro nei loro cannoni. E non parla d’affari, nono­stante le voci: una partecipazione negli ae­rei dell’El-Al, se il processo di pace ne mol­tiplicherà le rotte, o nei cellulari locali... «Siamo qui solo per ascoltare e imparare — dice Jeff Skoll, il fondatore di eBay, l’ami­co ebreo che fa da guida — e magari con­cretizzare qualcosa...». In che senso? Cita i Sex Pistols: tranquilli, questo non è un «fil­thy lucre tour», un tour per il lurido guada­gno. Peace & Love, nient’altro. Già, mica si chiama Tony Blair.

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