Il governatore della banca centrale di Gerusalemme ha elevato di 0,25 punti il tasso di interesse Per combattere i pericoli di inflazione che possono derivare da un eccesso di moneta
Testata:Il Foglio - Il Sole 24 Ore Autore: La redazione del Foglio - Alessandro Merli Titolo: «I tassi di Israele e il fiuto di Fischer - L’avanguardia in Medio Oriente»
Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 26/08/2009, a pag. 10, l'articolo di Alessandro Merli dal titolo " I tassi di Israele e il fiuto di Fischer ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " L’avanguardia in Medio Oriente". Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - " L’avanguardia in Medio Oriente"
Stanley Fischer
La banca centrale di Israele, due giorni fa, ha elevato di 0,25 punti il tasso di interesse, finora allineato al livello della Fed dello 0,5. L’obiettivo è quello di combattere, con un’azione preventiva, i pericoli di inflazione che possono derivare da un eccesso di moneta. Un tasso dello 0,75 è ancora basso, ma il segnale che con questo aumento viene lanciato da Stanley Fischer, governatore della banca centrale di Gerusalemme, è chiaro. Israele, superata la crisi, modifica la politica monetaria espansiva adottata fino a ieri in conformità alla linea delle altre banche centrali dei paesi industriali. E presto il fronte del “quantitative easing” potrebbe assistere inerte alla defezione di altri stati come l’Australia, la Norvegia e la Corea del sud. Eppure il segnale, dal punto di vista internazionale, non va comunque sopravvalutato. La Banca centrale europea, infatti, mentre prende atto del confermato miglioramento dell’economia francese e tedesca nel secondo semestre, ha fatto sapere che non vi sono ancora le condizioni per un aumento del tasso. In realtà Israele opera in un’area economica, quella mediorientale e in senso più ampio africana, in cui operano fattori di espansione connessi al rialzo del prezzo del petrolio e alla crescita endogena del continente nero. A fronte della decisione di Gerusalemme, c’è già chi invoca il “coordinamento” delle politiche delle banche centrali. Questo certo è opportuno, ma occorre attuarlo con elasticità, tenendo conto del diverso andamento delle varie aree economiche e monetarie.
Il SOLE 24 ORE - Alessandro Merli : " I tassi di Israele e il fiuto di Fischer "
Dal simposio dei banchieri centrali a Jackson Hole lo scorso fare settimana, i mercati finanziari hanno recepito un messaggio,sintetizzato dal governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer: la crescita sta cominciando a ripartire, ma è troppo presto per dichiarare la fine della crisi. Anche se il peggio è passato e i segnali di crescita sono arrivati prima del previsto. Molto resta da fare per riportare in salute le banche e ci sono buone ragioni per temere una ripresa debole. Gli interventi di Ben Bemarilce e Jean-ClaudeTrichet, in linea con Fischer, sono stati letti dal mercati così: che i tassi d'interesse negli Usa e in Europa (oltre che in Gran Bretagna e Giappone) resteranno al minimi storici ancora per qualche tempo, anche se le autorità monetarie stanno cominciando a pensare alle strategie d'uscita, in altre parole a come e quando alzare i tassi e mettere fare all'espansione della moneta attraverso acquisti di titoli. Se non che, appena rimesso piede sul suolo d'Israele, Fischer ha decretato, il primo a farlo dopo la crisi, un immediato aumento dei tassi dello 0,25%, dopo che nelle scorse settimane aveva già interrotto l'espansione quantitativa della moneta e gli acquisti giornalieri di dollari sul mercato valutario. In mezzo, ci aveva piazzato due giorni di pesanti interventi per deprimere lo shekel, tanto per far capire al mercati che lo stop al quantitative easing e agli acquisti di dollari non era un via libera incondizionato alla rivalutazione del cambio, evoluzione rischiosa in un paese dove l'export arriva al 40% del Pil. L'apparente contraddizione fra le parole di Jackson Hole e i fatti di Tel Aviv è facilmente spiegabile con le diverse caratteristiche di una piccola economia aperta, come quella israeliana, e le maggiori aree monetarie, e con il diverso momento congiunturale: Israele, nella valutazione del suo govematore, vede già una ripresa più imminente e un'inflazione più alta di altri. La conclusione di molti osservatori di mercato è che, per quanto riguarda le grandi banche centrali, il messaggio di Jackson Hole vale più dell'esempio israeliano, che difficilmente avrà un seguito a Washington o Francoforte, Londra o Tokyo. ll che è quasi certamente vero nel breve periodo. Fischer però non è un governatore qualsiasi: è il maestro di Bernanke, del numero due della Bce, Lucas Papademos, e del governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ed è l'economista che ha dato sistematicità al pensiero sull'indipendenza delle banche centrali e l'inflation targeting. Dai suoi pari, è considerato un grande saggio: non a caso, a Jackson Hole, gli è stato riservata l'anno scorso la conclusione e quest'anno il discorso centrale. Non ci sarà una corsa a imitarlo, ma le sue azioni di questi giorni costituiranno un paradigma per le mosse delle grandi banche centrali quando le rispettive economie daranno il segnale di imboccare la strategia d'uscita. Intanto, al suoi discepoli Fischer avrà dato un'altra lezione: quando lo farete, occhio al cambio.
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