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Il Manifesto Rassegna Stampa
26.08.2009 Salam Fayyad e le sue pretese arroganti
Riportate e condivise dal quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 26 agosto 2009
Pagina: 1
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Fayyad ci prova: Stato di Palestina entro il 2011, Gerusalemme capitale»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 26/08/2009, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Fayyad ci prova: Stato di Palestina entro il 2011, Gerusalemme capitale ".

Giorgio riporta le dichiarazioni di Salam Fayyad: " Con il negoziato non siamo a un punto morto, ha detto il premier, ma le costruzioni nelle colonie ebraiche non sono sospese. In attesa di un accordo le colonie continuano a espandersi, la costruzione del muro (israeliano in Cisgiordania) prosegue, così come la confisca di terre palestinesi o la demolizione di case (arabe) a Gerusalemme».". Non è ben chiaro di quale confisca stia parlando Fayyad. Per quanto riguarda la demolizione di case arabe a Gerusalemme, abbiamo già specificato che si trattava di case abusive e che la legge prevede la loro demolizione a prescindere da chi siano i proprietari. Quelle case sarebbero state demolite anche se fossero state di proprietà di ebrei israeliani. La barriera (non muro) ha uno scopo protettivo: serve a bloccare gli attentati suicidi degli arabi (quelli che Giorgio nei suoi articoli definisce "resistenza armata"). Gli insediamenti illegali quando scoperti vengono smantellati. Negli altri casi si tratta di città israeliane. Con la crescita della popolazione è necessario costruire case nuove, scuole, strade. Succede ovunque.
Giorgio, poi, riporta anche le dichiarazioni di Netanyahu riguardo i processi di pace con gli arabi e commenta : "
Israele, ha detto Netanyahu a Brown, ha bisogno di «partner palestinesi coraggiosi», ossia di leader dell’Anp che dovranno rinunciare al diritto al ritorno dei profughi, alla sovranità sulla zona palestinese (est) di Gerusalemme e al controllo delle frontiere. «Gerusalemme non è una colonia», ha aggiunto. ". Gerusalemme è la capitale di Israele. Come dice giustamente Netanyahu, non è una colonia, nè un insediamento illegale e per questo non può essere oggetto di trattative nè può essere divisa. Il diritto al ritorno dei profughi porterebbe alla cancellazione di Israele. Giorgio e gli arabi ne sono consapevoli.
Ovviamente non si fa riferimento nè al terrorismo palestinese, nè alle dichiarazioni di Abu Mazen, il quale ha rifiutato le due principali condizioni per arrivare alla pace con Israele: il riconoscimento di Israele come Stato ebraico e la fine del terrorismo arabo contro lo Stato ebraico.

Ecco l'articolo:

 Salam Fayyad

Spinge sull’accelleratore il premier dell’Anp Salam Fayyad che ieri a Ramallah - poco prima dei colloqui a Londra del premier israeliano Netanyahu con il suo omologo britannico Gordon Brown - ha presentato un piano per la costruzione dello Stato di Palestina entro il 2011 in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est, con o senza un accordo con Israele. È una mossa che invia segnali diversi e in varie direzioni: all’AmministrazioneObama che forse nel giro di un mese presenterà un suo piano per il conflitto israelo-palestinese, a Israele che vuole una staterello palestinese senza sovranità, ad Hamas ma in modo ambiguo e infine a tutti i palestinesi. «Abbiamo deciso di avere un atteggiamento più attivo, di affrettare la fine dell'occupazione cercando di creare una nuova realtà sul terreno, facendo emergere il nostro Stato come un fatto che non è possibile ignorare», aveva spiegato Fayyad in un’intervista rilasciata al Times mentre Netanyahu volava a Londra. Con il negoziato non siamo a un punto morto, ha detto il premier, ma le costruzioni nelle colonie ebraiche non sono sospese. In attesa di un accordo le colonie continuano a espandersi, la costruzione del muro (israeliano in Cisgiordania) prosegue, così come la confisca di terre palestinesi o la demolizione di case (arabe) a Gerusalemme». In definitiva, ha spiegato Fayyad, l’Anp non rimarrà per sempre in attesa e, se costretta, proclamerà lo Stato, senza aspettare gli esiti di una trattativa sterile. Poco dopo da Londra Netanyahu ha messo in chiaro che il pallino resta nelle mani di Israele e che i palestinesi l’indipendenza l’avranno soltanto alle sue condizioni. Israele, ha detto Netanyahu a Brown, ha bisogno di «partner palestinesi coraggiosi», ossia di leader dell’Anp che dovranno rinunciare al diritto al ritorno dei profughi, alla sovranità sulla zona palestinese (est) di Gerusalemme e al controllo delle frontiere. «Gerusalemme non è una colonia», ha aggiunto. Netanyahu ha poi escluso che il suo governo possa impedire ai settler di costruirsi nuove case. All’orizzonte non c’è alcun segnale positivo eppure secondo Fayyad, uno Stato palestinese indipendente «sarebbe possibile» già nel giro di un paio d'anni. Nonostante gli enormi ostacoli, sostiene, i palestinesi devono prendere ora in mano il loro futuro, senza attendere oltre, ha avvertito. «Abbiamo deciso di accelerare la fine dell'occupazione israeliana lavorando duro per costruire realtà positive sul terreno, facendo emergere il nostro Stato come un fatto compiuto che non possa più essere negato», ha spiegato. Il documento di 65 pagine illustrato da Fayyad contiene po’ di tutto: un aeroporto nella valle del Giordano, i collegamenti ferroviari con i paesi arabi, la mobilitazione popolare per contrastare la colonizzazione israeliana, l’uguaglianza tra uomini e donne, il rispetto di tutte le fedi religiose. Il premier non ha mancato di fare appello all’unità nazionale senza però saper spiegare cosa farà per trovare una intesa con Hamas che controlla Gaza. «Pensare di poter costruire lo Stato di Palestina sotto occupazione è a dir poco irrealistico - commenta l’analista Mouin Rabbani - non ha senso parlare di sviluppo economico quando i posti di blocco israeliani strangolano le nostre città». Secondo Rabbani, Abu Mazen e Fayyad «in realtà stanno segnalando da un lato all’Amministrazione Obama di essere pronti, e dall’altro dicono alla popolazione che l’Anp non resterà passiva e che giocherà le sue carte di fronte ai rifiuti di Israele».

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