George Mitchell e Benjamin Netanyahu
Domani, a Londra, Bibi Netanyahu incontrerà l’inviato di Barack Obama, George Mitchell, in vista di una iniziativa di pace che il presidente americano intende presentare al massimo entro un mese, e che mira alla creazione di uno Stato palestinese ai confini con Israele. L’unico aggettivo che ci viene in mente analizzando come la sinistra pacifista israeliana ne scrive è < patetico >. Haarez scrive addirittura “ con l’attiva mediazione americana “, come se tutti i piani presentati dai presidenti Usa prima di Obama non fossero mai esistiti. Capisco che bisogna abbellire il prodotto per renderlo interessante, ma l’impresa sarà difficile, perchè la puzza di muffa è troppo forte per passare inosservata. Fa bene quindi la sinistra pacifista, per non fare l’ennesima brutta figura, a citare solo i doveri ai quali deve sottostare Israele, soltanto tacendo di quelli palestinesi può sperare che l’opinione pubblica se li dimentichi. Infatti Haarez ricorda a Bibi che gli “insediamenti” devono essere congelati, come ordina Obama, senza però entrare in merito. Possono gli israeliani abitare a Gerusalemme est, oppure la zona è judenrein ? Perchè gli arabi possono risiedere a Gerusalemme ovest – ce ne sono 7.000 – mentre per gli ebrei è vietato abitare in un quartiere arabo ? La sinistra pacifista sostiene che in cambio del congelamento degli insediamenti, sempre senza specificare quali, dando quindi ad intendere tutti, che i paesi arabi “ si muoveranno verso una normalizzazione dei rapporti con Israele”, sapendo di affermare il falso. Intanto quel “muoversi”, senza indicare alcuna data, non significa nulla, non vengono precisati i punti precisi degli impegni che il riconoscimento includerà. Se sono quelli della proposta saudita, è bene ricordare che sono inaccetabili da Israele, che non ritornerà mai più a confini non difendibili, come erano quelli del pre ’67. Ma anche così, tutto quello che riguarda la parte palestinese è come avvolta da una nebbia, non si capisce bene quali siano i punti di partenza e quelli di arrivo. L’ipocrisia massima si raggiunge quando, per rendere saporita la medicina, la sinistra pacifista scrive “ questi passi comuni intendono creare una atmosfera conciliatoria nella regione, che favorirà il processo diplomatico “. Parole al vento, smentite persino dall’ultimo congresso di Betlemme dell’Anp, che di passi in avanti non ne ha fatto nessuno, e forse non poteva farne, stretta com’è tra la forza di Hamas a Gaza e il relativo controllo dalla parte di territorio in Cisgiordania. Se poi, ingenuamente, creando addirittura imbarazzo, uno chiedesse alla sinistra pacifista di fare una qualche previsione su come questo Stato palestinese viene creato, su quali basi, con quali leggi, armato fino ai denti o smilitarizzato, per non chiedere come la metterà con Hamas, insomma, di fronte ad una prospettiva simile, uno straccio di previsione varrà pure la pena di farla, che fa la sinistra pacifista ? Continua ad alzare il dito verso Bibi per ricordargli che deve essere ubbidiente ai voleri dell’amico americano, e che sugli insediamenti deve essere severissimo, non gliene deve sfuggire nessuno. I problemi creati dal rifiuto arabo-palestinese stiano pure nell’ombra, il dovere degli israeliani, ma potremmo anche dire degli ebrei, è quello di farsi carico di tutto, soprattutto degli errori degli altri. E’ la vecchia abitudine della sinistra pacifista, sentirsi dalla parte del più debole – anche quando debole non lo è affatto- per sentirsi la coscienza tranquilla. Ma qui il conto finale toccherà pagarlo anche alla sinistra pacifista, se il timone della storia non verrà tenuto in mani salde e forti. Perchè Israele, va ripetuto fino alla noia, non può permettersi un passo falso di queste dimensioni. Se viene messo in crisi il fattore sicurezza, la fine è sicura. La sinistra pacifista non lo avverte, ritiene addirittura che la debolezza sia più conveniente, dimostrando così quanto poco conosca il mondo arabo. Potremmo sbagliare, ma mercoledi , a Londra, non succederà proprio nulla di nuovo, Netanyahu e Mitchell avranno un incontro "molto positivo", l’impegno sugli insediamenti verrà mantenuto, anche se non sarà chiaro in quali termini, si getteranno le basi per futuri appuntamenti, perchè, si sa, il piano di pace deve andare avanti. Che si realizzi, è un altro conto. Per arrivarci occorre un’altra politica, e chissà che Netanyahu non sia il leader israeliano giusto per realizzarla, visto che ormai sono in molti, in Israele, a indicargli la strada.
Angelo Pezzana