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La Stampa Rassegna Stampa
25.08.2009 La Casa Bianca mette la Cia sotto inchiesta
Cronaca e analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 25 agosto 2009
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La Casa Bianca mette la Cia sotto inchiesta -Obama rischia la rivolta degli 007»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/08/2009, a pag. 4, gli articoli di Maurizio Molinari titolati " La Casa Bianca mette la Cia sotto inchiesta " e " Obama rischia la rivolta degli 007 ".  

" La Casa Bianca mette la Cia sotto inchiesta "

Il Dipartimento di Giustizia mette sotto accusa la Cia per le «tecniche illegali» adoperate nel trattamento di presunti terroristi e la Casa Bianca le toglie da subito la responsabilità di condurre gli interrogatori di chi ancora si trova nelle celle di Guantanamo. Le mosse dell’Amministrazione Obama ridimensionano il ruolo della Cia nella gestione dei detenuti e aprono la strada a processi nei confronti di alcuni agenti, che hanno avuto ruoli di responsabilità nel trattamento di detenuti come Khalih Sheik Mohammed, il pianificatore dell’11 settembre 2001, minacciato con la frase «uccideremo i tuoi figli» se negli Usa ci fossero stati nuovi attentati.
Il primo passo lo ha compiuto Eric Holder, ministro della Giustizia, capovolgendo la decisione dell’Amministrazione Bush di non dare seguito ai contenuti di un’indagine interna del 2004, che aveva appurato l’uso da parte della Cia di tecniche «non ortodosse» per ottenere informazioni dai sospetti terroristi. Holder ha fatto sapere di aver riscontrato «almeno una dozzina di casi» - secondo quanto riportato dal New York Times - nei quali gli agenti di Langley sarebbero stati responsabili di «gravi violazioni», applicando tecniche che la legge degli Stati Uniti equipara alle tortura.
A condurre le indagini del Ministero della Giustizia sarà John Durham, procuratore del Connecticut. E gli agenti della Cia riconosciuti responsabili di violazione della Costituzione veranno processati: uno scenario destinato a creare fibrillazioni nella centrale di Langley, anche perché in più occasioni Obama aveva assicurato che non vi sarebbero stati processi o punizioni nei confronti degli 007 che avevano eseguito le disposizioni sugli interrogati impartite dall’Amministrazione Bush.
Obama ha preso anche una seconda decisione: togliere alla Cia la responsabilità di gestire i detenuti di Guantanamo e delle altri prigioni in giro per il mondo, affidandoli al nuovo «High-Value Detainee Interrogation Group» (Hig), che sarà guidato da un alto ufficiale dell’Fbi e risponderà direttamente alla Casa Bianca. I nuovi interrogatori verranno condotti sulla base del «manuale da campo delle forze armate», che proibisce di denudare i detenuti, minacciarli con i cani, esporli a temperature estremamente calde o fredde, privarli di cibo, acqua o medicine, simulare esecuzioni e praticare la tecnica del «waterboarding», l’affogamento simulato.
I consiglieri più fidati del presidente che avranno voce in capitolo su questo terreno sono l’ex agente John Brennan, l’ex analista della Brookings Insitution Bruce Reidel e il consigliere legale Gregory Craig. Queste decisioni rafforzano al Congresso la posizione di quei leader democratici che chiedono un’indagine sull’operato del governo Bush, e in particolare dell’ex vicepresidente Dick Cheney.

" Obama rischia la rivolta degli 007 " 

 Leon Panetta

Dall’inizio di aprile, quando la Casa Bianca per la prima volta tolse il segreto sul «waterboarding», il direttore della Cia nominato da Barack Obama ha fatto di tutto per tutelare gli agenti che eseguirono le disposizioni dell’amministrazione di George W. Bush sugli «interrogatori rafforzati ». Il 20 aprile 2009 fu lui a spingere Obama ad andare in visita al quartier generale dell’Agenzia di Langley per incontrare a porte chiuse una cinquantina degli agenti del dipartimento «operazioni clandestine» che si sono più esposti nella guerra senza quartiere contro Al Qaeda. E Obama diede agli 007, in un discorso pubblico trasmesso in diretta televisiva, la garanzia che Panetta aveva esplicitamente chiesto: «Nessuno di voi sarà processato». Forte della promessa del presidente in maggio Panetta, figlio di immigrati calabresi ed ex capo di gabinetto di Bill Clinton, duellò a viso aperto con la presidente democratica della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi che imputava alla Cia di «aver mentito al Congresso nascondendo la pratica del waterboarding sui detenuti». Panetta arrivò ad accusare Pelosi di essere lei a mentire sui briefing ricevuti a Capitol Hill sugli «interrogatori rafforzati» sin dal 2003, grazie ai quali sarebbe stata in realtà ben a conoscenza dei metodi applicati dalla Cia. Dietro tanta determinazione nel difendere gli agenti dal rischio di processi penali per «aver praticato le torture » c’è sempre stato il timore di Panetta di una sollevazione interna capace di paralizzare le numerose operazioni quotidiane di lotta ad Al Qaeda: il numero dei super-agenti a disposizione di Langley non è molto esteso e incriminarne alcuni significherebbe creare uno scompiglio tale nei ranghi da mettere in pericolo le numerose missioni ad alto rischio in corso in Iraq, Afghanistan e altrove. Quando un solo agente è minacciato di processo per aver fatto ciò che gli è stato chiesto l’intera Cia è a rischio: per questo Robert Baer, ex capo del Medio Oriente, assicura «ho lavorato per ventun anni e nessuno ha mai praticato alcun tipo di tortura». Ecco perché la decisione del ministro della Giustizia Eric Holder di nominare un «procuratore speciale» per indagare su una dozzina di casi di presunte torture praticate da agenti Cia ha mandato Leon Panetta su tutte le furie fino a spingerlo - secondo rivelazioni riportate dalla tv Abc - a minacciare in luglio le dimissioni in una tumultuosa conversazione con Obama. Il contenuto del colloquio resta top secret ma Panetta nella serata di ieri ha smentito di aver pensato di gettare la spugna, mettendosi invece al computer per scrivere un’email personale ai dipendenti dell’Agency nella quale si legge: «Difenderò tutti quegli ufficiali che hanno fatto ciò che la loro nazione gli ha chiesto e che hanno seguito le disposizioni legali ricevute. Questa è anche la posizione del presidente degli Stati Uniti». Come dire, resto in carica per garantire la tutela degli agenti che sin dall’indomani dell’11 settembre 2001 hanno operato sulla base di quanto gli è stato chiesto di fare. Al tempo stesso il portavoce della Cia George Little assicura che «daremo un contributo vitale al lavoro della task force della Casa Bianca che sarà ora responsabile degli interrogatori». Sono tutti messaggi rassicuranti, destinati in primo luogo agli 007 di Langley per garantirgli che il loro direttore non li abbandona e che la task force voluta da Obama non li esautorerà dalle rispettive mansioni. Saranno le prossime settimane a dire se Panetta riuscirà ad evitare la rivolta degli 007 ma appare già evidente come il rapporto con Eric Holder sia incrinato, creando una frattura nel team dei consiglieri del presidente sulla sicurezza nazionale. Panetta è comunque convinto di farcela a far superare alla Cia la tempesta delle torture: a suo avviso l’unica vera persona a dover rendere conto degli errori compiuti è chi diede le disposizioni agli agenti sugli interrogatori rafforzati ovvero l’ex vicepresidente Dick Cheney. Per disinnescare la tensioni Cia-ministero della Giustizia dietro le quinte John Brennan, consigliere di Obama, lavora ad un possibile compromesso. Baer lo anticipa così: «Potrebbe essere un Grand giurì della Cia a giudicare gli agenti chiamati a rendere conto di come hanno operato per verificare se vi fu qualcuno che andò oltre gli ordini che aveva ricevuto».

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