Perchè Obama ha commesso un errore ad invitare Mubarak alla Casa Bianca L'analisi di Saad Eddin Ibrahim, intellettuale egiziano
Testata: Il Foglio Data: 19 agosto 2009 Pagina: 3 Autore: Saad Eddin Ibrahim Titolo: «Dov’è il 'change' se poi Mubarak entra alla Casa Bianca?»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/08/2009, a pag. 3, l'articolo di Saad Eddin Ibrahim dal titolo "Dov’è il “change” se poi Mubarak entra alla Casa Bianca?"
Hosny Mubarak
Quando era candidato, Barack Obama aveva promesso che non avrebbe appoggiato i dittatori amichevoli nei confronti degli Stati Uniti. Nonostante la promessa, il presidente Obama ha accolto alla Casa Bianca il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Tale inusuale benevolenza – il presidente Obama è andato in visita da Mubarak anche quando è stato al Cairo, il 4 giugno – invia messaggi ambigui a tutti quegli americani che si sono spesi per eleggere Obama come un campione del cambiamento. Ed è anche deludente per chi in Egitto, in Africa e nel mondo arabo ha festeggiato la vittoria storica di Obama come primo presidente afro-americano. Mubarak, che ha 82 anni, guida l’Egitto da 28 anni. Ha ricevuto più di 50 miliardi di dollari in aiuti dagli Stati Uniti ma non ha dato nulla al suo popolo. Non ha aggiunto alcun contributo alla pace rispetto a quello che il suo predecessore, Anwar Sadat, riuscì a raggiungere a Camp David 32 anni fa. A Obama basterebbe leggere l’ultimo report sullo sviluppo umano compilato dal Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite per registrare il costante scivolamento verso il basso compiuto dall’Egitto nella classifica della regione e a livello mondiale. Allo stesso modo, i report annuali di Amnesty International, Human Rights First, Human Rights Watch e Freedom House sottolineano la mancanza di democrazia e la massiccia violazione dei diritti umani nel regime di Mubarak, comprese le torture e le sparizioni forzate. C’è stata anche una crescita esponenziale delle violenze settarie contro i cristiani copti: da quando Obama ha tenuto l’ormai celebre discorso del Cairo due mesi fa, ci sono stati almeno 40 attacchi. Eppure Mubarak continua ad avere ampi margini di libertà da parte degli Stati Uniti e ha persino ricevuto lodi da parte di importanti membri dell’Amministrazione Obama. La piccola frazione di aiuti americani che dovrebbe andare alla società civile egiziana è sottoposta al veto del regime di Mubarak. L’Egitto potrebbe giocare un ruolo centrale nella politica mediorientale. Ma Mubarak ha sperperato il potenziale del suo paese in cambio di un controllo totale sul popolo egiziano. I piani per passare tutti i suoi poteri al figlio Gamal sono ormai sotto gli occhi di tutti. L’aspetto più sconfortante di tutta la faccenda è che Washington, sotto la regia di Obama, sta portando avanti una politica da vecchio presidente con l’unico interesse di mantenere lo status quo. Dopo il suo eloquente ed emozionante discorso al Cairo, molti hanno cominciato a chiedersi se Obama agirà con la stessa forza e determinazione con cui parla. Ha la possibilità di dimostrarlo incontrando Mubarak a Washington. Coloro che, in medio oriente, in passato si erano lamentati per il fatto che George W. Bush avesse abbandonato la “Freedom Agenda” degli anni 2004-2006 ora rimpiangono la promessa di Obama vecchia di due mesi di appoggiare la democrazia e lo stato di diritto.
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