Egregio Direttore, le scrivo a seguito della pubblicazione sulla rivista da lei diretta di un articolo scritto da Farian Sabahi. E le scrivo per informarla di alcuni episodi che probabilmente lei non conosce, ma che le potranno servire per comprendere la figura della Sabahi. Personalmente ho avuto a che fare con lei fin dal periodo della sua collaborazione a La Stampa, e, in particolare, a seguito di due interviste fatte al professor Zagrebelsky e allo scrittore A.B. Yehoshua. Alla prima, nella quale, senza le necessarie conoscenze, la nostra scriveva falsità su aspetti relativi al culto ebraico del matrimonio, ho fatto rispondere dal Rabbino capo di Torino Alberto Someck, il cui intervento, seppure con alcune difficoltà, è poi stato pubblicato con grande evidenza. Alla seconda ho fatto rispondere direttamente dallo scrittore, al quale, previa comunicazione al Direttore, avevo inviato il testo dell'articolo. Le cito solo uno dei passi nei quali la Sabahi aveva falsificato il pensiero dell'intervistato: Yehoshua aveva detto: "l'Iran non costituisce un pericolo SOLO per Israele". Ma la Sabahi aveva scritto: "l'Iran non costituisce un pericolo per Israele". Togliendo una sola parola aveva capovolto completamente tutto il pensiero, e, naturalmente, nel senso che faceva comodo alla sua fede di "profondo rispetto" verso la rivoluzione Khomeinista. Una riprova di quali fossero i suoi pensieri sull'argomento lo si è potuto verificare nello scorso mese di luglio, allorquando, nella sede torinese del Circolo dei Lettori, ella, in un dibattito presieduto da Piero Mercenaro, iniziò il proprio intervento presentando un suo giovane amico al quale cedette subito il microfono. Grande fu lo sconcerto di tutti gli astanti quando costui iniziò spiegando che la giovane iraniana Neda in realtà non era mai stata uccisa, ma si era finta morta schiacciando una bomboletta piena di vernice rossa sul proprio viso. A quel punto i numerosi partecipanti alla tavola rotonda, e, per primo, lo stesso Mercenaro, dovettero togliere il microfono a questo giovane amico della Sabahi che, mi è stato poi riferito, sarebbe un dipendente del consolato iraniano. Credo che questi tre episodi, da me vissuti in prima persona (ma di tanti altri le potrei parlare), le possono dare un'idea della pericolosità delle parole scritte e dette dalla Sabahi. Non credo, d'altronde, che questa possa neanche essere la linea politica perseguita dalla rivista da Lei diretta, pur nella doverosa ricerca del pluralismo delle idee, e, per tale ragione, ho pensato doveroso informarla in prima persona. Troppo pericolose sono le posizioni della Sabahi, come Lei stesso potrà verificare anche leggendo i testi scritti dalla Sabahi per Le sue lezioni universitarie. Rimango a sua disposizione per eventuali chiarimenti si rendessero necessari, e, con l'occasione, le invio cordiali saluti Emanuel Segre Amar