Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 18/08/2009, a pag. 9, l'intervista di Michele Giorgio a Uri Davis dal titolo " Io, ebreo israeliano e contro l'apartheid ".
Giorgio descrive così Uri Davis : " è stato uno dei primi obiettori totali di coscienza in Israele e un sostenitore della creazione di un unico Stato democratico, per palestinesi ed ebrei, nel territorio storico della Palestina.". La conversione di Uri Davis all'islam non è menzionata nè nell'articolo nè nel titolo. Perchè? L'idea di uno Stato unico per " palestinesi ed ebrei " significa la cancellazione di quello ebraico, come Uri Davis e Michele Giorgio sanno bene.
La dichiarazione finale di Uri Davis : "Auspico agli israeliani di abbandonare la difesa ad oltranza delle politiche del loro Stato e di prendere coscienza del progetto, sempre più evidente, di apartheid a danno del popolo palestinese. ".
Ecco un esempio della tecnica di disinformazione del MANIFESTO. Se lo dice un israeliano che Israele è uno Stato razzista e che c'è l'apartheid, sarà vero, no? Niente di meglio per convincere il lettore. Uri Davis è un "obiettore di coscienza", accusa lo Stato ebraico di segregare gli arabi e calpestarne i diritti. Sul terrorismo arabo, sulle guerre che gli arabi hanno iniziato contro Israele dal giorno della sua fondazione con lo scopo di cancellarlo, non una parola. Sui razzi qassam di Hamas, silenzio. Sul fatto che gli israeliani siano stati costretti a costruire una barriera difensiva per proteggersi dal terrorismo suicida della seconda intifada, nemmeno una sillaba.
Ecco l'intervista:
Uri Davis
«Sono un palestinese di stirpe ebraica, antisionista, cittadino dello stato di apartheid di Israele nonchè della Gran Bretagna». Mette subito le cose in chiaro il professor Uri Davis, docente di filosofia all’università palestinese al Quds, eletto la scorsa settimana al Consiglio rivoluzionario di Fatah, l’organo legislativo del movimento guidato dal presidente dell’Anp Abu Mazen. Il suo ingresso ai vertici di Fatah ha fatto sensazione in Israele e nel resto del mondo ma non tra i palestinesi dove Davis è conosciuto da oltre trent’anni, da quando Abu Jihad (Khalil Wazir), uno dei più popolari comandanti militari dell’Olp, lo nominò suo rappresentante a Londra. Nato a Gerusalemme in una famiglia di ebrei sionisti immigrati dall'Europa negli anni Trenta, è stato uno dei primi obiettori totali di coscienza in Israele e un sostenitore della creazione di un unico Stato democratico, per palestinesi ed ebrei, nel territorio storico della Palestina. Davis non è l'unico israeliano ad aver raggiunto posizioni di responsabilità ai vertici di Fatah. In passato Ilan Halevi ha fatto parte del movimento a Parigi, mentre un rabbino antisionista, Moshe Hirsch, fu scelto nel 1994 dal presidente scomparso Yasser Arafat come ministro per le questioni ebraiche. Professor Davis che significa per i palestinesi la sua elezione nel Consiglio rivoluzionario di Fatah? Prima di parlare della mia elezione, tengo a dire che la convocazione dopo 20 anni del congresso di Fatah rappresenta l’evento più significativo nella politica palestinese di questi ultimi anni. Il movimento Fatah non si è spaccato, al contrario oggi è più unito, più compatto, pronto ad affrontare le sfide durissime che pone l’occupazione israeliana. Naturalmente mi auguro che il mio ingresso nel Consiglio rivoluzionario si riveli positivo per la causa palestinese. Proverò a dare il mio contributo soprattutto nello sviluppo delle relazioni internazionali tra Fatah e il resto del mondo. Purtroppo in questi ultimi anni i palestinesi, non solo Fatah, hanno messo in secondo piano il ruolo ed il peso della solidarietà internazionale che, al contrario, ritengo fondamentale per bloccare il progetto di apartheid nei Territori occupati portato avanti dall’establishment israeliano. Ha fiducia in questa leadership uscita dal congresso di Fatah Non conosco gran parte dei nuovi eletti nel Comitato centrale e nel Consiglio rivoluzionario e quindi avrò bisogno di un po’ di tempo per farmi una idea. So che tra i palestinesi e gli attivisti di Fatah non pochi sono perplessi ma il rinnovamento, a mio avviso, è realmente avvenuto. Alcune decisioni importanti per la difesa dei diritti del popolo palestinese sono state inseriti nel programma del movimento, come il diritto ad opporsi con tutti imezzi legali all’occupazione. In Israele lei viene accusato di sostenere il diritto alla resistenza armata riaffermato dal congresso da Fatah La disinformazione purtroppo è dilagante. Al-Fatah non fa appello alla lotta armata, ma rileva che quella è una opzione legittima per i popoli sottoposti ad occupazione militare e a pulizia etnica. Sono le stesse leggi internazionali a prevedere una resistenza armata quando un popolo è in lotta per la libertà. Come è stata presa in Israele la sua elezione nel Consiglio rivoluzionario di Fatah Le reazioni sono state diverse. Nei circoli antisionisti che sostengono i diritti dei palestinesi, tanti si sono congratulati, mentre il cittadino comune e i mezzi d’informazione hanno commentato con parole dure la mia elezione. La cosa non mi sorprende perchè gli israeliani sono controllati e indottrinati da un sistema che non lascia la possibilità di riflettere all’individuo, che fa credere alla gente ciò che vuole. Auspico agli israeliani di abbandonare la difesa ad oltranza delle politiche del loro Stato e di prendere coscienza del progetto, sempre più evidente, di apartheid a danno del popolo palestinese. Un progetto di segregazione razziale per certi aspetti peggiore di quello sudafricano abbattuto negli anni passati.
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