Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/08/2009, a pag. 14, l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo " Yale e Maometto: quando l'università oltrepassa la soglia del ridicolo ".
" Stop, stop! Abbiamo finito le vergini! "
Non c’è niente di peggio che donare alla paura una nobile patente culturale. Perciò sarebbe stato meglio, e molto più dignitoso, se gli illustri editori dell’Università di Yale avessero detto: «Nella nostra accademica pubblicazione che mette insieme tutte le vignette che hanno scioccato il mondo non includeremo quelle dedicate a Maometto per evitare rappresaglie fondamentaliste, minacce jiahdiste all’incolumità nostra e dei nostri studenti, perché il terrore domina i nostri comportamenti e dunque preferiamo l’autocensura al pericolo di farci nemici gli integralisti dell’Islam». Invece no, questo onesto e decente discorso i censori di se stessi non l’hanno fatto. Il New York Post ha accusato Yale di «codardia». Ma forse avrebbe dovuto aggiungere che con questa autocensura una prestigiosa Università ha oltrepassato la soglia del ridicolo.
Se si pensa che hanno avuto paura persino di un’illustrazione dell’Inferno dantesco di Gustavé Dore in cui veniva raffigurato un Maometto sgradevole e minaccioso, ci si rende conto che il problema non è la qualità artistica delle vignette danesi cancellate. La smania del politicamente corretto colpisce anche l’America che pure aveva accolto la Hirsi Ali costretta a una vita blindata nell’ex tollerante e illuminata Olanda. Tale è il timore di provocare reazioni violente, da ritenere offensiva persino la semplice notizia delle cose, e cioè l’esistenza di vignette che hanno scioccato eccome il mondo.
La libertà d’espressione, invocata ogni volta che i bersagli non siamo animati da veemente spirito vendicativo, viene messa tra parentesi e sospesa sine die. Il sacro recinto universitario, dove si suppone che le informazioni culturali debbano essere complete e integrali, diventa muto e imbarazzato. Si concepiscono libri preventivamente purgati, si offre un quadro mutilato e quindi distorto della rassegna che si intende divulgare attraverso un libro. Si mimetizza la paura, accampando scuse culturali risibili. Hanno censurato persino Doré: come se da noi si offrisse un’edizione amputata dell’Inferno di Dante pensando di fare del bene al mondo. Ridicolo. Ma anche documento terribile di un’abitudine autocensoria che ormai dilaga incontrastata persino nelle nostre università. Dove anche la libertà d’opinione e la completezza dei dati rischiano di diventare un optional superfluo.
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