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Ugo Volli
Cartoline
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Ecco, lo ammetto: sono un 'bieco illuminista' 14/08/2009

Cari amici, prima che continuiate a leggere queste cartoline, devo farvi una confessione. Poi deciderete se sono degno della vostra attenzione. Ecco, lo ammetto: sono un "bieco illuminista", per usare l'espressione impiegata ieri dalla Cei a proposito della sentenza sull'ora di religione. Bieco illuminista. Proprio bieco. A parte Voltaire, il cui antisemitismo è insopportabile, e Rousseau che illuminista non era davvero, ho simpatia per quasi tutti quegli intellettuali che nel Settecento lavorarono per fare uscire l'umanità o almeno l'Europa dalla sua "minore età" per dirla con Kant: Kant stesso, naturalmente e Diderot e D'Alambert e Lessing coi suoi tre anelli e naturalmente il nostro buon Mendelsohn. I predecessori inglesi e scozzesi, da Locke a Hume a Adam Smith, i padri della nazione americana, da Whashington (avete mai letto la sua nobilissima lettera agli ebrei di Newport sulla libertà di religione?) a Hamilton e Madison e Franklin. Sullo sfondo la figura geniale e modesta di Spinoza.
Se c'è una ragione al mondo per non arrendersi al medioevo islamico, una ragione per sperare che ce la faremo a lasciare alle prossime generazioni un mondo più decente, sta proprio nell'eredità di questo "bieco illuminismo". Mentre la Chiesa stava ancora spazzando le ceneri degli ultimi eretici bruciati vivi, e teneva gli ebrei chiusi nei ghetti cercando di umiliarli e maltrattarli fino alla conversione, quando gli stati assolutisti pretendevano conformità religiosa e personale, questi eroi borghesi, senza corazze e senza bandiere, tracciavano l'idea di una società libera, equilibrata, razionale, aperta. Leggete "La libertà e i suoi nemici" di Isaiah Berlin per capire che non si tratta di una mera questione di storia delle idee. Che la chiesa usi illuminista come un insulto mostra come la questione bruci ancora.
E se proprio devo autodenunciarmi, aggiungerò che fra "l'umanesimo cristiano" che piace al Papa e "l'umanesimo ateo" che egli gli contrappone identificandolo col terribile nichilismo, se proprio devo scegliere fra queste due pietanze così mal tagliate, io che sono ebreo scelgo il secondo che per me diventa l'umanesimo tout court, senza qualificazioni confessionali. Tanto più che ieri mi sono imbattuto in una citazione del papa attuale, che qualcuno vuole considerare un amico dell'Occidente, pronunciata quand'era capo del Sant'Uffizio. Scriveva dunque Razinger (la citazione si trova sul "Times" di Londra, 27.6.90, per questo è in inglese):  "The freedom of the act of faith cannot justify a right to dissent. This freedom does not indicate freedom with regard to the truth, but signifies the free determination of the person in conformity with his moral obligations to accept the truth." Capite la sottigliezza teologica di uno che non è certamente illuminista, né bieco né no? "La libertà dell'atto di fede [cioè il fatto che la fede deve venire dal cuore e non può dunque essere imposta, UV] non implica affatto un diritto al dissenso. Questa libertà [della fede UV] non autorizza affatto una libertà rispetto alla verità, ma equivale solo alla libera determinazione della persona a conformarsi al suo obbligo morale di accettare la verità" Cioè certo, la fede non può che essere libera. Ma libera solo di credere alla "verità" che decide la Chiesa, non libera di non crederci o di dissentire. Se no si viola la norma morale che impone di riconoscere la verità vera, quella della chiesa. Ratzinger lo sostiene ancora: la ragione consiste nell'aderire alla fede (cattolica). Per questo si spaccia per un razionalista. E dove ha potuto, la Chiesa come l'Islam ha sempre trovato solide e magari brucianti ragioni per appoggiare la libertà di osservare la norma morale di credere quel che è giusto credere.
E' un po' come l'ora di religione, che per carità, dicono i vescovi non è catechismo ma cultura, insegnamento della verità sulla fede. Gli italiani non possono restare ignoranti su una dimensione così importante delle nostre radici culturali, lo spiega anche Cacciari. Peccato solo che il corso su cui si discute si chiami "insegnamento della religione cattolica", non buddista o ebraica o raeliana né tantomeno "storia delle religioni"; che gli insegnanti non siano selezionati per la loro conoscenza storica ma per la loro ortodossia; e che per garantire questa ortodossia vengano selezionati non da un'università o da un concorso statale ma dal vescovo, che può sempre togliere loro il gradimento (e con esso l'incarico), se per caso li scoprisse inclini al "bieco illuminismo" o a qualche altro pericoloso errore "contro la verità". Per questo, cari amici, io non potrei mai insegnare cultura religiosa, che pure stimo quasi quanto il buon cattocomunista sindaco di Venezia. Il fatto è che sono un bieco illuminista umanista ateo nichilista. E anche ebreo. Il peggio del peggio. Adesso che lo sapete, per il bene della vostra anima, non leggete più le mie cartoline. Puzzano di zolfo.

Ugo Volli


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