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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.08.2009 Fadwa Barghuti richiede la scarcerazione del marito
Colpevole dell'assassinio di cinque israeliani

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 agosto 2009
Pagina: 13
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «Appelli in Israele: 'Liberare Barghouti'»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/08/2009, a pag. 13, l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Appelli in Israele: 'Liberare Barghouti' ".

 Marwan Barghuti

GERUSALEMME — Marwan Barghouti è al terzo posto nella classifica degli eletti al nuovo Comitato Centrale di Fatah al Congresso di Betlemme. Metà dei 2.200 delegati hanno votato per lui. E se c’è una figura nel Fatah che è davvero popolare tra i palestinesi, è proprio lui, il leader dell’intifada arrestato nel 2002 da Israele e condanna­to per l’omicidio di 5 israeliani. Secondo un sondaggio del «Centro palestinese di ricerca su politica e sondaggi», se le presidenziali si tenessero ora, il presidente Abu Mazen riceve­rebbe il 49% dei voti contro il 44% del leader di Hamas Ismail Hanyieh. Ma se Barghouti sfi­dasse Hamas, vincerebbe col 64%.
L’elezione al Comitato centra­le è una vittoria simbolica per il momento, dato che Barghouti si trova nella prigione israelia­na di Hadarim, condannato a re­starvi a vita. Sua moglie Fadwa ha lanciato ieri un appello a Israele perché lo liberi, dicendo che la sua nomina prova che i palestinesi e il Fatah sono uniti intorno a lui. Anche in Israele si sono levate voci per il suo rila­scio: «Rafforzerebbe l’ala mode­rata, che sostiene una soluzio­ne diplomatica e un accordo con Israele», ha detto il mini­stro laburista per le Minoranze Avishai Braverman, appoggiato da Binyamin Ben Eliezer (Com­mercio e Industria). Sono con­trari però non solo esponenti del Likud, ma anche la leader dell’opposizione Tzipi Livni: «È un assassino. Il fatto che i pale­stinesi lo abbiano scelto per gui­dare Fatah o che qualcuno di noi pensi che possa essere un partner migliore di altri non giustifica la sua liberazione». Non è la prima volta. Il presi­dente Shimon Peres promise nel 2007 che lo avrebbe grazia­to. L’anno scorso si parlò di in­cluderlo in uno scambio con Hamas in cambio del soldato Gilad Shalit. Fonti israeliane hanno detto che l’Autorità na­zionale palestinese non vuole che Barghouti sia rilasciato.
Barghouti, 50 anni, membro del Fatah dall’età di 15, è un lea­der della lotta armata contro l’occupazione ma ha anche la fa­ma di pragmatico, aperto alla pace e sostenitore della soluzio­ne
dei due stati. Leader della prima intifada, espulso in Gior­dania, tornò nel 1994, e appog­giò gli accordi di Oslo. Ma do­po il fallimento del processo di pace, riprese le armi guidando i Tanzim, braccio armato del Fa­tah. Lo Shin Bet lo considera «l’architetto del terrore» della seconda intifada. Nel giugno 2004, un tribunale israeliano lo ha condannato a 5 ergastoli. Lui ha proclamato che la resi­stenza continuerà, benché ab­bia condannato l’uccisione di ci­vili in Israele.
Barghouti appartiene alla «nuova guardia» del Fatah, i lea­der cresciuti nei Territori occu­pati e legittimati dall’intifada che per la prima volta sono ora entrati nel Comitato centrale. Aveva già sfidato la «vecchia guardia»: nel 2004 presentando­si inizialmente alle presidenzia­li in competizione con Abu Ma­zen e nel 2005 fondando il parti­to «Al Mustaqbal». Ma in en­trambi i casi aveva fatto marcia indietro su pressione di Fatah. Altri esponenti della «nuova guardia» eletti nel Comitato centrale: Jibril Rajoub e Moham­med Dahlan, ex capi della sicu­rezza in Cisgiordania e a Gaza dopo Oslo, Jamal Muheisen, go­vernatore di Nablus, Hussein al-Sheikh, che si fa chiamare «segretario generale del Fatah» nonostante il titolo sia di Bar­g houti, e Mohammad Shtayyeh, consulente di Abu Mazen. Non è un fronte unito. «Bocciato» l’ex premier Abu Ala, ci sono 14 nuove facce nel Comitato di 19 membri, ma la maggioranza sono membri del­la vecchia guardia.

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