L’argomento di questa lettera sono i rapporti Israele-Usa, visti attraverso un fatto cronaca. Questo. Il console generale d’Israele a Boston, Nadav Tamir, ha scritto un rapporto per il ministero degli esteri, nel quale analizza in maniera critica l’atteggiamento del suo governo nei confronti delle richieste di Obama. Un memo che Tamir ha però inoltrato ad un numero di destinatari molto elevato, tanto da potersi definire pubblico e non più riservato. Avigdor Lieberman, ministo degli esteri, l’ha richiamato in sede per riferire, dichiarando che se un diplomatico di alto rango non è d’accordo con la politica del proprio governo, ha il dovere di rassegnare le dimissioni, non di contestarne l’indirizzo. La bomba non ha tardato ad esplodere, rivelando anche le divisioni all’interno dello stesso ministero degli esteri, dove la nomina di Lieberman a ministro non era già stata accolta con particolare calore. Ma anche negli ambieti ebraici americani, di Boston in particolare, il console ha trovato più difese che attacchi. La comunità ebraica americana, da sempre in maggiornaza schierata con i democratici, è molto preoccupata per le smagliature, sempre più profonde, tra Usa e Israele, e chiede che il governo Netanyahu tenga conto delle richieste di Obama, in pratica che segua le indicazioni (ordini ?) che da Washington arrivano a Gerusalemme. Altrimenti, temono gli ebrei americani, la tradizionale amicizia di sempre, rischia di rompersi. Abbiamo letto sui giornali le difese che Tamir ha ricevuto, ma tutte, senza eccezione alcuna, tengono solo conto della posizione americana, ignorando quella di Israele. Certo, ci sono anche quelli che lo criticano, d’accordo con Lieberman, ma sono in minoranza. Lo sono anche dentro al ministero degli esteri, ma non nel paese, dove il consenso su Obama è sceso al 6%, e continua a calare, con dei numeri così bassi, mai visti con nessun altro presidente americano. La cosa si spiega, ciò che Obama vuole da Israele, favorisce gli interessi degli arabi, non degli ebrei, la gente qui l’ha incominciato a capire, più che Barack sembre essere l’Hussein a prevalere. Chi difende Tamir, cita anche il fatto che il governo americano ha già chiamato due volte per consultazioni l’ambasciatore israeliano Michael Oren, lo storico che ha scritto il best seller sulla guerra dei sei giorni, dimenticando però di dire che Oren, nei suoi incontri, si è limitato a spiegare la posizione del suo governo, una posizione opposta a quella di Tamir. Resta il fatto che le relazioni Israele-Usa sono a rischio, ma lo Stato ebraico è l’unico a poter valutare quali scelte fare, se l’America non le condivide sarà bene che dica qual è il progetto che ha in serbo per il Medio Oriente, perchè tutti quelli finora presentati sono andati a ramengo, e non certo per colpa di Israele. I risultati del recente congresso a Betlemme dell’Anp sono sotto gli occhi di tutti, per cui Obama sarebbe il caso che sentisse qualche altro consigliere, visto che la sua politica finora è stata una gaffe continua. In più, Israele, certi errori non può permetterseli, o vince la battaglia per la sua sopravvivenza o è finita. In quanto al console di Boston, che avrà di sicuro tutte le alte caratteristiche che molti gli riconoscono, segua il nostro consiglio, le investa in politica, perchè è quello il campo nel quale far valere le proprie ragioni contro le scelte governative, Non rappresentandolo, come lui invece sta facendo.