Per sentirci dire che Gerusalemme non è nè israeliana nè palestinese, ma universale, ci mancava Daniel Barenboim, che i giornali qui chiamano Maestro, non si capisce bene per quale particolare motivo se non quello musicale. Eppure, anche in ebraico, Maestro è colui che insegna, nel senso più lato del termine, in genere è persona saggia, equilibrata, per bene, tutte qualità che mancano al nostro, al quale riconosciamo l’unico merito di essere conduttore d’orchestra, senza entrare nella valutazione dei suoi eventuali meriti. Poichè Barenboim ha usato la musica sempre in funzione della politica, non deve quindi aversela a male se i suoi critici, e noi siamo tra questi, usano il metro della stessa politica per valutare i suoi comportamenti. E’ stato il primo a introdurre in Israele la musica di Richard Wagner, inserendola in maniera fraudolenta in concerti che non la comprendevano. Ci chiediamo quale possa essere la sensibilità di quel Maestro che esegue la musica di Wagner di fronte a dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, luoghi dove quella musica usciva dagli altoparlanti per entrare direttamente negli incubi dei prigionieri. I CD di Wagner si trovano in vendita in Israele in tutti i negozi di musica, ma altra cosa è farla sentire con l’inganno a chi ne ha un ricordo tragico. Maestro ? Non direi. Dieci hanni fa crea, insieme a Edward Said, un americano di origini mediorientali, strenuo nemico di Israele, un’orchestra, chiamandola West-Eastern Diwan, formata da giovani di diverse etnie e nazionalità. Un’azione meritevole, penserà qualcuno, e avrebbe ragione se le cose stessero così. Ma così non stanno, perchè quasi tutta l’attività successiva del Maestro è una continua propaganda contro Israele, diffusa ovunque l’orchestra si esibisca.La musica, che dovrebbe rappresentare un linguaggio universale, avvicinare invece di creare divisioni, nel caso di Bareboim diventa lo strumento per attaccare Israele. Il quartiere arabo di Gerusalemme diventa “capitale mondiale della cultura araba “, indicando con questa scelta la destinazione finale della capitale di Israele, secondo quanto dispone la Lega araba, entità alla quale il nostro ubbidisce prontamente. Come quando chiese il passaporto palestinese, sapendo bene che era una mossa politica e niente di più, ma in linea con del direttive di Edward Said, socio in affari defunto nel 2003. Nel suo nome organizza adesso molte tournée in Europa, dove ripeterà fino alla noia che la parte est di Gerusalemme è la capitale dello Stato palestinese, sempre giustificando i suoi tour di propaganda con l’esibizione degli allievi multietnici, i quali dovrebbero, suonando insieme, risolvere i problemi che una democrazia ha quando viene minacciata da forze totalitarie. Parole, queste, che a lui suoneranno incomprensibili, perchè, per bene che vada, Barenboim vive solo di parole belle, di concetti utopistici, e poco gli importa che il suo paese – ha anche il passaporto israeliano – non abbia mai fatto altro in questi sessant’anni di vita che difendersi da guerre che quegli arabi, che a lui stanno tanto simpatici, hanno fatto per distruggerlo. Lui non se ne cura, con i nemici del suo popolo, si trova benissimo, anche perchè la notorietà che le sue iniziative gli hanno portato è altissima. Maestro ? Lo giudichi il lettore.