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La Stampa Rassegna Stampa
10.08.2009 Benedetto XVI - ' I lager nazisti simboli del male '
Cronaca e intervista al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni di Giacomo Galeazzi

Testata: La Stampa
Data: 10 agosto 2009
Pagina: 18
Autore: Giacomo Galeazzi
Titolo: «Benedetto XVI - ' I lager nazisti simboli del male ' - Ma non riconosce le colpe dei tedeschi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/08/2009, a pag. 18, l'articolo di Giacomo Galeazzi dal titolo " Benedetto XVI - ' I lager nazisti simboli del male ' ".

Diversamente da quanto ha dichiarato Benedetto XVI ( " campo della morte di Auschwitz, dove così tanti ebrei furono brutalmente sterminati sotto un regime senza Dio che propagava un’ideologia di antisemitismo e odio "), noi riteniamo che la follia omicida e antisemita del Terzo Reich non si possa speigare in modo così semplicistico. Hitler non predicava l'ateismo, anzi, come si può dimenticare il " Gott mit uns " ? In risposta alle dichiarazioni di Benedetto XVI, riportiamo, sempre dalla STAMPA di oggi, a pag. 18, l'intervista di Giacomo Galeazzi al Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, dal titolo " Ma non riconosce le colpe dei tedeschi ". Ecco gli articoli:

" Benedetto XVI - ' I lager nazisti simboli del male ' "

 

Inferno lager. All’Angelus Benedetto XVI addebita i campi di concentramento nazisti all’«esclusione di Dio dall’orizzonte dell’uomo». Per sradicare i germi ancora vivi del nazismo, il Papa accosta la follia hitleriana e le conseguenze del nichilismo nella società odierna, mentre la dittatura del relativismo esalta la libertà individuale a danno della sacralità della vita. «I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra quando l’uomo dimentica Dio e a Dio si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte», afferma Benedetto XVI ricordando i due martiri di Auschwitz (i santi Edith Stein e Massimiliano Kolbe) per denunciare che «purtroppo questo triste fenomeno non è circoscritto». Quindi, «i lager sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti».
Il Pontefice esorta a «riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano». Un’antitesi che «attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, è giunta ad un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato». Da una parte, rileva il Pontefice, «ci sono filosofie e ideologie, ma sempre più anche modi di pensare e di agire, che esaltano la libertà quale unico principio dell’uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo trasformano l’uomo in un dio, che fa dell’arbitrarietà il proprio sistema di comportamento». Dall’altra, «abbiamo i santi, che, praticando il Vangelo della carità, rendono ragione della loro speranza; essi mostrano il vero volto di Dio, che è Amore, e, al tempo stesso, il volto autentico dell’uomo, creato a immagine e somiglianza divina».
Negli ultimi mesi, Benedetto XVI è tornato spesso a parlare dell’ideologia che ha causato la Shoah e la seconda guerra mondiale ma anche tante sofferenze al popolo tedesco. «La Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo», ha auspicato nell’udienza del 28 gennaio. «Il grido delle vittime della Shoah echeggia ancora nei nostri cuori, è un grido che si leva contro ogni atto di ingiustizia e di violenza: è il grido di Abele che sale verso Dio», ha detto nella visita allo «Yad Vashem» di Gerusalemme, l’11 maggio.
Tutto questo Benedetto XVI lo aveva riconosciuto fin dal viaggio in Polonia del maggio 2006, nel discorso di Auschwitz, facendo sue le domande radicali dei salmisti a un Dio che appare «silente ed assente». E tre anni dopo, lasciando Israele, ha rievocato l’emozione di «quella visita di tre anni fa al campo della morte di Auschwitz, dove così tanti ebrei furono brutalmente sterminati sotto un regime senza Dio che propagava un’ideologia di antisemitismo e odio». E ha scandito: «Quello spaventoso capitolo della storia non deve essere mai dimenticato o negato». Del nazismo il Papa ha parlato recentemente anche a partire dalla propria esperienza personale.
«La nostra vita è stata segnata dalle sofferenze del nazismo e della guerra», ha ricordato il 17 gennaio parlando in occasione del Concerto offerto dalla diocesi di Ratisbona per l’85° compleanno di suo fratello Georg. La famiglia Ratzinger fu infatti vittima, come tante altre in Germania, della macchina di morte del regime nazista contro «i malati o i difettosi»: un cugino, poco più giovane di Joseph e Georg, nato con la sindrome di Down, fu portato via dalla sua casa nella Baviera sud-orientale in base alle disposizioni del Terzo Reich. Molto tempo dopo la famiglia ricevette la notizia che il piccolo era morto. Questo dramma ha segnato profondamente entrambi i fratelli Ratzinger. Il 21 febbraio, a un simposio sulle nuove frontiere della genetica, il Papa ha denunciato con forza il rischio di un ritorno a forme di eutanasia eugenetica che il mondo ha già conosciuto ad esempio nell’antica Roma, dove i bambini handicappati venivano gettati dalla Rupe Tarpea, e nella Germania nazista.

" Ma non riconosce le colpe dei tedeschi "

 Riccardo Di Segni, rabino capo di Roma

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, è soddisfatto dell’Angelus sui lager?
«Non vedo passi avanti. Il problema resta la sua interpretazione della Shoah e del nazismo, cioè una banda di delinquenti che tenne in pugno l’intera nazione tedesca. Rispetto a questa tesi, l’Angelus non porta sostanziali modificazioni. Da varie parti Benedetto XVI è stato contestato nelle visite ad Auschwitz e al Memoriale dell’Olocausto “Yad Vashem” perché tiene ben distinte la Germania e il popolo tedesco dalle responsabilità del nazismo. Rispetto a questo problema, non mi sembra che ora il Papa si sia spostato dalla sua linea».
La deportazione dell’ebrea convertita Edith Stein, ricordata dal Papa, dimostra che quando in Olanda la Chiesa denunciò il nazismo le persecuzioni aumentarono...
«I termini reali della questione sono diversi. I nazisti usavano gli ebrei battezzati come una zona grigia, semiprotetta per indurre la Chiesa a tacere. Nella retata al ghetto di Roma del 16 ottobre ’43 furono rastrellate 1300 persone, ma per ordine di Berlino furono rilasciati i convertiti al cristianesimo. Quindi era un ricatto, uno scambio perché nella logica dell’epoca alla Chiesa erano molto più cari gli ebrei battezzati. In Olanda non ci fu un inasprimento generalizzato, i nazisti se la presero anche con gli ebrei battezzati come Edith Stein per mandare un messaggio alla Chiesa, per non essere disturbati nelle deportazioni».
Condivide l’interpretazione ratzingeriana del nazismo come negazione di Dio?
«La tesi cara a Benedetto XVI che il nazismo fosse ateo andrebbe approfondita meglio. Quello del nazismo ateo è un mito da sfatare. Le SS aveva scritto sul cinturone “Dio è con noi”, quindi in qualche modo i nazisti avevano una loro immagine di Dio. Il nichilismo, poi, è tutt’altra faccenda. Più volte nella recente riflessione in ambito cattolico il nazismo viene ridotto a un’ideologia anticristiana che voleva colpire la fede cristiana nella sua radice abramitica. Anche se questo può essere in parte vero, la sottolineatura di questo solo concetto porta quasi ad una paradossale conclusione: che gli ebrei avrebbero pagato, solo loro per conto dei cristiani, un odio che non li riguardava nemmeno tanto direttamente. E ciò senza menzionare abitualmente i responsabili, complici o silenziosi».

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