domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
10.08.2009 Negati i domiciliari a Michael Seifert, il boia di Bolzano
Il giudice militare : ' E' in ottima salute, resti in carcere '

Testata: La Repubblica
Data: 10 agosto 2009
Pagina: 17
Autore: Alberto Custodero
Titolo: «Negati i domiciliari al boia di Bolzano. ' È in ottima salute, resti in cella '»

Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/08/2009, a pag. 17, l'articolo di Alberto Custodero dal titolo " Negati i domiciliari al boia di Bolzano "È in ottima salute, resti in cella" ".

 Michael Seifert

ROMA - Morirà in carcere Michael Seifert, detto Misha, 85 anni, il boia del lager di Bolzano, l´ultimo nazista condannato all´ergastolo. L´unico che sta scontando la sentenza in un carcere italiano. L´ex Ss di origine ucraina ha chiesto di scontare la pena fuori dalla prigione (il differimento pena per motivi di salute), lamentando «un eczema alla gamba e alla spalla». E protestando per la mancanza di acqua calda nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dov´è detenuto.
Il tribunale militare di sorveglianza, presieduto dal giudice Pierpaolo Rivello, dopo aver disposto un´accurata perizia medico legale («Ha 10 decimi di vista, è capace di intendere e volere, il condannato non è affetto da alcuna patologia grave»), ha respinto la sua richiesta di scarcerazione: «Seifert è in ottima salute, resti in carcere». «Appare difficilmente immaginabile - motiva il giudice militare - che il detenuto, qualora rimesso in libertà, possa fruire di maggiore assistenza o di cure diverse o più efficaci» rispetto a quelle che riceve in prigione. La restrizione in carcere del condannato, prosegue il magistrato, nonostante l´età avanzata, «non può ritenersi contraria al senso di umanità».
Ecco cosa aveva detto Seifert in un´udienza al tribunale militare per convincere i giudici a concedergli la libertà. «Non ho particolari problematiche da segnalare circa la mia detenzione. Ricevo adeguata assistenza sanitaria. Vengo visitato spesso, ogni volta che ne ho bisogno. Da quando sono in carcere, è peggiorato il mio eczema che mi viene curato con creme e bendaggi. Vedo la tv, non leggo, faccio poche passeggiate. Sono contrario a essere trasferito in una casa di riposo per scontare la pena. Se peggiorasse la mia salute, vorrei essere ricoverato in un ospedale militare». L´ordinanza di rigetto del tribunale di sorveglianza, condanna l´ex "kapò", vista l´età, a trascorrere gli ultimi giorni della sua vita dietro le sbarre. Ora l´ultimo desiderio del Seifert è poter scontare la condanna in Canada, a Vancouver, dove si era nascosto nel dopoguerra lavorando come operaio in una fabbrica di legname e dal quale è stato estradato in Italia il 16 febbraio 2008. Una richiesta, questa, che non dipende dalla magistratura militare, ma da accordi bilaterali diplomatici fra Italia Canada. Michael Seifert, nato a Landau, in Ucraina, condannato in via definitiva nell´ottobre del 2002 all´ergastolo dal tribunale militare di Verona, aveva frustato a sangue anche Mike Bongiorno, rinchiuso in quel lager appena ventenne, che, a distanza di quasi 70 anni, lo ricorda così: «Era alto e robusto, un pazzoide che colpiva tutti con un frustino. Mi aveva preso di mira, mi diceva ‘americano bastardo´. Io ho perdonato. Ma sono vivo. Quando parlo con amici ebrei che hanno perso i loro familiari, vedo odio nei loro occhi. E capisco che possano avere ragione». La giustizia militare ha ritenuto Misha (definito dai testimoni «la belva dalla voce stridula e lo sguardo diabolico»), responsabile di crimini orrendi commessi nei confronti degli internati. Seifert era Rottenfuhrer, caporale delle Ss, addetto alla vigilanza del lager dove transitarono 11 mila prigionieri (polizeiliches Duchgangslager) fra il dicembre del ´44 e l´aprile del ´45 nell´ambito dell´annessione al Reich (Alpenvorland), delle province di Trento, Bolzano e Belluno. In quel campo di prigionieri politici (triangolo rosso), e "razziali" (ebrei e zingari, triangolo giallo), malvisti dalla popolazione locale («Loro erano tedeschi - ricorda l´ex internato Mario Vecchia - ci sputavano addosso»), Seifert aveva un ruolo sinistro: era il torturatore. Quell´uomo che nei ricordi di un ex detenuto «sembrava un mongolo, gli occhi a mandorla, i capelli biondi, fisicamente massiccio», «torturò a morte col fuoco un prigioniero per farlo parlare». «Uccise una giovane ebrea incinta violentandola con colli di bottiglia spezzati». «Uccise un´altra diciassettenne dopo averla bastonata per 5 giorni». «Massacrò a calci e pugni un prigioniero che aveva tentato la fuga». «Lasciò morire di fame un ragazzino ebreo di 14 anni». «Uccise un internato infilandogli le dita negli occhi». «Strangolò due donne ebree, madre e figlia». «Legò nudo alla recinzione del campo un giovane partigiano, bastonandolo e lasciandolo morire di freddo durante la notte». Ma di quei crimini orrendi Seifert non s´è mai pentito.

Per inviare la propria opinione alla Repubblica, cliccare sull'e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT