Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/08/2009, a pag. 37, l'articolo di Alessandra Menzani dal titolo " Dubai imita New York ma vieta Sex and the city ".
Le protagoniste di Sex and the City
Ma come, Dubai non era la New York del futuro, l’oasi libera e occidentale incastrata in un Paese a maggioranza musulmano? E allora, perché vanno bene i grattacieli, le griffe, le Ferrari, le maniglie in oro e non le quattro allegre protagoniste della serie più trasgressiva mai vista in tv? Quando vuole l’emirato arabo è occidentale, quando vuole è integralista. In questo caso ha pensato che suonasse meglio essere integralista, così dopo aver bloccato alla fine degli anni ’90 la prima puntata della serie, oggi vieta le riprese del secondo capitolo cinematografico sulle ormai ex single di Manhattan, che uscirà nelle sale mondiali nell’estate 2010. Le autorità locali, come riporta il quotidiano The Nation, hanno bocciato il ciak dopo aver letto la sceneggiatura, o meglio, si sono fermate al titolo, alla parola “Sex”. Temono che i musulmani possano essere turbati. Da cosa? Da quattro 40enni ormai accasate che parlano sempre meno di sesso, e soprattutto non ne fanno più tanto come nei gloriosi tempi d’oro. Il film, forse a Dubai non lo sanno, infatti ha preso una piega più sentimental-casalinga rispetto alle prime stagioni del serial Hbo (1998-2004), in cui parlare di rapporti a tre, autoerotismo, dimensioni maschili, orgasmi, vibratori, sesso con sconosciuti, sesso con conosciuti, sesso con qualsiasi cosa capiti a tiro, beh discutere di tutto ciò davanti a un Cosmopolitan o a un budino di riso era la norma. Samantha, la ninfomane della truppa, the slutty one, alla fine della terza serie si lamentava con le amiche: «Ho esaurito gli uomini con cui andare a letto, quindi o mi sposo o mi trasferisco», e Carrie sospirava: «Ogni giorno milioni di persone soffrono per la monogamia, non c’è cura sconosciuta». Beh tutto questo, con l’aggiunta di altri aneddoti pruriginosi difficilmente riportabili su un giornale rispettabile, sì effettivamente sarebbero potuti risultare indigesti per un telespettatore un po’ bigotto, anche se la serie è andata in onda per anni in 50 Paesi, compresa Turchia e Taiwan. Ma, appunto, fanno parte del passato (purtroppo per i fan della prima ora) ed è insensato che la decisione se boicottare o meno una pellicola si fermi alla parola “Sex” del titolo. Oggi, infatti, le quattro eroine sono diventate poco meno che massaie frustrate.A parte l’irriducibile Samantha, che alla fine di “Sex and the city - The movie” pianta il baby fidanzato a Los Angeles per tornare a New York, single, cinquantenne e felice, le altre sono tutte sposate e indaffarate con i pannolini. La stessa Carrie, la protagonista, è riuscita a trasformare (tristemente) l’inaffidabile Mister Big in un marito pantofolaio e melenso. Charlotte e Miranda le avevamo già perse alla fine del telefilm, vincitore di sette Emmy e otto Golden Globe: la prima si era convertita all’ebraismo per poter dire sì all’avvocato Harry, la seconda accettava addirittura di trasferirsi a Brooklyn per accogliere in casa la suocera malata. Pure i due rappresentanti dell’amore gay (l’organizzatore di matrimonio Anthony e l’intellettuale Stanford), dopo aver passato sei stagioni ad odiarsi, si mettono insieme e scelgono l’amore fedele. Sembra poi che nel film numero due le quattro amiche saranno toccate dalla crisi economica che ha colpito gli Usa e daranno un freno a shopping e consumismo. “Sex and the city” è diventata così, una normalissima commedia leggera (e un po’ buonista), sull’amore, l’amicizia e le responsabilità, decisamente innoqua. Anche per i seguaci di Allah.
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