lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.08.2009 Pakistan: ucciso il leader dei talebani Beitullah Mehsud
Cronaca e analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 agosto 2009
Pagina: 13
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Pakistan, ucciso il leader dei talebani - Quel nuovo pattodegli 007 Usa con Islamabad»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/08/2009, a pag. 13, due articoli di Guido Olimpio titolati " Pakistan, ucciso il leader dei talebani  "e " Quel nuovo pattodegli 007 Usa con Islamabad ". Ecco gli articoli:

" Pakistan, ucciso il leader dei talebani  "

 Beitullah Mehsud

Beitullah Mehsud «voleva morire da martire». Lo hanno accontentato. Un aereo senza pilota della Cia lo avrebbe ucci­so insieme ad una delle sue mo­gli e ad un fratello a Zanghra, nel Waziristan del sud (Paki­stan), non lontano dal luogo dove era nato 35 anni fa. Una conferma ufficiale della sua morte non c’è. Fonti pachistani sono «abbastanza certe». Am­bienti ribelli, invece, ammetto­no la dipartita del leader e so­stengono che si sarebbe già svolto il funerale. Ma la rispo­sta definitiva — forse — verrà dopo l’ispezione di alcuni emis­sari nella regione dove è avve­nuto il raid.
Il temuto capo dei talebani pachistani, sulla cui testa gli americani avevano messo una taglia di 5 milioni di dollari, era nella casa del cognato insie­me ad un nutrito gruppo di guardie del corpo. Sembra che avesse problemi ai reni e dun­que aveva dovuto cercare l’assi­stenza di un medico. È stata questa emergenza a tradirlo? Possibile. Anche se erano in tanti a cercarlo. Gli agenti pa­chistani e quelli al servizio del­la Cia, decisi ad eliminare un personaggio diventato più peri­coloso del fantasma di Osama e, di fatto, trasformatosi nel Ne­mico pubblico numero uno. Una fama meritata, ma anche esagerata, visto che lungo la frontiera afghano-pachistana non era certo il solo a creare problemi.

Alla testa di una vasta orga­nizzazione con migliaia di mujaheddin, Mehsud è stato accusato di essere il mandante dell’omicidio di Benazir Bhut­to, la ex premier del Pakistan, nel 2007. Un agguato accompa­gnato da attentati in serie — spesso affidati a uomini-bom­ba — e offensive militari nel­l’area tribale. Rispetto ad altri signori della guerra Beitullah non ha disdegnato di rilasciare interviste. Occasioni mediati­che per lanciare minacce, di­chiarare
fedeltà a Bin Laden e al mullah Omar, promettere at­tacchi anche oltre i confini re­gionali. Nel mondo dell’intelli­gence si era radicata la convin­zione che Mehsud avrebbe — prima o poi — «radiocomanda­to » un’azione in qualche città occidentale. Un’indagine a Bar­cellona aveva fatto emergere qualche indizio in questo sen­so. Un modo per dimostrare la sua forza riconosciuta anche da altri esponenti ribelli che lo hanno considerato una sorta di coordinatore. Un’investitura che gli ha permesso di tenere testa ai governativi, con i quali aveva concluso una tregua poi saltata. Falliti i tentativi di te­nerlo fuori dalla mischia, i pa­chistani hanno provato a divi­dere il suo schieramento ispi­rando rivolte e faide. Manovre sventate da Mehsud con l’ucci­sione di spie e rivali. Se la sua morte sarà confer­mata si tratterà di indubbio successo. Ma, come avvertono gli stessi uomini dell’intelligen­ce, di breve durata. I talebani sono già riuniti per decidere il successore. Quattro i candida­ti: i suoi cugini Hakeemullah Mehsud e Qari Hussein, Hafiz Bahadar del Nord Waziristan, Waliur Rahman. Per ora sono solo dei nomi. Domani potreb­bero diventare simbolo di mor­te.

" Quel nuovo patto degli 007 Usa con Islamabad "

 Un reaper MQ-9 armato

A Shamsi, a Sud Ovest di Quetta, in Pakistan, c’è una vecchia base che una volta ospitava i jet degli sceicchi. I signori del Golfo venivano per divertirsi con la caccia al falcone. Oggi dalla pista si levano in volo altri preda­tori, in metallo. Al posto degli artigli hanno missili Hel­lfire e sistemi ottici sofisticati. I loro padroni sono gli agenti Cia che li pilotano via satellite da Molesworth, Gran Bretagna. Al loro fianco i sempre validi U 2, gli aerei spia della Guerra Fredda. Una piccola flotta di ve­livoli che fino a giugno ha già compiuto tra Afghani­stan e Pakistan 8400 sortite di ricognizione.
Dopo anni di diffidenza, americani e pachistani han­no migliorato la collaborazione. Se i capi talebani e qae­disti — come Mehsud — cadono «fulminati» dai raid il merito è di un’intelligence migliore. Che mette insie­me l’high tech dei droni e il lavoro, pericoloso, delle spie infiltrate nei villaggi. A partire dalla primavera, il Pentagono — e la Cia — hanno fornito al Pakistan vi­deo, immagini satellitari e informazioni importanti. Un flusso continuo finito a Torkham Gate, un centro di coordinamento vicino al confine con l’Afghanistan. E l’Isi — o meglio, la parte dell’intelligence fedele al go­verno di Islamabad — ha re­stituito il favore attivando i suoi informatori. Un cambio di rotta dettato dalla necessi­tà. Mehsud e gli altri talebani locali, d’intesa con Al Qaeda, hanno usato i kamikaze per ferire il Pakistan. E più i dro­ni colpivano, più si faceva in­solente e sanguinosa la sfida terroristica.
All’inizio di giugno, da Washington, sono trapelate informazioni su una nuova lista di obiettivi per i Preda­tor e i Reaper: oltre a inseguire i «colonnelli» di Bin Laden, i velivoli senza pilota ha puntato i loro mirini sugli insorti pachistani, a partire da Beithullah Meh­sud.
In grado di restare anche 30 ore su una zona di ope­razioni si sono tramutati in un incubo per gli estremi­sti. E negli sparuti centri abitati delle aree tribali han­no lavorato sodo le spie. Gente del posto, membri di clan rivali. I risultati non sono mancati. Lo rivela l’alto numero di militanti uccisi ma anche il panico degli in­sorti, che hanno iniziato «a vedere» traditori dietro ogni angolo. E a temere le piccole «cimici» che guida­no i missili. Al Pentagono si augurano che a Islamabad non cambi idea: i pachistani hanno chiesto di avere i loro Predator ma Washington, per ora, non si fida a trasferire un’arma così delicata ad un alleato instabile.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT