Immaginate che venisse fuori che la Cina finanzia l'Eta e l'Ira provisional; magari non esattamente le organizzazioni terroristiche vere e proprie, ma qualcuno che ne sostiene le tesi politiche, che lavora per legittimarle e per diffamare i governi che le combattono. O figuratevi che la Germania metta la mano al portafoglio per sostenere gli altoatesini che non si sono rassegnati allo status quo, o che l'Italia si dia da fare per suscitare un movimento scissionista in Istria. Sarebbe uno scandalo internazionale, la ragione di una seria crisi nelle relazioni fra i paesi interessati. La Cina ha protestato per il fatto che qualche stato abbia semplicemente ricevuto il pacifico Dalai Lama, figuriamoci se qualcuno finanziasse i combattivi musulmani uiguri. Infatti nessuno fa niente del genere.
Be' con Israele le cose vanno in maniera differente. Abbiamo già parlato dell'appoggio dell'Inghilterra, della Danimarca e della Gran Bretagna ad associazioni che si propongono di aiutare i palestinesi a contrastare le politiche dello stato di Israele. Adesso vien fuori che anche la Spagna ha seguito la stessa strada. Ha dato l'anno scorso 80 mila euro alla solita associazione "Breaking the silence", quella specializzata nel ritrovare soldati anonimi disposti a denunciare "atrocità" dell'esercito israeliano, che le abbiano viste o solo ne abbiano sentito parlare. Ne ha dati 100 mila a un' "Association for Civil Rights in Israel", 70 mila ai "Rabbis for th Human right", l'associazione che ha appena organizzato, sotto un'esile copertura religiosa, un convegno per mettere sotto accusa ancora una volta le "atrocità dell'esercito" e altri 80 mila a un "Israeli Committee Against House Demolitions", gruppo guidato da tal Jeff Halper. E' interessante notare che costui fu arrestato l'anno scorso per aver partecipato a una di quelle allegre crociere che da Cipro cercano di "rompere il blocco" di Gaza, violando la dichiarazione di zona di guerra relativa alle acque antistanti la Striscia e anche una legge dello Stato che proibisce ai cittadini israeliani di recarsi a Gaza. Una dichiarazione del governo israeliano indica che fra le altre associazioni che hanno ricevuto fondi dai governi europei risultano pure Peace Now, B'Tselem and Machsom Watch, insomma il fior fiore di quelle che buffamente pretendono di chiamarsi organizzazioni "non governative", forse nel senso che vivono dei fondi di governi stranieri e che logicamente per ricevere regali bisogna essere altre persone rispetto ai donatori; non certo nel senso dell'indipendenza.
Su questi virtuosi mercenari, che pretendono di giudicare gli altri ma rispondono a un mercato tutto politico bisognerà fare una riflessione psico-antropologica, prima o poi. Ma sui governi di Eurabia che li finanziano una cosa si può dire subito. Clausewitz ha insegnato a molti uomini di stato e generali che la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi; ma oggi è vero anche qualcosa di simile all'inverso, che l'informazione e le relazioni pubbliche sono la continuazione della guerra con altri mezzi. Se accettate questo principio e se "seguite i soldi", come non mi stancherò di ripetere che bisogna fare, dovete convenire con me che in questo momento non c'è una guerra in corso a Gerusalemme e dintorni, ma due: quella degli arabi contro Israele, mai spentasi da sessant'anni (o forse da cento) ma anche quella relativamente nuova di Eurabia contro la democrazia israeliana, condotta in maniera obliqua, usando dei fantocci e tutta sul piano immateriale della comunicazione. Ma in questo Eurabia non è affatto isolata. L'inviato speciale di Obama per il medio oriente, Mitchell, lamentando che le intenzioni dell'amministrazione americana su Israele erano state "misunderstood", fraintese, dopo che si è saputo che il tasso di approvazione degli isrealiani su Obama è sceso esattamente allo stesso livello dei lettori di "Haaretz", cioè il 6 %, ha annunciato "uno sforzo di relazioni pubbliche" sull'opinione israeliana: Blitzkrieg?
Ugo Volli