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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.07.2009 Obama visto dagli israeliani
L'articolo di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 luglio 2009
Pagina: 10
Autore: Davide Frattini
Titolo: «La scalata di Obama e i dubbi di Israele»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/07/2009, a pag. 10, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " La scalata di Obama e i dubbi di Israele ".

 Barack Obama

GERUSALEMME — «Sapete come ho festeggiato i ses­sant’anni? », ha chiesto George Mitchell qualche settima­na fa a un gruppo di ebrei americani. «Con la scalata al monte Katahdin». Per raggiungere la vetta più alta del Maine, dove vive, l’ex senatore democratico si è prepara­to con la meticolosità che applica ai negoziati e si è con­sultato con alpinisti esperti. «Il loro consiglio è stato: mentre sali, non devi mai guardare verso la cima, sem­brerà tanto lontana da deprimerti. Non guardare neppu­re in basso, verresti distratto. Devi solo concentrarti sul passo che stai per compiere, è l’unico modo per sopravvi­vere ».
Sono passati sedici anni dall’ascensione e l’aneddoto funziona ancora per spiegare l’approccio alla missione che Barack Obama gli ha affidato. Le montagne che Mi­tchell ha affrontato nella visita a Gerusalemme sono quelle della Cisgiordania, dove gli americani pretendono il blocco degli insediamenti. «Progressi», dice dopo l’in­contro di due ore e mezzo con il premier Benyamin Ne­tanyahu. Ripete che Israele e gli Stati Uniti sono «amici e alleati». Proclama che l’obiettivo della Casa Bianca è una pace regionale: tra lo Stato ebraico e i palestinesi, ma an­che un accordo con il Libano e la Siria (l’amministrazio­ne starebbe pensando di am­morbidire le sanzioni con­tro Damasco) e la normaliz­zazione dei rapporti con i Paesi arabi.
Il congelamento delle co­struzioni — anche a Gerusa­lemme Est — è considerato da Mitchell il primo passo da compiere, perché la sali­ta verso la vetta mediorientale possa continuare. Netan­yahu vorrebbe che venisse garantita la cosiddetta «cresci­ta naturale», nuovi alloggi per famiglie che si allargano: i coloni in Cisgiordania sono arrivati a 300 mila, calcola un rapporto ufficiale rivelato dal quotidiano Haaretz.
Le pressioni americane hanno trasformato Obama in un presidente impopolare tra gli israeliani. Solo il 6 per cento — secondo un sondaggio del Jerusalem Post — lo considera un amico dello Stato ebraico, gli editorialisti di destra lo evocano con il secondo nome Hussein per evidenziare quelle che sarebbero le sue «tendenze ara­be ». «Gli israeliani sentono che tutto il peso per far ripar­tire i negoziati di pace — scrive Yossi Klein Halevy, intel­lettuale conservatore, su The New Republic — è stato messo sulle loro spalle. Molti (e non solo gli elettori del Likud) sono convinti che Barack cerchi lo scontro con noi per rafforzare la sua immagine nel mondo musulma­no ». È d’accordo — da sinistra — Aluf Benn, analista di Haaretz : «Se Israele è parte del problema, è anche parte della soluzione — commenta in un articolo ospitato dal New York Times —. Eppure fino ad ora, né il presidente né uno dei suoi emissari si sono rivolti alla gente di que­sto Paese. Gli arabi hanno avuto il discorso del Cairo, noi il silenzio».

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