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L'Opinione Rassegna Stampa
29.07.2009 L'Arabia Saudita? Una prigione femminile a cielo aperto
La cronaca di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 29 luglio 2009
Pagina: 7
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «L'Arabia Saudita? Una prigione femminile a cielo aperto»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 29/07/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo "L'Arabia Saudita? Una prigione femminile a cielo aperto  ".

 Donne in Arabia Saudita

“La legge saudita detta Mahram trasforma le donne in prigioniere dal giorno della loro nascita fino alla morte. Non possono lasciare le loro celle, cioè le loro case, o la prigione allargata, cioè lo stato, senza un permesso scritto… Sebbene le donne saudite siano private della libertà e della dignità più di qualsiasi altra donna al mondo, soffrono di queste forme di oppressione e ingiustizia in un amaro silenzio ed in un’atmosfera di rabbia repressa e di abbattimento simile alla morte. Le donne saudite sono pacifiche nel pieno senso della parola, ma finora lo stato saudita non ha apprezzato le loro nobili anime, la loro pazienza e la loro quieta resistenza…” Queste parole sono costate per ora la promessa di finire in prigione, all’interno della stessa prigione a cielo aperto per le donne denominata Arabia Saudita, alla donna che ha avuto il coraggio di scriverle, cioè la giornalista saudita riformista ed attivista dei diritti umani Wajeha Al-Huweidar. Sono apparse semi clandestine sul sito web liberale Minbar Al-Hiwar Wal-’Ibra (htt p://www.menber-alhewar1.info ) ma tanto è bastato per attirare le ire delle autorità religiose contro la malcapitata. Huweidar ed altre donne che potremmo definire “femministe saudite”, hanno dallo scorso maggio lanciato una campagna contro la legge saudita del Mahram (che significa “il luogo di ciò che è proibito”) che vieta alle donne saudite di lasciare la loro casa senza un guardiano maschio che le accompagni. Il giornale kuwaitiano “Awanche” ha anche valorizzato con enfasi la battaglia il cui slogan è “trattateci come cittadini adulti, altrimenti lasceremo il paese”. Ma la campagna vera e propria è stata inaugurata vicino al ponte Re Fahd, che collega l’Arabia Saudita con il Bahrein, un ponte che le donne chiedevano di attraversare senza un guardiano per arrivare al di là del confine. Di seguito altri due significativi brani di Huweidar che adesso aspetta che qualcuno si mobiliti a suo favore qui in Occidente prima che in prigione ci finisca per davvero e che riguardano, ironia della sorte, la detenzione nel regno più medievale del mondo intero: “..delle leggi che regolano la prigionia sono conosciute in tutto il mondo. Le persone che commettono un crimine o un reato vengono messe dentro la cella di una prigione… in modo che possano scontare la pena. Dopo avere scontato la pena, oppure dopo avere mostrato un buon comportamento, vengono rimesse in libertà… ad eccezione del caso in cui una persona sia stata condannata all’ergastolo o a morte. In Arabia Saudita, ci sono due maniere in più per uscire prima di prigione: imparando il Corano o parti di esso a memoria… od ottenere il perdono da parte del re in occasione di certe festività o dell’incoronazione, dopo di che il prigioniero si ritrova libero e può godersi la vita con la propria famiglia e con le persone che ama.” “Tuttavia, nessuna di queste opzioni esiste per le donne saudite – spiega l’articolo - né per quelle che si trovano dietro le sbarre né per quelle che vivono al di fuori delle mura della prigione. Nessuna di loro può essere liberata senza il permesso del loro guardiano maschio. Una donna saudita che abbia commesso un reato non può lasciare la sua cella dopo avere espiato la sua pena, se non arriva il suo guardiano a prenderla. Di conseguenza, molte donne saudite rimangono in prigione solo perché i loro guardiani si rifiutano di venire a prenderle. Lo stato le perdona, ma i loro guardiani insistono affinché venga prolungata la loro pena.” “Allo stesso tempo, anche donne ‘libere’ hanno bisogno del permesso del loro guardiano per lasciare la loro casa, la loro città o il loro paese – scrive Huweidar - così, in ogni caso, la libertà di una donna, rimane nelle mani del proprio guardiano.” E tra chi, donna, sta in galera in un penitenziario, e chi a casa propria, le differenze sono minime.

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