Le scrivevo l'altro giorno che sarebbe doveroso, per un inviato di un giornale italiano, riportare anche la posizione dei soldati italiani in Libano sotto la bandiera dell'ONU, e non solo quella espressa dalle forze islamiche. So che la mia lettera le è pervenuta, anche se lei non mi ha risposto. Le ripeto questo invito, dal momento che la sua missione sta continuando, e lei ricasca nello stesso grave errore. La conseguenza di questa sua attitudine la porta a scrivere una storia che non regge. Ed ora le spiego il perché, signor Trombetta. Se questa "spia" libanese, della quale lei parla, avesse dovuto fare un attentato contro l'ambasciata israeliana a Roma, essendo in contatto con il Mossad grazie alle "più sofisticate strumentazioni" (parole sue, signor Trombetta), avrebbe evidentemente potuto fingere di accettare, recarsi a Roma e poi eclissarsi, dal momento che si era visto scoperto. Certo era meglio che finire in un oscuro carcere libanese e subire quello che subirà. E il Mossad lo avrebbe certo aiutato. Vede, le spiegavo anche, nella precedente lettera, che il suo italiano era incompatibile col mio. Ora capisco, forse, il perché. Posso permettermi di suggerirle qualche divertente lettura di libri gialli? Le permetteranno di non cascare più in simili bufale degne del più dilettante dei cronisti, e non di un inviato di un importante quotidiano nazionale. Le vorrei poi fare osservare una sua ulteriore sbadataggine. Lei scrive che Tel Aviv ha sempre preso le distanze da un ben preciso attentato. Vede, signor Trombetta: una città (Tel Aviv è una importante città sulla costa mediterranea) non ha voce per prendere le distanze da un bel niente. Forse lei voleva dire che il governo di Israele, oppure il governo che ha la sua sede a Gerusalemme, ha preso posizione su questo punto specifico. Provi, in futuro, a ricordarsi che Tel Aviv non ha voce per prendere le distanze. Scriverebbe forse che Torino ha preso le distanze da, che so, la vittoria dell'Inter nell'ultimo campionato? Torino, come Tel Aviv non avrebbe voce in capitolo. Saluti Emanuel Segre Amar