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La Repubblica Rassegna Stampa
26.07.2009 Torture e repressione in Iran
L'articolo di Vanna Vannuccini

Testata: La Repubblica
Data: 26 luglio 2009
Pagina: 4
Autore: Vanna Vannuccini
Titolo: «Torture nelle carceri e repressione dietro la lotta di potere tra i vertici»

Su REPUBBLICA di oggi, 26/07/2009,il servizio di Vanna Vannuccini a pag.4, dal titolo " Torture nelle carceri e repressione dietro la lotta di potere tra i vertici ":

 Amnesty, dove sei ?

Dopo il sermone del venerdì di Rafsanjani, dopo la richiesta da parte dell´ex presidente Khatami di un referendum, e dopo gli attacchi degli ultraconservatori a Ahmadinejad per la nomina alla vice-presidenza del consuocero Mashaie (ieri costretto alle dimissioni), le divisioni all´interno della Repubblica islamica sembrano entrate in nuova fase nella quale i sistemi usati per 30 anni - accordi segreti, repressione selettiva e una combinazione di entrambe le cose - non funzionano più. Per la prima volta la contrapposizione non riguarda solo riformatori e conservatori ma questi ultimi al loro interno. Ahmadinejad ha subìto la prima sconfitta dopo la sua controversa rielezione quando è stato costretto a cedere alle pressioni degli ultraconservatori, che si opponevano alla nomina alla vicepresidenza di un uomo che aveva fatto scandalo un anno fa con delle affermazioni su Israele diverse dalla retorica classica del regime. Molti ultraconservatori, pur sostenendo Ahmadinejad, temono che il presidente si circondi di fedelissimi che rispondono solo a lui. Dopo aver esitato per una settimana, Ahmadinejad ha dovuto licenziare il consuocero.
Anche se nelle contestazioni di questi giorni ha perso quell´aura di sacralità che il rahbar aveva sempre avuto e di fronte alla quale i critici ammutolivano, Khamenei per il momento sta vincendo su tutti i fronti. Anche sul suo rivale più pericoloso, Hashemi Rafsanjani, che è stato pubblicamente invitato dall´Assemblea degli Esperti, di cui è presidente, a «dare un fermo e palese appoggio al Leader». Nel sermone del venerdì Rafsanjani, che appoggia Moussavi perché considera vitale per la Repubblica islamica trovare un modus vivendi con l´Occidente, si era richiamato a Khomeini per dire che queste due parole, «Repubblica islamica», non sono una formalità. «Senza il popolo e senza il suo voto, non esiste sistema islamico». Le sue consultazioni a Qom e a Mashhad, dove ha conferito con i più influenti ayatollah, avevano come obbiettivo di limitare i poteri del Leader, forse addirittura creando al vertice della Repubblica una Guida suprema fatta di più persone: questo porterebbe a una esautorazione per Khamenei e per il figlio Mojtaba, del quale si dice coltivi la speranza di succedere al padre. Sotto Khomeini il ruolo della Guida suprema non era mai stato definito, nessuno ne conosceva esattamente i confini. La parola «assoluto» (motlaqe) ha trovato posto dopo nella Costituzione, anche se per buona parte del clero il potere assoluto dovrebbe restare limitato alle questioni religiose.
Anche di fronte all´opposizione Khamenei continua sulla linea dell´intransigenza. Evidentemente pensa di avere abbastanza potenza di fuoco da far fronte alla crisi e stroncarla. I leader dell´opposizione hanno rivolto ieri un drammatico appello alla gerarchia religiosa, chiedendo di adoperarsi per il rilascio dei detenuti e la fine della repressione. «La sola via d´uscita da questa situazione è la liberazione immediata di tutti i prigionieri. Siamo molto preoccupati del loro stato di salute fisico e mentale», scrivono Moussavi, Karroubi e l´ex presidente Khatami. In una lettera al ministro dell´Intelligence Mohseni-Ejei Karroubi denuncia torture fisiche e mentali sui detenuti: «La rete dell´intelligence è stata trasformata nel più oscuro e terrificante strumento di repressione del popolo. Gli agenti dei servizi si comportano peggio dei sionisti in Palestina», scrive. La morte di carcere di un altro giovane, Mohsen Ruholamini, figlio di un consigliere politico dell´ex candidato conservatore Mohsen Rezai, potrebbe alimentare nuove proteste. Mohsen, un informatico di 20 anni, è stato ucciso in prigione, dove era stato portato per aver preso parte alle manifestazioni, benché la polizia avesse assicurato la famiglia che lo avrebbero rimandato a casa.
Dietro le sbarre continuano ad esserci centinaia di persone, tra cui giornalisti, avvocati e docenti universitari. Zahra Rahnavard, la moglie di Moussavi, ha reso noto che il fratello, un fisico di 62 anni che non si occupa di politica e non aveva preso parte alle manifestazioni, è stato arrestato per esercitare pressioni su lei e il marito. «Non posso tollerare il modo immorale in cui vengono addebitate false accuse contro mio fratello», ha detto.
Khamenei si è limitato a lanciare un generico invito all´unità. «Le questioni degli ultimi giorni non devono essere motivo di divergenze», ha detto in un discorso alla tv in occasione della nascita dell´Imam Hossein. «Tutti dovreste lavorare fraternamente insieme per il bene della nazione e nessuno dovrebbe accusare l´altro senza ragione».

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