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La Stampa Rassegna Stampa
23.07.2009 La gaffe di Hillary Clinton, la reazione in Israele
Articoli di Maurizio Molinari, Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 23 luglio 2009
Pagina: 21
Autore: Maurizio Molinari-Aldo Baquis
Titolo: «Gaffe di Hillary: quando l'Iran avrà l'atomica-Israele irritato, un errore, vanno fermati prima»

Sulla STAMPA di oggi, 23/07/2009, a pag.25, Maurizio Molinari riferisce da New York sulla gaffe di Hillary Clinton in merito alla bomba atomica iraniana. Da Israele, Aldo Baquis riporta il commento del governo.

Maurizio Molinari: " Gaffe di Hillary: quando l'Iran avrà l'atomica "

 Hillary Clinton

Ombrello nucleare americano sulla regione del Golfo Persico e ingenti aiuti militari ai Paesi alleati in Medio Oriente: sono queste le due contromosse che l’amministrazione Obama si appresta a compiere se l’Iran dovesse raggiungere la bomba atomica. A svelarlo è stata Hillary Clinton, titolare del Dipartimento di Stato, parlando in tv in Thailandia ai margini della conferenza dell’Asean, l’alleanza fra dieci Paesi dell’Estremo Oriente.
È la prima volta che un alto funzionario dell’amministrazione accenna alla possibilità di accettare un Iran dotato di armi atomiche perché fino a questo momento Washington aveva sempre e solo ripetuto che tale «prospettiva è inaccettabile». «Se gli Stati Uniti - ha invece detto Hillary Clinton - estenderanno un ombrello difensivo sulla regione, e incrementeranno la capacità militari degli Stati nel Golfo, è improbabile che Teheran diventi più potente. L’Iran non sarà in grado di intimidire e dominare i suoi vicini, come sembra voler fare nel caso riuscisse a ottenere la bomba».
Accortasi di aver fatto trapelare la riflessione in corso su un possibile cambio di politica nei confronti dell’Iran nucleare, Hillary ha tentato la marcia indietro affidando ai portavoce il compito di negare ogni tipo di svolta: «La posizione americana non è cambiata». In serata, in un ulteriore cambiamento di direzione, Hillary è tornata sull’Iran parlando della possibilità di adottare in tempi brevi «rigide sanzioni internazionali se non bloccherà l’arricchimento dell’uranio», come richiesto dalle sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Sull’ipotesi di un dialogo diretto con Teheran ha mantenuto invece un profilo molto basso: «Speravamo di poter avere delle risposte positive ma poi vi sono state le elezioni, sono avvenute delle indubbie irregolarità e il regime ha brutalmente represso i cittadini che protestavano». Come dire, non è certo questo il momento per mandare messaggi a Khamenei e Ahmadinejad.
Ciò che Hillary fa trapelare è l’inizio di un ripensamento dell’approccio della Casa Bianca all’Iran: se prima del voto la realpolitik di Obama portava a voler raggiungere un accordo sul nucleare oggi che il negoziato diretto si allontana lo scenario che si profila è simile a quanto già avviene in Estremo Oriente, dove Washington ha esteso il proprio «ombrello nucleare» sugli alleati Giappone e Corea del Sud per proteggerli dai rischi portati da missili ed armi nucleari della Nord Corea.
Riguardo al regime di Pyongyang, Hillary si è detta preoccupata dei «crescenti legami militari con la giunta birmana» destinati a «creare pericoli per i Paesi confinanti» con Myanmar. In particolare il timore di Washington è sull’esistenza di un «patto segreto» in forza del quale la Nord Corea potrebbe aver iniziato a trasferire tecnologia nucleare e armi balistiche a Myanmar: è un’ipotesi che nasce dalla raccolta di intelligence su eventi rimasti ambigui come la vicenda della nave di Pyongyang diretta verso la Birmania ma poi tornata indietro quando il Pentagono svelò di averne individuato la rotta.
Proprio per sottolineare l’impegno Usa per la stabilità dell’Estremo Oriente, Clinton ha firmato il patto di «amicizia e cooperazione» fra i Paesi dell’Asean che risale al 1976. Nei confronti della Corea del Nord il Segretario di Stato ha parlato senza mezzi termini: «Le attuali loro provocazioni non ispirano fiducia né ci permettono di dialogare, sono certamente possibili la normalizzazione delle relazioni, la pace permanente e l’assistenza economica ed energetica ma solo in caso di una completa e verificabile denuclearizzazione». Nulla da sorprendersi dunque se al summit dell’Asean è in arrivo una delegazione ufficiale di Pyongyang ma Hillary ha già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di incontrarla.

Aldo Baquis: " Israele irritato, un errore, vanno fermati prima "

Ci chiediamo se sia indispensabile scrivere accanto al nome di un ministro o del Premier l'origine politica di provenienza. Likud per Meridor, conservatore per Netanyahu. Vuol forse dirci Baquis che se fossero stati , chessò, laburisti, sarebbero rimasti zitti ? Il governo israeliano è di coalizione, si sa, ma la politica è il governo nel suo insieme a deciderla. Per il resto l'articlo è corretto.

 il ministro Dan Meridor

«Un errore»: così il ministro israeliano Dan Meridor (Likud) ha commentato le dichiarazioni di Hillary Clinton sulla disponibilità degli Stati Uniti a stendere «un ombrello difensivo» sui suoi alleati se l’Iran riuscisse a dotarsi di armi nucleari. «Si ricava quasi l’impressione che gli Stati Uniti si siano rassegnati. È preferibile piuttosto impedire all’Iran di raggiungere l’obiettivo di dotarsi di armi nucleari».
Poco dopo, alla Knesset, il Parlamento israeliano, anche il premier conservatore Benyamin Netanyahu (nella foto) ha insistito che «l’Iran rappresenta la maggiore minaccia di sicurezza per il mondo intero». La prima cosa da fare «è inasprire le sanzioni nei suoi confronti - ha aggiunto -. C’è stato in merito un leggero rafforzamento nella posizione internazionale e degli Stati Uniti. Israele e l’Amministrazione Obama hanno raggiunto inoltre importanti intese strategiche».
Per Israele è fondamentale intanto mettere in luce «la brutalità del regime iraniano», che significativamente, secondo il premier, «ha avuto l’aperto sostegno di Siria, Hamas e Hezbollah. Essi hanno inoltrato a Teheran messaggi di sostegno e non soltanto. Un giorno potrò precisare che cos’altro hanno fatto». Un’allusione, forse, a notizie di intelligence secondo le quali alla repressione delle manifestazioni democratiche a Teheran hanno preso parte miliziani libanesi e palestinesi, che si sarebbero uniti alle milizie islamiche iraniane dei basiji.

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