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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.07.2009 Eurabia al galoppo: Tribunali islamici in Gran Bretagna
L'analisi di Pierluigi Battista

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 luglio 2009
Pagina: 8
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «No al multiculturalismo della Sharia»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 23/07/2009, a pag.8, con il titolo " No al multiculturalismo della Sharia ", Pierluigi Battista analizza il preoccupante problema dei tribunali islamici in Gran Bretagna.

Ma con i tribunali della sharia che in Inghilterra sembrano funzionare a pieno regime, che ne sarà dei cittadini liberi e uguali di fronte alla legge? Che resta dello Stato di diritto, della parità giuridica tra uomini e donne, del rispetto dei diritti uma­ni fondamentali, dell’ habeas corpus di cui la Gran Bretagna vanta con orgoglio la primogeni­tura, del riconoscimento legale per ciascuno al­la tutela della propria integrità fisica, del pro­prio corpo, della propria dignità inviolabile?
Con il sostegno dell’arcivescovo di Canterbu­ry e del presidente della Corte Suprema si sta consolidando nel Regno Unito un diritto paral­lelo e alternativo a quello istituito dalla legge valevole per tutti i cittadini, a prescindere dal loro credo religioso. Nel nome della retorica multiculturale e multireligiosa reintroduce una frammentazione di stampo feudale che nega al­la radice l’unicità e il monopolio della giustizia in nome dello Stato. Interviene sulle controver­sie civili, applicando lo spirito e la lettera della
sharia anziché quelli dei codici statali. Il Times
forse esagera quando indica la possibilità che l’Inghilterra possa presto conoscere l’orrore del «taglio delle mani» per i ladri e la lapidazione per le adultere. Ma bisogna tener conto che in tutti i Paesi dominati dall’integralismo musul­mano, quelle «sanzioni» che noi consideriamo ripugnanti costituiscono la norma.
E comunque, per risolvere contenziosi e con­troversie nell’ambito di una porzione di un gruppo chiuso ed estraneo alla legge e alla
Common Law che regolano la vita di tutti gli altri cittadini, presso le moschee del Regno Unito si amministrerà la giustizia in nome di princìpi e dogmi che contemplano la poliga­mia e il ripudio della moglie. Si leggeranno sen­tenze che detteranno scelte e comportamenti su argomenti delicatissimi come la mutilazio­ne genitale femminile. Si pronunceranno giudi­zi sulla liceità dei matrimoni misti. Si regolerà la disciplina e la condizione dei divorzi. Si san­cirà attraverso la parola di un «tribunale» rico­nosciuto dallo Stato l’effettiva disuguaglianza dei sessi, la subordinazione della donna sulla base di una lettura fondamentalista della legge coranica. Ed è facile immaginare gli effetti che l’istituzione di questo diritto particolare, paral­lelo e alternativo a quello dello Stato, nel caso in cui sotto il controllo dei dottori della sharia dovessero finire omosessuali «deviati» e meri­tevoli delle peggiori punizioni.
I tribunali della
sharia già operanti in Inghil­terra sono già un’ottantina, ma le reazioni al­l’interno del Regno Unito sono state finora blande, timide, impaurite, minoritarie. L’opi­nione pubblica europea appare acquiescente e paralizzata dal terrore di alimentare, con la semplice difesa dello Stato di diritto che regola la vita dei cittadini di una libera nazione, uno «scontro di civiltà» con l’Islam in quanto tale: preoccupazione legittima, ma che dà per scon­tato l’equivalenza di pacificazione e rassegna­zione. L’opinione colta sembra stregata e ipno­tizzata dalle formule rituali del verbo multicul­turalista. Gli intellettuali del fondamentalismo islamico sono accolti con curiosità, interesse e addirittura entusiasmo (si veda il caso di Tariq Ramadan, peraltro molto influente nella politi­ca inglese che conta e che delibera) dai salotti culturali affascinati dall’estremismo verbale di chi critica le pretese eurocentriche dell’Occi­dente liberale e democratico. Ciò che resta del pensiero femminista sembra non darsi cura di questa istituzionalizzazione nel cuore dell’Euro­pa di una legge che codifica la subalternità del­le donne.
Appare molto debole ed erratica la preoccu­pazione che l’«apartheid legale» di cui parla il
Times possa costituire non una bizzarra eccezio­ne, ma l’anticipazione di richieste che potrebbe­ro sconvolgere e snaturare lo Stato di diritto nel centro del continente europeo. L’idea che esi­stano zone franche dove la legge comune non ha accesso non viene accolta con inquietudine e angoscia. La semplice ipotesi (sinora scongiu­rata da un avvocato «terzo» che dovrebbe vigila­re sulla non contraddittorietà dei verdetti con la legge inglese) che una controversia all’inter­no della comunità separata in Inghilterra possa avere come esito la fustigazione di un cittadino britannico non viene vista con allarme come l’antitesi del principio che nessuno, sotto la pro­tezione della legge, possa essere percosso, umi­­liato, torturato, violato nella propria integrità fi­sica. I tribunali inglesi della sharia suonano in­vece come un annuncio di morte della tutela sin qui garantita dei diritti fondamentali di tutti e di ciascuno. Si è ancora in tempo per non per­dere l’ultima parte del diritto.

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