Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Jonathan Safran Foer legga Isaac B.Singer, inparerà a scrivere Quando l'intelligenza da sola non basta-Lo intervista Alessandra Farkas
Testata: Corriere della Sera Data: 22 luglio 2009 Pagina: 30 Autore: Alessandra Farkas Titolo: «Odio i racconti, è un genere inutile»
Sul CORRIERE della SERA di oggi, 22/07/2009, a pag.30, con il titolo " Odio i racconti, è un genere inutile ", Alessandra Farkas intervista il giovane scrittore americano Jonathan Safran Foer, vezzeggiato e superapprezzato dalla critica. Meno, crediamo dai lettori. E' uno dei rari casi in cui il film tratto dal suo libro "Ogni cosa illuminata", è di gran lunga superiore al libro. In quanto ai racconti, ci permettiamo di suggerirgli la lettura di quelli di I.B.Singer. Se li leggerà, dopo non si deprima troppo, capita a molti sentirsi una pulce di fronte a un gigante. Ecco il pezzo di Farkas, come sempre bene informato e accurato:
J.Safran Foer
NEW YORK — Jonathan Foer come Michael Pollan e Carlo Petrini? Si direbbe di sì. Il suo nuovo libroEating Animals , (in uscita da Little Brown a novembre, in Italia sarà pubblicato da Guanda in primavera) è una difesa del vegetarianismo che coniuga memoir e giornalismo investigativo per rivisitare un tema già esplorato con successo da Michael Pollan (Il dilemma dell’onnivor o eIn difesa del cibo ), Eric Schlosser (Fast Food Nation ) eMarion Nestle (What to Eat ). «È il mio primo lavoro di non fiction — racconta il 32enne scrittore seduto nel suo ufficio alla New York University dove insegna scrittura creativa —. Non si tratta di una denuncia politica contro l’industria alimentare, come quelli di Pollan e Schlosser, ma piuttosto di una guida etica per l’individuo». Nel libro Foer spiega come la carne sia per lui un problema sin dall’infanzia. «Il dilemma mi si è ripresentato quando sono diventato padre e ho dovuto prendere decisioni per i miei figli. Da allora — precisa — sono ossessionato dalla morte. Essere genitore implica anche dover preparare i figli alla nostra morte». Il tempismo diEating Animals non avrebbe potuto essere migliore. «Oggi, nelle università americane ci sono più vegetariani che cattolici. Il 20 per cento degli studenti si definisce vegetariano». C’è da scommettere che a questi vegetariani,vegan e seguaci della macrobiotica piacerà molto un libro che difende loslow food e gli attivisti del Peta («eccentrici che sanno attirare i riflettori del mondo») affermando che «il nemico sono le food corporation ». Anche lui è, a suo modo, un attivista. Dopo essere stato tra i promotori di «Downtown for democracy», che ha mobilitato i massimi scrittori Usa contro Bush e per Obama, l’autore diOgni cosa è illuminata ha lanciato con l’amico Jonathan Franzen «Air, land and sea», raccolta di fondi per associazioni ambientaliste e animaliste. E all’insegna dell’impegno è la sua prossima fatica, ancora senza titolo. Un thriller fantascientifico ambientato in un mondo parallelo: uno Stato totalitario dove tutti sono ripresi in video e troupe cinematografiche filmano ogni attimo di vita di un’umanità ormai senza più privacy. Safran Foer lo definisce un libro di stampo kafkiano: «Sono circa a metà e in altri sei mesi dovrei completarlo, ma potrei anche non finirlo mai». Di certo, non diventerà unashort story . «Non penso che una buona idea possa essere compressa in poche pagine — teorizza 8212;. I racconti brevi sono come le relazioni brevi: la maggior parte delle persone non comincia un amore nella speranza che duri poco». L’invito a coltivare il genere, lanciato da David Remnick del «New Yorker», lo lascia freddo: «La sua ultima short story che mi è piaciuta èThe Bees, part 1 di Aleksandar Hemon, uscita sul 'New Yorker' nel 2002». Da alcuni anni Foer lavora ad un libro dal titoloMagical Jews (« Ebrei magici»), che non intende pubblicare, e che parla dei suoi «padri letterari», tra cui: Franz Kafka, Charlotte Salomon, Bruno Schulz, Yehuda Amichai, Philip Guston, R.B. Kitaj. «L’ultimo è mio nonno. Non era un artista, ma per me è la quintessenza dell’ebreo magico. È morto molto prima che io nascessi e tutti questi artisti hanno in parte riempito il vuoto che lui mi aveva lasciato: la funzione stessa dell’arte è di colmare un’assenza. In un mondo felice e perfetto non ci sarebbero libri». Il suo ormai famoso viaggio in Ucraina, che ha ispirato il bestsellerOgni cosa è illuminata e l’omonimo film nascono proprio «dal desiderio di colmare il vuoto». Ma non tutte le voragini affettive sono colmabili. «Troppe figure insostituibili ci stanno lasciando — riflette —. Mi manca molto John Updike, uno scrittore ottimista e generosissimo coi giovani. E David Foster Wallace, che credeva fermamente nel vegetarianismo, ma non riusciva a fare a meno della carne. Gli avevo scritto a proposito di un suo saggio bellissimo,Considera l’aragosta ». Altri, come Saul Bellow e Philip Roth, non moriranno mai. «Hanno influenzato il lessico e la cultura della mia famiglia e di tutti gli intellettuali americani ebrei di allora. I nostriethos , senso dell’umorismo, modo di vedere il mondo gli sono debitori». Sì perché la letteratura, più che la religione ebraica, è il terreno culturale su cui è cresciuto. «La mia identità ebraica si rispecchia nelle mie letture, nella mia sensibilità, nell’ironia, nell’etica e nell’estetica, nella mia psicologia, nel mio essere allo stesso tempo pieno di speranze e senza speranze». L’ironia della sorte ha voluto però che il suo primo editore fosse italiano. «Luigi Brioschi di Guanda acquistò il mio libro nel 2001, prima ancora che venisse pubblicato in America. È stato lui a scoprirmi». Il resto è storia. L’anno scorso sia il «Guardian» sia il «New York Magazine» si sono chiesti in due lunghi articoli «Perché Jonathan Safran Foer è lo scrittore più invidiato e odiato d’America?» rispondendo che la colpa è del fatto di «essere diventato ricco e famoso a 25 anni, sposando la troppo bella e brava scrittrice Nicole Krauss», «Essere il bersaglio di gelosie è normale quando si ha successo — replica lui —. Come disse Henry Kissinger parlando degli accademici 'si pugnalano alle spalle perché la fama è un bene così scarso'». Ma la presunta gelosia tra lui e i due fratelli scrittori, Franklin, direttore di «The New Republic», e Joshua, che ha appena venduto a Penguin il suo primo romanzo,Moonwalking with Einstein , sarebbe un’invenzione dei media: «Facciamo cose molto diverse. Io gioisco dei loro successi più che dei miei». Foer dice di leggere «solo le recensioni obbligatorie », come quelle del «New York Times » e di non lavorare mai insieme alla moglie. «Mi piace oltrepassare la soglia di casa e smettere di essere un autore. Joan Didion e John Gregory Dunne erano collaboratori inseparabili e Paul Auster e sua moglie Siri Hustvedt parlano continuamente di letteratura. Al contrario io e Nicole ignoriamo persino quale libro stia scrivendo l’altro in un dato momento». Anche loro, come Auster e la Hustvedt, vivono a Brooklyn. «Ha meno stimoli di Manhattan e ti permette di dedicarti meglio alla tua vita interiore. E poi costa meno». La recessione, inutile negarlo, ha toccato anche il suo mondo. «Purtroppo le istituzioni di cui abbiamo più bisogno sono le più vulnerabili. Il 'Washington Post Book World' è fallito all’inizio dell’anno perché la cultura alta soccombe prima di quella bassa. Chi prenderà il suo posto quando la recessione sarà finita? Siamo destinati a rimanere con un cumulo di spazzatura?». Tra questa lo scrittore annovera il boom dei cosiddetti auto-editori. «Non mi stupisce che pubblichino sei volte più delle case editrici tradizionali. È come dire che una prostituta fa sesso sei volte più di una donna sposata. Se le paghi, pubblicano qualunque cosa». Ciò non significa che le case editrici tradizionali siano infallibilitalent scout . «Kafka da vivo non ha mai ricevuto il riconoscimento che ha avutopost mortem — spiega —. E anche il mioOgni cosa è illuminata è stato rifiutato ben nove volte».
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