Senza benzina la teocrazia iraniana crollerebbe L'analisi di Piera Prister
Testata: Informazione Corretta Data: 21 luglio 2009 Pagina: 1 Autore: Piera Prister Titolo: «Senza benzina la teocrazia iraniana crollerebbe»
Senza benzina la teocrazia iraniana crollerebbe
Con l’isolamento internazionale dell’Iran voluto dal regime teocratico e fondamentalista , e’ caduta anche l’attenzione mondiale dei network televisivi e della stampa che per giorni sono rimasti focalizzati su quegli avvenimenti insurrezionali cruenti, ma questo non significa che ci sia stata la capitolazione popolare perche’ a leggere fonti attendibili e ascoltando testimonianze, la protesta popolare continua semmai piu’ agguerrita anche se e’ circondata dal silenzio. La violenta repressione della rivolta in Iran ha rinfocolato l’opposizione che non si e’ arresa ma che resa piu’ forte dal sangue innocente versato, continua la sua lotta per smascherare quel regime teocratico che si e’ lordato del sangue del suo stesso popolo e che sistematicamente pratica stupri, torture e assassinii. Le notizie dall’Iran trapelano malgrado il black out dell’informazione. Ci sono testimonianze di iraniani ebrei che vivono in Israele riportate su Jerusalem Post e ci sono anche studenti iraniani qui negli Stati Uniti che ci informano su quello che sta accadendo , e che cercano di comunicare in mille modi con l’Iran dove vivono amici e parenti, finche’ e’ possibile. Dicono che la protesta e’ appena cominciata e che il potere ha messo il bavaglio alla stampa e alla comunicazione compreso Internet a cui e’ collegato il 35 % della popolazione, Molti giornalisti sono stati arrestati e anche i bloggers dissidenti. La polizia segreta imperversa e sono stati assoldati molti mercenari che parlano arabo e russo per reprimere ogni sedizione. La censura s’e’ abbattuta come una scure e ha isolato completamente il paese che vive nella paura. Le esecuzioni assassine pubbliche continuano sulle piazze per incutere terrore insieme alle notizie di gente scomparsa prelevata da casa e sequestrata. Ma la protesta non si placa, di notte la gente comunica dai tetti e le voci come gli ululati dei cani a poco a poco si sommano e si ingrossano, diventano piu’ minacciose in un crescendo corale che grida all’unisono, “Allah e’ grande, morte al tiranno!”. In Iran il regime finanzia la costruzione di armi nucleari in siti sparsi nel territorio con i proventi del gas e del petrolio e finanzia i terroristi di Hamas e Hezbollah depauperando il popolo di gran parte della ricchezza pubblica. La pessima conduzione dell’amministrazione da parte del potere ha portato il paese ad una rampante inflazione che e’del 30% e la disoccupazione e’ ufficialmente del 10%, ma si valuta sia del 25%, come ci informa uno dei piu’ accreditati analisti, Ilan Berman, vicepresidente del “American Foreign Policy Council”. Un quarto della popolazione vive sotto la soglia della poverta’, la condizione della donna e’ miserrima e la prostituzione e’ in aumento e cosi’ anche l’uso della droga’. E’ chiaro che c’e’ un grande malcontento di un popolo che vuole far sentire la sua voce e reclama la sua sovranita’ e il suo potere decisionale. Purtroppo i candidati non rispecchiano la voglia di democrazia degli Iraniani che non hanno una leadership se si pensa che lo stesso Rafsandjani non rappresenta un’alternativa democratica in quanto e’ accusato dai giudici argentini e dall’Interpol d’esser il mandante delle stragi antisemite di Buenos Aires. E non c’e’ nemmeno una leadership internazionale dopo l’uscita di scena di Bush come scrive Charles Krauthammer. Mentre il presidente Obama pretende di farci la predica accusando il suo predecessore d’aver autorizzato il Waterboarding ossia la simulazione di affogamento durante gli interrogatori dei terroristi, avvenuto invece in osservanza del “Patriot Act’ per difendere l’America da nuovi attacchi terroristici, ma ha in verita’ distolto lo sguardo dalla vera tortura, quella perpetrata a Teheran nelle carceri di Evin contro i dissidenti. Ci sono testimonianze raccapriccianti che scuotono di rabbia i lettori, di quello che fanno le guardie alle donne prima di ucciderle riportate proprio ieri sul Jerusalem Post. E il mondo sta a guardare! Solo il quotidiano israeliano ne parla, un raro esempio di ottimo giornalismo. Il presidente Obama ha rimandato ogni decisione a settembre, anche la piu’ semplice, quella di imporre dure sanzioni economiche contro quanti riforniscono di benzina l’Iran che non possiede la tecnologia per raffinare il petrolio, e che metterebbe in ginocchio quell’odioso regime in pochi giorni. Potrebbe essere invece una buona carta da giocare e una mossa vincente come da anni sosteniamo nei nostri articoli sull’Iran. (Cfr l’articolo di Emanuela Prister, “Come scongiurare una guerra atomica e no all’appeasement” del 7 sett. 2007 e quello di Robert McFarlane “Obama, the Neocons and Iran” sul The W.S.J. del 26-6-09). E mentre Obama porta avanti la linea della diplomazia sollazzandosi in viaggi e stringendo la mano alle peggiori canaglie esistenti sulla terra, ai capi di stato dilapidatori di ricchezza pubblica e violatori dei diritti umani che affamano il loro stesso popolo, invece Bibi Netanyahu non ha altra scelta, sa che ogni minuto e’ prezioso, ha un incarico difficile da svolgere, l’incarico morale di salvare vite umane ed un intero paese minacciato di annichilimento, come non ebbe altra scelta suo fratello Yonathan quando alla guida di un pugno di giovani eroi, cadde in prima fila nel tentativo di liberare i passeggeri dell’ Air France ad Entebbe, sequestrati dai terroristi tedeschi e palestinesi. E vi riusci’ a costo della sua stessa vita! Anche Bibi come gia’Yonathan sta studiando la strategia adatta, ma l’impresa e’ oltremodo pericolosa perche’ la posta in gioco e’ alta e sa che non puo’ sbagliare, tanto piu’ che il tempo incalza e la bomba iraniana ha gia’ cominciato a fare tic-tac tic-tac come scrive Michael Oren, l’ambasciatore israeliano a Washington sul Jerusalem Post.