La violenza della teocrazia iraniana continua. Sul CORRIERE della SERA di oggi, 19/07/2009, a pag.15, un articolo di Viviana Mazza, dal titolo " Shadi, rapita in strada, rischia la tortura ". Non ci risultano proteste da parte di fruppi femministi, nè dalla Federazione della Stampa italiana. A dire il vero, la notizia non compare nemmeno sui giornali sempre bene informati sui "desaparecidos". Forse il torto di Shadi è di essere iraniana e non cilena. Ecco l'articolo:
Un gruppo di donne camminava su Boulevard Keshavarz, nel centro di Teheran. «Eravamo normali, pacifiche», ha raccontato una di loro, Zahra. Andavano all’Università di Teheran per la preghiera del venerdì, alle 11.30 dell’altro ieri, poco prima del sermone con cui Rafsanjani, ex presidente e sostenitore del leader dell’opposizione Mousavi, ha sfidato il regime.
Un uomo in moto sbarra loro la strada. Altri due scendono da una Peugeot. Il centauro indica una delle donne nel gruppo, Shadi Sadr, avvocatessa e giornalista, agli altri due. «Prendetela». Lei scappa. La picchiano con un manganello, la spingono nell’auto, la portano via. Non si sa dove.
Così è stata rapita l’altro ieri a Teheran Shadi Sadr, 34 anni, impegnata nella difesa di attiviste, giornaliste e di molte iraniane condannate a morte, fondatrice di Raahi, uno studio legale chiuso dalle autorità, e del primo sito sui diritti delle donne nel Paese (Zanan-e Iran). E’ una delle centinaia di studenti, intellettuali, politici incarcerati dopo le proteste per le elezioni del 12 giugno. I responsabili: lebas shakhsi, li chiamano le donne che erano con lei, «agenti in borghese» — e senza mandato. Le compagne hanno pubblicato il racconto degli eventi sui siti Mothers of Laleh (creato dalle madri di ragazzi uccisi nelle proteste) e Maydaan.org (un gruppo di attiviste co-fondato da Sadr che ha lanciato la «Campagna contro la lapidazione» nel 2008).
Amnesty International conferma il rapimento e lancia un appello: «Sadr è stata probabilmente arrestata per le sue attività nel campo dei diritti umani. Rischia la tortura». Mohammed Mostafaei, ex avvocato di Delara Darabi (impiccata a maggio), si è assunto la difesa di Shadi.
Una cattura brutale. «Le amiche hanno chiesto: 'Mostrateci i documenti, diteci dove la portate' — racconta Zahra —. Ma loro: 'Niente domande, voi andate, vogliamo lei'. Lottiamo per tirarla fuori dall’auto, ma un uomo seduto dietro la tira a sé. Shadi grida, il suo soprabito viene via e si mette a correre, un altro la attacca, il velo le cade, lei corre in strada senza soprabito e senza velo gridando. Ma uno comincia a picchiarla con un manganello, la costringe a salire». Alcune ore dopo il marito, Hossein Niachian, riceve una telefonata dal cellulare, che appartiene a lui: è Shadi. Dice che non può rivelargli da dove chiama, ma per seguire il suo caso si deve andare nello stesso luogo in cui è stata arrestata in passato. Ovvero il tribunale rivoluzionario: nel marzo 2007 Shadi fu fermata insieme a 33 donne per aver protestato davanti all’edificio contro il processo di 5 iraniane accusate di «propaganda contro il sistema». Al tribunale è andato ieri l’avvocato Mostafaei: ha incontrato due funzionari ma non gli hanno detto perché sia stata arrestata né dove si trovi. Alla figlia di 10 anni, Shadi ha detto al telefono che sarà presto libera. Ma il marito è preoccupato perché soffre di una malattia ghiandolare e alle ossa. Funzionari dell’intelligence con un mandato hanno rovistato per ore a casa sua, portando via documenti e due computer. «Sembra che nel puzzle che stanno creando abbiano lasciato posto per un pezzo - dice il marito —. E quel pezzo è Shadi».

Paladina delle donne Shadi Sadr, 34 anni
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