Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
" Ramallah docet, perchè non seguire l'esempio ? "
Cari amici, da qualche giorno sono in Israele per il mio solito mesetto di insegnamento estivo, ma continuo a spedirvi cartoline se non proprio da, almeno su Eurabia. E però la tentazione di raccontarvi qualche storia da qui è troppo forte per evitarla - anche perché qualche volta lo facevo già dall'Italia. La prima storia è musicale, riguarda il grande cantautore ebreo canadese Leonard Cohen, un signore di settantaquattro anni, molto combattivo e naturalmente ben legato alla tradizione democratica e universalista dell'ebraismo – o se vi piace un tipo del tutto politically correct. Bene, Cohen qualche mese fa annunciò che sarebbe venuto in Israele a tenere un atteso concerto a Tel Aviv, ma che non poteva stare da una parte sola, e dunque avrebbe fatto anche un concerto a Ramallah, per aiutare a superare gli ostacoli alla pace, favorire il dialogo dei due popoli, esprimere solidarietà alle sofferenze eccetera eccetera. Insomma per non sporcarsi le mani dalla parte di Israele, ma sentirsi superiore, molto superiore. Fatto sta che il prezioso regalo del cantante ai palestinesi è stato respinto al mittente. Cohen, hanno spiegato, non è gradito nei loro territori, meglio che non si esibisca. E perché mai? La ragione è semplice: non ha accettato la condizione posta dagli organizzatori palestinesi di annullare il concerto a Tel Aviv. La morale è semplice. Dice l'Autorità Palestinese, che secondo l'espressione di Lieberman diventa più arrogante quanto meno conta sul terreno, che non si può essere equidistanti e simpatizzare con tutti: o di qua o di là. In questo mi sento per una volta di essere d'accordo con loro. L'altra è questa: chi boicotta Israele, come il sindacato mondiale dei giornalisti, gli universitari britannici ecc. non sta facendo un gesto morale e pacifico per costringere lo stato ebraico alla pace, ma sta eseguendo le istruzioni di Ramallah, lo sappia o no.
Ugo Volli
PS: C'è un'altra vittima musicale del nuovo corso palestinese, Daniel Barenboim, quel direttore d'orchestra (al mio orecchio mediocre, ma molto amato in Europa e in Italia, tant'è vero che è stato scelto per dirigere il concerto della Scala a Tel Aviv) che all'originale passaporto argentino ha aggiunto quello israeliano, trasferendosi qui, e poi anche quello palestinese, assegnatogli ad honorem per le sue prese di posizione "per la pace". Un vero collezionista. Anche lui, a quanto pare, non è più gradito a Ramallah e dintorni: non è piaciuta quella stentata solidarietà che ha dato a Sderot prima dell'operazione piombo fuso. Povere anime belle, musicali e no, che faranno adesso che i palestinesi alzano il prezzo e chiudono la comoda via dalemiana dell'equivicinanza? Come faranno a sentirsi più buoni degli altri?