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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Roberto Cazzola, La delazione 13/07/2009

La delazione     Roberto Cazzola
Casagrande Euro 16,80

Accosti questo romanzo di Roberto Cazzola, La delazione, con diffidenza, tanto usurato è il materiale storico di cui si nutre, e ti incuriosisce semmai verificare come l’autore abbia affrontato la scommessa, quanto di nuovo abbia saputo ricavarne. Pensate, si parla di una vicenda che prende avvio nella tetra Torino del 1944, occupata dai tedeschi, scorrazzata dagli sgherri fascisti, fiaccata dalla guerra. Ma la curiosità non andrà delusa. Intanto è bella e inconsueta, per come si conclude, la storia d’amore tra Alfredo Dervilles e Selma Lavàn. Lui è un dirigente industriale, lei un’interprete ebrea, riparata da Vienna a Torino dove si illude di sfuggire alle persecuzioni razziali. Di Selma resterà nella memoria, quasi un contrassegno di innocenza, il sorriso aperto sugli incisivi, per fretta e inavvertenza macchiati di rossetto. I due finiranno traditi da una vicina di casa, la giovane Luigia Zonga, e se Alfredo se la cava con una razione di carcere e torture per avere protetto una giudea, Selma precipita nell’inferno di Bergen- Belsen. La ragazza, al termine della guerra viene data per morta. Nel finale inatteso si afferma, al di là dei tratti più appariscenti e scontati, la dedizione sacrificale di Selma e il lungo rimorso di Alfredo. Resta invece oscuro il motivo che ha spinto Luigia a denunciarli: per gelosia, malinteso dovere patriottico, senso di onnipotenza garantito a una sciagurata dall’eccezionalità dei tempi? Più che la malvagità, il tessuto connettivo delle ipotizzate pulsioni criminali è una sconvolgente stupidità. Non si esauriscono con la trama avventurosa e le investigazioni morali lo svolgimento e il senso del romanzo. La sua vera, grande protagonista è la Torino di prima e dopo la guerra. Non si tratta soltanto del clima storico che si respira, la magniloquenza, che diventa oppressiva, del regime; le strabiche o vili compromissioni nel tessuto sociale; la beffarda contestazione che diventa generosa, ed eroica, cospirazione. Cazzola infatti ricostruisce affettuosamente la mappa della città, anche con il ricorso a documenti iconografici. I quartieri, le vie, ma anche quel tal caseggiato, quel viale, quel complesso industriale, vengono restituiti attraverso meticolose ricerche sul campo, dentro e fuori degli archivi, con una competenza rara per gli oggetti della vita materiale. Cazzola manifesta in proposito una bravura che, per quanto ammirevole, rischia di essere dispersiva e distraente per un lettore non congeniale, meno attratto dallo spirito dei luoghi e dei tempi. Ancora, ogni ambiente consente di aprire lo sguardo sulle persone, su professioni, linguaggi, con particolare riguardo per le famiglie ramificate dei protagonisti. Il romanzo storico si salda così al romanzo antropologico. Mentre, come risultanza poetica, quella Torino vorrebbe forse apparire quasi esalata da Alfredo, immedesimarsi con il suo animo appassionato e combattuto. Chi racconta nel romanzo è Valeria, a partire dalla domenica di marzo in cui lo zio Alfredo la accompagna a visitare la cella delle Nuove in cui è stato rinchiuso sessant’anni prima. Di qui, per una serie di irradiazioni e diramazioni, prende vita il ricordo di Selma, la sua donna perduta e mai dimenticata. Valeria accetta il lascito implicito, cerca fino a Vienna le tracce di lei, indaga sulle carte dei due fidanzati, su quelli che la lontananza ha trasformato in soliloqui paralleli. Restituisce infine pace all’uomo vicino al trapasso. Tanto basti a dare un’idea ulteriore della struttura mossa e complessa in cui si è cimentato abilmente Roberto Cazzola.

Lorenzo Mondo
Tuttolibri – La Stampa


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