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La Stampa Rassegna Stampa
13.07.2009 Formigoni e oil for food, una storia ambigua dai risvolti preoccupanti
Ma alla fine rimarrà avvolta nel silenzio

Testata: La Stampa
Data: 13 luglio 2009
Pagina: 16
Autore: Paolo Colonnello - Giovanni Cattaneo
Titolo: «Oil for food: tangenti per Saddam - Formigoni e il caso 'Oil for food'»

Sulla parte italiana dello scandalo "Oil for food", siamo sicuri che gli altarini non verranno mai scoperti. Se ne riparla ogni tanto, ma il clamore è quasi impercettibile. Succede quando la partecipazione alla faccenda non è unilaterale, la manina ce l'hanno infilata in parecchi, altrimenti non si spiegherebbe il rimanerne fuori del presidente Formigoni.

Riportiamo dalla STAMPA del 09/07/2009, a pag. 16, l'articolo di Paolo Colonnello dal titolo " Oil for food: tangenti per Saddam ", e dalla STAMPA del 10/07/2009, a pag. 34, la risposta di Giovanni Cattaneo, portavoce di Francesco Formigoni con la replica di Paolo Colonnello, dal titolo " Formigoni e il caso 'Oil for food' ". Ecco gli articoli:

Paolo Colonnello : " Oil for food: tangenti per Saddam "

La motivazione della sentenza con la quale il 10 marzo scorso sono stati condannati a due anni di reclusione ciascuno i tre imputati dell’inchiesta sullo scandalo «Oil for Food», è destinata a diventare un documento pilota, guadagnandosi il record di prima sentenza al mondo per fatti di corruzione internazionale, in applicazione dell’articolo 322 bis, comma 2, del codice penale, che recepisce l’articolo 1 della convenzione dell’Ocse sulla lotta alla corruzione di funzionari pubblici stranieri.
Anche se in questo caso a farne le spese sono degli italianissimi imputati: Andrea Catanese, titolare di una piccola società petrolifera, la Co.Ge.P. che beneficiò del petrolio iracheno di Saddam Hussein aggirando le rigide norme di controllo dell’Onu all’interno del programma di aiuti «Oil for Food» (petrolio in cambio di cibo); Paolo Lucarno, dirigente della stessa società per i rapporti commerciali e finanziari; e, infine Mazarino Giulio Marco Antonio Manfredi De Petro, definito socio occulto e consulente della Cogep ma più noto come ex sindaco di Chiavari e soprattutto compagno di partito, nonchè amico, socio di barca (attraverso la moglie) e fidato consigliere del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni che in questa storia di «surcharge», all’inglese, «istirgiaa», in arabo e mazzette o tangenti in italiano, figura come convitato di pietra, anche se nei suoi confronti non è mai stata elevata alcuna accusa formale.
Eppure, tutta la vicenda «Oil for Food», nata da un’inchiesta internazionale condotta da investigatori dell’Onu, parte proprio da Formigoni, autore di un fax al vecchio amico Taraq Aziz, viceprimo ministro nel governo di Saddam, nel quale si raccomandava caldamente proprio la Co.Ge.P. di cui era consulente e, secondo il tribunale, «socio di fatto», proprio l’amico De Petro.
Secondo il rapporto degli investigatori Onu, trasmesso alla procura nazionale Antimafia e da questa alla procura di Milano presso il pm Alfredo Robledo, Formigoni fu «destinatario di 24 milioni di barili di petrolio» in quanto «amico» del regime iracheno, trattati poi dall’amico De Petro e dalla Cogep che si resero disponibili al pagamento di una tangente di quasi un milione di dollari finiti su una banca giordana a disposizione del capo della Somo, la società petrolifera irachena, cugino di Saddam Hussein. Con quei soldi (e tanti altri, versati da diverse società nel mondo), si legge nella motivazione della sentenza e nel rapporto Onu, il regime iracheno vi pagò anche l’acquisto di armi. Altro che «food»: gli aiuti umanitari arrivarono solo in minima parte alla popolazione irachena stremata dagli embarghi internazionali. Scrive infatti il tribunale (giudici Micara, Martini e Lai) che «è stato autorevolmente sostenuto come la corruzione internazionale sia stato uno dei più grossi fattori di sottosviluppo ed abbia prosperato proprio perché, nel passato, le norme interne sulla corruzione si riferivano in genere ai soli funzionari pubblici e nazionali e non si estendevano alla corruzione dei funzionari pubblici stranieri, tipica dei contratti internazionali». Inoltre, notano i giudici, non si può sostenere che la decisione della Somo irachena di imporre agli acquirenti del suo petrolio delle tangenti, a partire dal settembre del 2000, sia equiparabile a una legge dello Stato ma bensì a una mera circolare interna di natura commerciale.
La vicenda generò, oltre alle sostanziose tangenti per gli iracheni, un incredibile guadagno anche per De Petro che allocò i soldi (il 45 per cento dei profitti netti generati dalla vendita dei barili) in una sua società in Inghilterra, la Candonly, controllata attraverso una serie di schermature off shore.

Giovanni Cattaneo " Formigoni e il caso 'Oil for food' "

In riferimento all’articolo «Oil for food: tangenti per Saddam», pubblicato da La Stampa il 9 luglio, lasciamo volentieri al giornalista la ricostruzione fantasiosa sul coinvolgimento del presidente Formigoni, ma quanto ai fatti occorre precisare che lo stesso presidente non ha mai inviato alcun fax al vice primo ministro Tarek Aziz, questa voce è sempre stata smentita e nulla che possa provare il contrario è mai stato dimostrato.
Inoltre il presidente Formigoni non è mai stato destinatario né di una goccia di petrolio né di un centesimo di dollaro: anche su questo punto, sempre rivendicato da parte nostra, non siamo mai stati smentiti. Né mai potremo esserlo.
GIOVANNI CATTANEO
PORTAVOCE PRESIDENTE FORMIGONI

La «ricostruzione fantasiosa» è contenuta con precisione nella motivazione della sentenza, fax compreso. (p.c.)

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