Lo scorso 4 luglio IC ha riportato un servizio del settimanale marocchino TEL QUEL, nel quale vengono ripercorsi senza riguardi verso il potere gli errori commessi dalla Casa Reale nei confronti dell'islam, di fatto una accelerazione verso l'islamizzazione della società marocchina. Negli ultimi anni del suo regno Hassan II ha posto in parte rimedio agli errori compiuti, e la stessa strada la sta percorrrendo l'attuale re, suo figlio, Mohammed VI. Sulla STAMPA di oggi, 12/07/2009, nella sua abituale pagina domenicale, Alain Elkann intervista Tahar Ben Jelloun, dopo averne tessuto le lodi l'altro giorno alla "Milanesiana". Un apprezzamento che ha dell'incredibile, se si tiene conto dell'abbondante produzione giornalistica dello scrittore musulmano, tutta impregnata di pregiudizi e profonda ostilità verso Israele. Ad Elkann possono essere sfuggiti i suoi articoli, ma li può trovare negli archivi di IC, gli sarà sufficiente scrivere il nome di Tahar Ben Jelloun in HP alla voce " cerca nel sito ", gli apparirà un Ben Jelloun del tutto nuovo. Riprendiamo la copertina di TEL QUEL e l'intervista sulla STAMPA di oggi, a pag.20, dal titolo "Portate il Marocco nell'Ue ", un argomento per il quale Ben Jelloun ci appare il soggetto meno adatto da intervistare.Un po' come chiedere a Tariq Ramadan un'opinione sui "Fratelli Musulmani".
La copertina di TELQUEL n°379
Tahar Ben Jelloun, lei si considera uno scrittore marocchino?
«Sì, certamente. La mia è una nazionalità che non si perde mai. Ma mi sento anche francese ed europeo».
Lei vive per la gran parte dell’anno a Tangeri. Che città è oggi?
«È una città di porto come Napoli. Ha il fascino della città di mare, ma allo stesso tempo assiste quotidianamente al dramma dei clandestini che ogni sera guardano le luci della Spagna perché vorrebbero partire. Questo l’ho raccontato nel mio ultimo romanzo “Partire”. Però Tangeri è anche una città molto aperta, che ha conosciuto un grande cosmopolitismo, ed è una città che si modernizza continuamente. Il re la ama tantissimo».
Che potere ha il re nel Marocco?
«Un potere molto importante, che esercita con delicatezza, senza autoritarismi. Mohammed VI è un uomo molto intelligente che adora il suo Paese. Quest’anno festeggerà il decimo anniversario del suo regno e si può dire che il Marocco è molto cambiato, soprattutto sul piano della libertà. Il re è un uomo molto discreto, che comunica poco e non capisce troppo chi appare eccessivamente in televisione, come Sarkozy o Berlusconi. È riuscito in qualcosa di eccezionale, e cioè ad avere un dialogo costruttivo con gli islamisti».
E con l’Iran che rapporto ha?
«I rapporti sono interrotti da sei mesi per via della posizione dell’Iran sullo Stato del Bahrein. E il nostro Paese ha preso le distanze da Teheran anche quando si è reso conto che cercava di convertire il Marocco alla religione degli sciiti (mentre da noi la maggioranza è sunnita). Il re ha preso questa posizione anche spinto dai Paesi del Golfo, che vogliono far capire all’Iran che ci sono dei limiti».
In che senso?
«Nel senso che si parla molto di Israele ma si sa che l’Iran non oserà mai attaccare quel Paese. Loro fanno una guerra di successione religiosa che dura in realtà da quindici secoli. Vogliono conquistare i luoghi santi, come la Mecca e Medina, e prenderne il controllo. Gli sciiti nel mondo sono in minoranza ma sono molto potenti in quella regione».
Lei vive molto a Parigi e in giro per l’Europa, perché?
«Perché per via del mio lavoro sono un nomade e anche se sono un marocchino sono profondamente legato ai valori dell’Europa».
Ha un ruolo importante nella vita culturale letteraria francese, è anche giurato del Premio Goncourt.
«Cerco di fare il mio lavoro di giurato nel miglior modo possibile. Quest’estate dovrò leggere un romanzo al giorno».
Com’è la letteratura francese oggi, vivace?
«Sì, abbastanza. La letteratura francese è arricchita dall’apporto di scrittori che vengono da paesi francofoni che hanno moltissimi problemi, come Haiti per esempio».
E il premio Grinzane Cavour di cui lei è stato per due anni presidente della giuria?
«Sono molto triste per quello che è successo e mi rincresce che quel premio sparisca in queste condizioni. È davvero un peccato che il lavoro colossale che ha fatto Giuliano Soria svanisca così. Detto questo spero che il premio rinasca, soprattutto perché faceva leggere i giovani liceali. A proposito, vorrei che Giuliano Soria sapesse che, qualunque sbaglio abbia commesso, non dimentico tutto quello che il Grinzane ha rappresentato per me».
Lei ha un rapporto particolare con l’Italia?
«Sì, diciamo che l’ho adottata: è meravigliosa, la quinta essenza del Mediterraneo. La sola cosa che non capisco del vostro Paese Paese solo le aberrazioni politiche».
Il G8 si è appena concluso, cosa pensa dell’Europa e dell’America?
«Gli europei sono fortunati, perché vivono in libertà e democrazia, e l’America di Obama è eccezionale. Il presidente degli Stati Uniti è un uomo formidabile e coraggioso, ma bisogna che gli europei sappiano prendere esempio dalle sue azioni audaci. Bisogna che si ispirino a Obama».
E i marocchini?
«Penso che se avessero un posto in Europa potrebbero dare un contributo importante, più importante della Turchia».
Tornando al suo mestiere, cos’è per lei la scrittura?
«La scrittura è respiro quotidiano. Ho bisogno di scrivere ogni giorno e ringrazio tutti i lettori e le lettrici che mi danno fiducia e che mi accompagnano in questo viaggio».
Ha qualche libro in pubblicazione?
«Il prossimo libro che pubblicherò in Italia, con Einaudi, è un racconto in cui presento il Marocco agli italiani».
E poi?
«E poi pubblicherò una grande storia d’amore e di guerra, un romanzo edito da Bompiani: sarà una guerra coniugale».
Ci può dire qualcosa sul titolo?
«Il titolo forse sarà “L’uomo che amava troppo le donne”».
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