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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.07.2009 La fortuna del grande scritto­re ebreo ungherese Ferenc Molnár 'scippata' dalla figlia imbrogliona di un pastore prote­stante americano
La cronaca di Alessandra Farkas

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 luglio 2009
Pagina: 39
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «Risarcimento per l’Olocausto L’ultima guerra della via Pál»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/07/2009, a pag. 39, l'articolo di Alessandra Farkas dal titolo " Risarcimento per l’Olocausto. L’ultima guerra della via Pál ".

 Ferenc Molnàr

NEW YORK — La fortuna del grande scritto­re ebreo ungherese Ferenc Molnár «scippata» dalla figlia imbrogliona di un pastore prote­stante americano che si è finta sua lontana pa­rente? Il giallo a base di avvocati di grido, conti svizzeri, esperti di genealogia e tribunali per il risarcimento dei beni rubati durante l’Olocau­sto infiamma l’estate americana, riaprendo il dibattito su una controversia che, a 64 anni dal­la caduta del nazifascismo, non è mai stata del tutto risolta.
Al centro della truffa finita sulla prima pagi­na del settimanale ebraico «Forward» è Fe­renc Molnár, il grande scrittore e drammatur­go ungherese autore del classico della lettera­tura per adolescenti I ragazzi della Via Pál (1907), i cui lavori hanno ispirato hit hollywoo­diani quali Olympia con Sophia Loren e fortu­nati musical di Broadway, tra cui il famosissi­mo Carousel di Rodgers e Hammerstein.
Poco prima del secondo conflitto mondiale, Molnár si trasferì negli Stati Uniti, dove restò fino alla morte nel ’52. Quando lasciò l’Unghe­ria, nel 1937, lo scrittore non ebbe il tempo di chiudere i conti bancari creati in Svizzera con le
royalties dei suoi lavori. Come tanti altri con­ti «smarriti» durante la guerra, anche i suoi fu­rono riesumati quando fu istituito il Tribunale speciale per le restituzioni ai familiari delle vit­time dell’Olocausto.
Nel 2007 il suo bisnipote Gabor Lukin, (nipo­te della sua unica figlia Marta, nata dal primo matrimonio di Molnár con Margit Vészi, più tardi amante di Puccini) scoprì per caso, con­sultando il sito www.crt-ii.org, che alcuni «pa­renti » americani di Molnár si erano fatti avanti per reclamare i beni depositati dal bisnonno settant’anni prima. Nel 2001, Elizabeth Rho­des, una consulente finanziaria dell’Ohio, ave­va inoltrato domanda a nome di suo padre, il prete episcopale Peter Molnár.
Pur ammettendo che la sua famiglia non era ebrea, la donna aveva spiegato al Tribunale per le restituzioni che «il mio bisnonno, ebreo, era fratello di Ferenc». Il Tribunale le aveva credu­to e nel 2004 le aveva inviato un assegno di 226 mila dollari. «Quando lo seppi restai di stuc­co », racconta il 54enne Lukin, un musicista emigrato in California dall’Ungheria nel 1985. «In famiglia tutti sapevano che l’unico fratello del nostro bisnonno era morto quando lui ave­va appena due mesi. La documentazione della Rhodes era piena zeppa di errori. Capii subito che era una truffatrice a caccia di soldi».
L’improvvisa entrata in scena dei veri eredi ha scatenato una guerra. «Abbiamo prove che smentiscono la parentela tra la Rhodes e lo
scrittore», è costretto ad ammettere l’investiga­tore speciale del Tribunale, Michael Bradfield, «a partire dal fatto che il vero cognome di Mol­nár era Neumann». La sua conclusione: «I Mol­nár dell’Ohio sono degli impostori». Ma la ram­pante businesswoman non demorde: «Ho già speso tutti quei soldi», si difende la donna, che nel 2001 ha firmato un documento dove si impegnava a rinunciare all’indennizzo se un parente di Molnár più stretto si fosse fatto avanti.
A conferire un altissimo profilo al caso è lo scontro sul ring legale di due degli «avvocati dell’Olocausto» più famosi al mondo. Per Lukin è sceso in campo Randol Schoenberg (nipote del celebre compositore Arnold Schoe­nberg), che nel 2004 aiutò una donna di Los Angeles, Maria Altmann, a riottenere da un museo austriaco cinque dipinti di Gustav Kli­mt, uno dei quali è stato poi rivenduto per 135
milioni di dollari. A difendere la Rhodes è inve­ce Michael Bazyler, docente universitario ed autore di Holocaust Restitution: Perspectives on the Litigation and Its Legacy, considerato la bibbia delle restituzioni.
La tesi di quest’ultimo: la Rhodes non deve restituire i soldi. «Se il Tribunale ritiene che Lukin abbia ragione — teorizza Bazyler — allo­ra metta a disposizione un secondo assegno anche per lui». Ma il superdetective Bradfield la pensa diversamente: «La Rhodes e i suoi av­vocati hanno cambiato troppe volte le carte in tavola», li ha redarguiti durante un’udienza sul caso, lo scorso aprile. «Inizialmente dissero che il bisnonno della Rhodes e Molnár erano fratelli, più tardi che lo erano solo per metà, e di recente hanno ammesso di non essere certi della relazione».
Bradfield ha criticato la Rhodes anche per non aver voluto dividere l’assegno con i suoi pa­renti
stretti dell’Ohio che, in teoria, avrebbero i suoi stessi diritti se fosse vera la parentela con Molnár. «Siamo persone profondamente one­ste », ribatte la Rhodes, spiegando che suo pa­dre «è un retto uomo di Chiesa» e che la sua famiglia «non commetterebbe mai una frode». Per Schoenberg, il cui nonno è stato perse­guitato dai nazisti, la vicenda ha assunto un connotato quasi personale. «Spero che tu rie­sca a dormire bene la notte», ha scritto l’avvoca­to in una email di fuoco inviata a dicembre a Bazyler, dove spiegava che «sono passati 13 me­si da quando ho notificato alla Rhodes che la sua famiglia non è imparentata a Franz e Lili Molnár, ma il mio cliente non ha ancora ricevu­to le sue scuse per aver prima mentito e poi ri­scosso soldi che non le spettavano».
L’ultima parola potrebbe spettare al celebre studioso di genealogia ungherese, l’89enne Arisztid Harmath, ingaggiato ironicamente pro­prio dalla Rhodes, dopo che la donna aveva ten­tato senza successo di provare la sua parentela con János Neumann, il famoso scienziato un­gherese che lavorò al progetto Manhattan per la costruzione della prima bomba atomica. «Non esiste alcuna parentela tra i Molnár del­l’Ohio e lo scrittore», è stato il suo inappellabi­le verdetto. «È una nemesi storica — commen­ta Lukin —. Di recente ho scoperto che Harma­th vive nella stessa casa di Budapest dove nac­que Ferenc Molnár. E che gli antenati di Schoe­nberg e i miei vengono dallo stesso villaggio
ungherese di Fzecseny».

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