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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.07.2009 Al Assad invita Obama in Siria
Siamo scettici sulla sincera volontà del dittatore di aprire il 'pugno'

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 luglio 2009
Pagina: 13
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «Il siriano Assad rompe gli indugi : primo 'sì' alle aperture di Obama»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/07/2009, a pag. 13, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo " Il siriano Assad rompe gli indugi : primo 'sì' alle aperture di Obama ".

 Bashar al Assad, satrapo siriano

Troppo ottimista la visione di Ferrari. E' difficile fidarsi del satrapo Assad. Ferrari scrive " Tuttavia, perché non ci fossero dubbi sulla genuinità dell’invi­to, il giovane presidente ha aggiunto che non è necessario essere d’accordo su tutto, ma che i vertici possono aiuta­re a compiere passi avanti.". Non è necessario essere d'accordo su tutto...dopo le condizioni che impone a Israele per iniziare i negoziati (cedere immediatamente le alture del Golan, poi si potrà iniziare il dialogo), questa frase ci sembra poco sincera. Assad è un dittatore e, come tale, rifiuterà qualunque proposta non convergente con la sua linea antiisraeliana. Ecco l'articolo:

Il primo pugno ad aprirsi, ma­nifestando la volontà di accet­tare l’offerta di dialogo di Barack Oba­ma, è quello del presidente siriano Bashar el Assad, che era stato conside­rato dalla precedente amministrazio­ne il leader di uno Stato canaglia, o «quasi canaglia»: un gradino sotto l’Iran e la Corea del Nord. Quel «qua­si » significava semplicemente che la Siria, a differenza degli altri due Paesi, era detestabile non tanto per quello che faceva ma per quello che non face­va. Cioè impedire il passaggio di terro­risti islamici verso l’Iraq dopo la guer­ra per detronizzare Saddam Hussein e frenare i miliziani estremisti di Hamas in Palestina e di Hezbollah in Libano.
Certo, la causa principale dell’ostili­tà americana erano soprattutto le om­bre sinistre sull’assassinio dell’ex pre­mier libanese Rafic Hariri, di cui gli ap­parati di sicurezza di Damasco erano sospettati d’essere i mandanti. Però nessuno aveva voluto dar credito alle smentite, seppur lacunose, del regime di Assad. Il ritiro dell’ambasciatore Usa era il sigillo della convinzione che il giovane leader arabo fosse ritenuto quantomeno responsabile di correità. Va ricordato che dopo l’elezione di Obama erano giunti da Damasco i pri­mi incoraggianti segnali di fumo, tan­to che il premier turco Recep Tayyip Erdogan si era subito offerto di orga­nizzare un vertice tra i due presidenti. Ma la decisione di Washington di no­minare il nuovo capo della missione diplomatica a Damasco ha sciolto gli ultimi indugi.
Con un tempismo poco in sintonia con le farragginose prudenze della bu­rocrazia siriana, Bashar el Assad è an­dato in tv per invitare Barack Obama in Siria e affrontare assieme i nodi del processo di pace in Medio Oriente. Che Bashar sia convinto che gli Stati Uniti, ben più di Israele, possano scio­glierli è noto. Tuttavia, perché non ci fossero dubbi sulla genuinità dell’invi­to, il giovane presidente ha aggiunto che non è necessario essere d’accordo su tutto, ma che i vertici possono aiuta­re a compiere passi avanti. È ciò che sta dicendo Obama a tutti coloro che sono stati invitati ad aprire il pugno.

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