Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/07/2009, a pag. 13, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo " Il siriano Assad rompe gli indugi : primo 'sì' alle aperture di Obama ".
Bashar al Assad, satrapo siriano
Troppo ottimista la visione di Ferrari. E' difficile fidarsi del satrapo Assad. Ferrari scrive " Tuttavia, perché non ci fossero dubbi sulla genuinità dell’invito, il giovane presidente ha aggiunto che non è necessario essere d’accordo su tutto, ma che i vertici possono aiutare a compiere passi avanti.". Non è necessario essere d'accordo su tutto...dopo le condizioni che impone a Israele per iniziare i negoziati (cedere immediatamente le alture del Golan, poi si potrà iniziare il dialogo), questa frase ci sembra poco sincera. Assad è un dittatore e, come tale, rifiuterà qualunque proposta non convergente con la sua linea antiisraeliana. Ecco l'articolo:
Il primo pugno ad aprirsi, manifestando la volontà di accettare l’offerta di dialogo di Barack Obama, è quello del presidente siriano Bashar el Assad, che era stato considerato dalla precedente amministrazione il leader di uno Stato canaglia, o «quasi canaglia»: un gradino sotto l’Iran e la Corea del Nord. Quel «quasi » significava semplicemente che la Siria, a differenza degli altri due Paesi, era detestabile non tanto per quello che faceva ma per quello che non faceva. Cioè impedire il passaggio di terroristi islamici verso l’Iraq dopo la guerra per detronizzare Saddam Hussein e frenare i miliziani estremisti di Hamas in Palestina e di Hezbollah in Libano.
Certo, la causa principale dell’ostilità americana erano soprattutto le ombre sinistre sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafic Hariri, di cui gli apparati di sicurezza di Damasco erano sospettati d’essere i mandanti. Però nessuno aveva voluto dar credito alle smentite, seppur lacunose, del regime di Assad. Il ritiro dell’ambasciatore Usa era il sigillo della convinzione che il giovane leader arabo fosse ritenuto quantomeno responsabile di correità. Va ricordato che dopo l’elezione di Obama erano giunti da Damasco i primi incoraggianti segnali di fumo, tanto che il premier turco Recep Tayyip Erdogan si era subito offerto di organizzare un vertice tra i due presidenti. Ma la decisione di Washington di nominare il nuovo capo della missione diplomatica a Damasco ha sciolto gli ultimi indugi.
Con un tempismo poco in sintonia con le farragginose prudenze della burocrazia siriana, Bashar el Assad è andato in tv per invitare Barack Obama in Siria e affrontare assieme i nodi del processo di pace in Medio Oriente. Che Bashar sia convinto che gli Stati Uniti, ben più di Israele, possano scioglierli è noto. Tuttavia, perché non ci fossero dubbi sulla genuinità dell’invito, il giovane presidente ha aggiunto che non è necessario essere d’accordo su tutto, ma che i vertici possono aiutare a compiere passi avanti. È ciò che sta dicendo Obama a tutti coloro che sono stati invitati ad aprire il pugno.
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