Agli occhi degli eurarabi tutto ciò che è occidentale è male 04/07/2009
Non è facile accordare le parole con le cose. I linguisti citano volentieri le etimologia di Isidoro da Siviglia, autore medievale il quale sosteneva che la parola "lucus" (cioè bosco) fosse da spiegare "a non lucendo", perché all'interno della foresta c'è poca luce. Un nome che indica il suo contrario. Questo tipo di divertenti abusi si trova spesso in materia giuridica e politica. Si chiamano "leggi suntuarie" quelle che intendono impedire il lusso "sumptus"; i romani chiamarono "de re metallica" una legge sugli schiavi e cinquant'anni fa la sinistra definì "legge truffa" un regolamento elettorale col premio di maggioranza, che oggi è normalissimo. Nessuna meraviglia linguistica, dunque se i giornali di sinistra nei loro titoli, e anche un appello firmato da "intellettuali del calibro di Andrea Camilleri. Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro e Gianni Amelio", come dice il "Messaggero", insiste a definire "leggi razziali" i provvedimenti sulla sicurezza approvati nei giorni scorsi. Basta aver chiaro che il concetto di "razza" non rientra affatto nell'impianto della legge e che nessuno ne è discriminato sulla base dell'origine etnica, del colore della pelle, della religione o cose del genere. Vi si stabilisce invece che una è reato una certa attività che alcuni soggetti possono intraprendere - eschimesi o ganesi, americani o libanesi, ucraini o senegalesi che siano -, cioè l'immigrazione in Italia senza permesso, e che anche la condizione che ne consegue, cioè lo stato di clandestinità, è una contravvenzione, che comporta certe conseguenze molto sgradevoli. Che c'entra la razza? Certo che l'immigrazione clandestina è commessa oggi per lo più da persone provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo (ma vent'anni fa erano albanesi, in futuro chissà), ma anche i furti sono commessi per lo più da povera gente e questo non fa della legge che lo proibisce un provvedimento classista. E allora perché chiamare "razzista" il decreto sicurezza? E' chiaro, per squalificarlo e polemizzare col governo. Dove le signorine di facili costumi non bastano più, si tira fuori il fantasma del nazismo. Quella di Camilleri & C., dell'"Unità " del "Manifesto" ecc. è la classica operazione di manipolazione linguistica descritta da Orwell in "1984" sotto il nome di neolingua: "The basic idea behind Newspeak is to remove all shades of meaning from language, leaving simple dichotomies (pleasure and pain, happiness and sadness, goodthink and crimethink)", "un mezzo espressivo [...] capace di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero" e di discussione nel merito. Non la farò qui, questa discussione: penso che questa legge possa essere approvata o rifiutata, che sia lecito condannarla anche duramente, ma per quello che è, non per un'etichetta che non c'entra.
Ugo Volli
PS: Perché parlo qui di questo problema? Per due ragioni. Il primo è che una valutazione positiva per principio e un appoggio politico all'immigrazione è uno dei tratti caratteristici della volontà suicida di Eurabia: agli occhi degli eurarabi tutto ciò che è occidentale è male, il nostro passato è tutto imperialista e da condannare, per fortuna arrivano i buoni selvaggi col loro naturale socialismo islamico a salvarci da noi stessi. La seconda ragione è per me più personale. Le leggi razziali in tutt'Europa settant'anni fa colpirono gli Ebrei, non altri. Erano leggi contro una certa stirpe in quanto tale, non contro qualcosa che gli ebrei potessero fare o non fare. In certi posti la conversione, cioè la rinuncia alla propria identità, il suicidio culturale, garantiva almeno la salvezza fisica, in altri no. Le leggi razziali furono il primo atto della Shoà, dello sterminio di un popolo (del mio popolo) in quanto tale. Accostandole a una legislazione sgradita contro l'immigrazione non si salvano certo i popoli del Sud da una strage che non c'è, che nessuno si sogna di progettare; si banalizza l'orrore nazista a una scelta legislativa qualunque; si ruba la memoria delle vittime. Chiamare le leggi contro l'immigrazione "leggi razziali" è in un certo senso rendersi complici dell'operazione di copertura dei nazisti, che cercarono di tenere segreta la "soluzione finale e spacciarla per "provvedimenti amministrativi" è mettersi in una posizione in fondo analoga a chi dice che le camera a gas servivano come insetticida: un nuovo tipo di negazionismo, un furto di identità. Perché se il decreto sicurezza è come le leggi razziali, anche le leggi razziali sono stati poco più del decreto sicurezza, no? Un furto del genere non fa meraviglia negli amici dei terroristi (che cos'è rubare la memoria rispetto ad dirsi solidali di ammazza la gente in massa nei supermercati e alle staziuoni degli autobus e manda razzi a caso su paesi civili)? In altri, francamente, fa tristezza e meraviglia.