Oggi Ehud Barak incontra George Mitchell Per Giorgio è l'ennesima occasione per far propaganda antiisraeliana
Testata: Il Manifesto Data: 30 giugno 2009 Pagina: 9 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Oggi Barak negli Usa, via a nuove espansioni»
Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 30/06/2009, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Oggi Barak negli Usa, via a nuove espansioni ".
Ehud Barak
Giorgio scrive, riferendosi alla proposta di bloccare per tre-sei mesi gli insediamenti : " Un tentativo di compromesso che agli stessi analisti israeliani appare destinato a fallire, visto che gli Stati Uniti insistono affinché il congelamento edilizio sia totale, senza riguardo per le presunte esigenze di «crescita naturale» delle colonie". Quella della crescita naturale è un'esigenza reale, non presunta. E' normale che la popolazione aumenti e che con la sua crescita sia necessaria anche la costruzione di nuove case. Non si tratta di "nuove espansioni" come sostiene il titolo dell'articolo. Ecco l'articolo:
Non si arresta l’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania, neppure alla vigilia del delicato incontro negli Stati Uniti tra il ministro della difesa e leader laburista Ehud Barak e l’inviato Usa per il Medio Oriente George Mitchell proprio sulla spinosa questione degli insediamenti, motivo di tensione, almeno in apparenza, tra l’Amministrazione Obama e Israele. Un portavoce del ministero della difesa ieri ha comunicato che è stata autorizzata l’estensione dell’insediamento di Adam nel quale sorgeranno altri 50 appartementi, parte di un ben più ampio piano di alloggi per 1450 famiglie. Tutto ciò nonostante la posizione contraria degli Stati Uniti, che insistono per il blocco totale dei piani edilizi nelle colonie, inclusi quelli dovuti alla cosiddetta «crescita naturale» della popolazione israeliana che vi risiede (oltre 450mila, inclusi i coloni nel settore arabo di Gerusalemme). Le nuove case sono destinate ai settler dell’avamposto di Migron. Con queste premesse, Barak oggi incontra Mitchell al quale, secondo la stampa israeliana, proporrà un congelamento di tre-sei mesi delle attività di costruzione in Cisgiordania, con l’esclusione dei progetti già avviati (circa 2mila appartamenti) e di Gerusalemme, nell’ambito di un più vasto piano che comprenda la disponibilità dei palestinesi a riprendere il negoziato di pace e quella dei paesi arabi ad avviare la «normalizzazione » dei rapporti. Un tentativo di compromesso che agli stessi analisti israeliani appare destinato a fallire, visto che gli Stati Uniti insistono affinché il congelamento edilizio sia totale, senza riguardo per le presunte esigenze di «crescita naturale» delle colonie. Da parte sua il negoziatore capo palestinese Saeb Erekat ha ricordato che in base al piano Road Map, Israele vede fermare tutte le attività di insediamento nei Territori occupati e a Gerusalemme Est. Il governo israeliano invece si aggrappa alle intese con gli Usa strappate negli anni passati all’ex presidente Usa ed alleato di ferro George Bush. L’alfiere della «guerra preventiva» avrebbe concesso a Israele di aggiungere case nei blocchi di insediamenti situati in quelle porzioni di Cisgiordania che intende tenere sotto il suo controllo nel quadro di un accordo definitivo con i palestinesi. «Le relazioni tra Israele eUsa si basano su accordi reciproci che devono essere onorati», ha ammonito il ministro Dan Meridor in evidente riferimento alla «lettera di garanzie » con cui Bush, nel 2004, avrebbe concesso a Israele di costruire più o meno liberamente in quelle zone della Cisgiordania che intende annettersi. Di queste «garanzie» il Segretario di stato Usa, Hillary Clinton, afferma che non è stata trovata una prova legalmente vincolante sulla questione degli insediamenti. Lo stesso ex vice segretario per la sicurezza nazionale Elliot Abrams, che pure è un accanito sostenitore di Israele, ha ammesso che esiste «una specie di intesa ma non un accordo scritto». E’ possibile che Barak eMitchell discutano della condizione di Gaza e, forse, anche delle trattative segrete che sarebbero in corso, con la mediazione egiziana, per arrivare ad una nuova tregua tra Israele e Hamas. La situazione a Gaza intanto si aggrava e in un rapporto pubblicato ieri il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) ha denunciato che il blocco attuato da Israele ha esaurito le forze degli abitanti (1,5 milioni). «Le restrizioni rigorose imposte allo spostamento delle persone e dei beni verso e fuori Gaza nel corso degli ultimi due anni sono una delle cause principali della crisi nel territorio palestinese», ha scritto la Croce Rossa, sottolineando che il blocco peraltro impedisce la ricostruzione di Gaza devastata dall’offensivamilitare israeliana dello scorso gennaio. Sei mesi dopo la fine dell’operazione "Piombo fuso", ha aggiunto il Cicr «gli abitanti di Gaza non riescono a ricostruire la loro vita e precipitano sempre più nella disperazione... hanno esaurito le loro riserve per la sopravvivenza e un buono numero di loro è costretto a vendere i propri beni per potere comprare da mangiare». Questa mattina, intanto, al porto di Gaza city è attesa la Spirit of Humanity, una delle due navi del movimento “Free Gaza Movement” bloccate qualche giorno fa a Larnaca dalle autorità cipriote. A bordo ci sono una trentina di attivisti, tra i quali il premio Nobel Maguire e l’ex parlamentare Usa Cynthia McKinney, oltre a medicine, giocattoli e decine di sacchi di cemento introvabile a Gaza a causa del blocco israeliano.
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