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Il Manifesto Rassegna Stampa
27.06.2009 Naomi Klein sputa sentenze e pregiudizi contro Israele
Intervistata da un compiaciutissimo Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 27 giugno 2009
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «C’è un’unica strada: boicottare Israele»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 27/06/2009, a pag. 9, l'intervista di Michele Giorgio a Naomi Klein, autrice del libro "No Logo",  dal titolo " C’è un’unica strada: boicottare Israele ".

  Naomi Klein

Giorgio scrive che, riferendosi al tour di presentazione dell'ultimo libro di Naomi Klein che, come cittàdi partenza " ha scelto Bilin, il villaggio palestinese simbolo della lotta contro il muro". Quello che Giorgio chiama "muro" per tutto il suo articolo è, in realtà, una barriera difensiva. Grazie ad essa il numero degli attentati suicidi è diminuito del 98%.
Klein dichiara che "
Il boicottaggio di Israele, ne sono convinta, è l’unico modo per poter accelerare la fine dell’occupazione delle terre palestinesi. E’ necessario riprendere la pressione internazionale che consentì di mettere fine all’apartheid in Sudafrica. ". Boicottare Israele per risolvere la situazione dei palestinesi. Nè a Giorgio nè a Klein interessano i veri responsabili, ciò che conta è colpire Israele. Quando Giorgio fa notare a Klein che non tutti vedono un parallelo fra Sudafrica dell'apartheid e Israele, lei risponde "Credo invece che ci siano non pochi punti in comune. La questione centrale in ogni caso non è trovare quanti aspetti simili e quante differenze ci sono tra quel Sudafrica e l’Israele di oggi. Ci sono caratteristiche (dell’occupazione israeliana, ndr) che sono tipiche di una situazione di apartheid. ". Klein il parallelo lo vede, ma non specifica per quali particolari. Sostiene che ci sono molti punti in comune fra Sudafrica e Israele, ma si guarda bene dall'esplicitare quali siano.
"
Negli ultimi anni Israele ha lavorato per espandere le sue colonie, ha lanciato una guerra contro il Libano, ha attuato un brutale assedio e poi scatenato un’offensiva distruttiva contro la Striscia di Gaza. " Contrariamente a quanto sostiene Naomi Klein,  Israele si è solo autodifeso dagli attacchi esterni. La guerra a Gaza è stata scatenata da Hamas e dal lancio di razzi contro città israeliane. Ecco l'intervista:

Per una intellettuale di famamondiale cominciare in Cisgiordania un tour di presentazione di un proprio libro non è usuale. Naomi Klein invece ha scelto Bilin, il villaggio palestinese simbolo della lotta contro il muro, per introdurre al pubblico locale la traduzione in ebraico di «Shock Economy» da parte di una piccola ma combattiva casa editrice pacifista, la Andalus (in arabo la pubblicazione è stata affidata ad un editore di Beirut). Una scelta precisa, avvenuta a pochi giorni dal quinto anniversario della sentenza di condanna del muro emessa della Corte di giustizia internazionale dell’Aja. «Questo villaggio è tremendamente importante per il popolo palestinese e per gli israeliani che credono in una pace fondata sulla legalità. Sono stata felice di poter venire, all’inizio del mio tour in questa terra, subito a Bilin», spiega la Klein a poche decine di metri dalla barriera eretta da Israele che ha divorato 230 dei 400 ettari di terre fertili del villaggio. «Shock Economy» era già uscito in Israele con il marchio di una importante casa editricema Klein ha recuperato i diritti per passarli alla Andalus. «Dopo la guerra lanciata da Israele nel Libano del sud nel 2006 ho giurato che non avrei mai più pubblicato i miei libri per case editrici israeliane non orientate a favore della pace». Abbiamo intervistato la scrittrice canadese, resa famosa dal best seller «No Logo», poco primadell’inizio della marcia settimanale contro il muro degli abitanti di Bilin assieme a decine di attivisti internazionali e israeliani. Sei canadese e proprio di fronte a noi, dall’altra parte della barriera, due imprese del tuo paese stanno lavorando all’espansione delle colonie israeliane della zona. Nelle settimane passate hai partecipato in Canada ad iniziative di protesta e boicottaggio di queste due società. E’ stato importante per tanta gente, non solo per me, prendere parte a quelle attività, coincise con l’avvio di un’inchiesta sulla legittimità degli appalti avuti dalle due imprese in territori occupati, in violazione delle leggi internazionali. Ma è stata essenziale anche la presenza in quei giorni in Canada di un rappresentante di Bilin che ha potuto spiegare con conferenze ed incontri con la stampa locale la situazione del villaggio e la questione del muro. Ho notato che gli organi d’informazione canadesi, di solito ostili alle ragioni dei palestinesi, hanno mostrato un interesse nuovo verso ciò che accade nei Territori occupati e in modo particolare nei villaggi attraversati dal muro israeliano. Negli ultimi mesi ti sei pronunciata in diverse occasioni per il boicottaggio internazionale di Israele, unica strada, hai spiegato, per mettere fine all’occupazione. Una posizione condivisa dai palestinesi e da molti attivisti internazionali ma che spacca il mondo pacifista israeliano. Il boicottaggio di Israele, ne sono convinta, è l’unico modo per poter accelerare la fine dell’occupazione delle terre palestinesi. E’ necessario riprendere la pressione internazionale che consentì di mettere fine all’apartheid in Sudafrica. A pensarlo sono anche tanti ebrei israeliani. Mesi fa, ad esempio, numerosi intellettuali ed artisti israeliani hanno inviato una lettera agli ambasciatori a Tel Aviv dimolti paesi per sottolineare che il boicottaggio del Sudafrica ebbe successo perché venne attuato senza fare sconti mentre nei confronti di Israele ciò non accade. Non tutti però mettono sullo stesso piano il Sudafrica dell’apartheid e Israele. Credo invece che ci siano non pochi punti in comune. La questione centrale in ogni caso non è trovare quanti aspetti simili e quante differenze ci sono tra quel Sudafrica e l’Israele di oggi. Ci sono caratteristiche (dell’occupazione israeliana, ndr) che sono tipiche di una situazione di apartheid. A dirlo sono le leggi internazionali e non i criteri stabiliti da questa o da quella parte.Occorre anche riconoscere che la comunità mondiale ha fallito la sua strategia volta a risolvere il problema dell’occupazione israeliana.Negli ultimi anni Israele ha lavorato per espandere le sue colonie, ha lanciato una guerra contro il Libano, ha attuato un brutale assedio e poi scatenato un’offensiva distruttiva contro la Striscia di Gaza. Nonostante ciò gli Usa hanno confermato l’aiuto annuale (tre miliardi di dollari, ndr) a Israele che, inoltre, ha visto migliorare sensibilmente i rapporti con molti paesi. Parliamo proprio del blocco di Gaza. Vedete, si discute del boicottaggio internazionale di Israele e a conti fatti stiamo parlando del rifiuto di qualche attività accademica o delle merci prodotte dalle colonie mentre a Gaza sotto embargo israeliano mancano tante cose che servono per vivere. Scarseggiano anche medicine e libri di testo per le scuole. In ogni caso non si sta chiedendo un boicottaggio contro la popolazione di Israele ma contro le istituzioni di questo Stato che non hanno alcuna intenzione di mettere fine all’occupazione.

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