Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/06/2009, a pag. 19, la cronaca di Giampiero Martinotti dal titolo " Belgio, giovane deputata giura col velo e sul burqa gli arabi attaccano Sarkozy ".
Nel finale dell'articolo si leggono le critiche rivolte dalla stampa araba in seguito alle dichiarazioni di Sarkozy contro il burqa.
" per la stampa saudita si tratta di un attacco alle libertà individuali: «Cos´è indecente e oltraggia la morale pubblica: una donna con il burqa o una in bikini?». A Ryad la risposta va da sé: «La cultura della nudità è degradante per le donne» ". La differenza fra una donna in bikini e una in burqa non sta nella moralità, ma nella libertà. La prima, infatti, può mettere il bikini, ma non è obbligata a farlo, la seconda, invece, il burqa se lo deve mettere e non ha possibilità di scelta.
"E Al-Hayat insiste: «Come reagirebbero francesi ed europee se nei paesi islamici dovessero coprirsi il volto e i capelli?».". In realtà in molti paesi islamici le donne in visita sono costrette a mettere il velo. Perchè Martinotti non lo specifica?
La battaglia di Sarkozy contro il burqa non è volta a "stigmatizzare simboli religiosi musulmani ", ma a cancellare un simbolo di discriminazione e sottomissione della donna. Quella di Sarkozy è una battaglia per la libertà della donna, non una crociata contro l'islam. Ecco l'articolo:
Quali sono le donne più libere? E quelle più discriminate?
PARIGI - Mahinur Oezdemir è una ragazza come tante altre, ha un bellissimo sorriso, due occhi espressivi. Porta il velo, un fenomeno ormai comune. Ha una sola particolarità: è membro del parlamento regionale di Bruxelles e si è presentata con il capo coperto alla seduta inaugurale della sua assemblea: «Giuro di rispettare la costituzione», ha detto fra gli applausi. Secondo una rapida statistica, è la prima deputata europea che rivendica il porto del velo, se si eccettua una donna eletta nel consiglio municipale di Ceuta, enclave spagnola sulla costa marocchina. Il caso Oezdemir suscita passioni contrastanti in Belgio, dove lo Stato si proclama «neutro» in materia di religione. Come negli altri paesi inEuropa, ci si chiede come comportarsi nei confronti della comunità musulmana (che rappresenterebbe il 30% degli abitanti nella regione bruxellese).
L´elezione della Oezdemir, il 7 giugno scorso, non contribuisce certo a calmare gli animi: membro del Centro democratico umanista, di ispirazione cristiana, è contestata da alcuni gruppi, che l´accusano di aver negato il genocidio armeno. Lei, di origine turca, non se ne cura: afferma di aver iniziato a portare il velo di sua spontanea volontà a 14 anni (oggi ne ha 26). Ma per molti osservatori belgi, la sua elezione, inattesa, sarebbe frutto di un voto «etnico». La neodeputata regionale ha detto di voler portare il velo per tutta la durata della legislatura, ma un parlamentare liberale ha lanciato l´idea di vietare il foulard nelle assemblee federali e regionali: «Gli eletti rappresentano tutta la nazione». Una posizione difficile da far passare in un paese dove le contrapposizioni comunitarie, in primo luogo quella fra valloni e fiamminghi, sono all´ordine del giorno.
La polemica sul velo e sul burqa ha in ogni caso travalicato i confini europei. La parole di Nicolas Sarkozy, che ha definito il burqa come un oggetto di avvilimento della donna, hanno suscitato reazioni indignate in Arabia saudita. Se per il presidente francese «il burqa non è il benvenuto», per la stampa saudita si tratta di un attacco alle libertà individuali: «Cos´è indecente e oltraggia la morale pubblica: una donna con il burqa o una in bikini?». A Ryad la risposta va da sé: «La cultura della nudità è degradante per le donne». E Al-Hayat insiste: «Come reagirebbero francesi ed europee se nei paesi islamici dovessero coprirsi il volto e i capelli?» Secondo la stampa araba, la stigmatizzazione dei simboli religiosi musulmani non fa altro che aumentare i comportamenti razzisti nel mondo occidentale.
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