Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 25/06/2009, a pag. 16, l'analisi di Fiamma Nirenstein dal titolo " Ora è l’Europa il miglior alleato di Israele ".
Fiamma Nirenstein
Uno spostamento di alleanze, forse è questo ciò che si è visto in questi giorni durante la visita europea di Benjamin Netanyahu, abbracciato con la sua nuova linea di pace da Berlusconi e Sarkozy, e invece costretto ad annullare l’appuntamento con l’inviato americano Mitchell a Parigi. C’è chi dice che Obama avrebbe mandato a dire a Bibi di «preparare bene i compiti di casa», ovvero di decidere di consegnare agli Usa la decisione di congelare gli insediamenti come Obama richiede e poi di dare il via a una discussione fattiva con la mediazione americana sulle prospettive.
Tant’è: il fatto nuovo è che l’Europa, incarnata da Berlusconi e Sarkozy e sullo sfondo dalla Merkel, pur chiedendo di fermare gli insediamenti e, come ha detto Sarkozy, di dare un chiaro segnale di buona volontà, pure valorizza la scelta di Bibi di ammettere uno Stato palestinese smilitarizzato; e comprende ciò che i palestinesi per ora rifiutano: che Israele chiede, per procedere con le trattative, che essi accettino l’esistenza dello Stato ebraico. «Noi riconosciamo lo Stato dei palestinesi, che loro riconoscano lo Stato degli ebrei» dice Netanyahu. E pare che stia trattando per un congelamento, come segnale di buona volontà, di tutti gli insediamenti per sei mesi.
Nello stesso momento, anche se Obama ha ammesso il grande passo compiuto da Bibi per la pace, gli Usa insistono a gran voce sul totale blocco degli insediamenti. La cosa appare destinata all’opinione pubblica più che a un effettivo progresso: Bibi ha dichiarato più volte che non sarà permessa nessuna espansione degli insediamenti esistenti e che non ne saranno costruiti di nuovi; intanto, ha abolito un numero senza precedenti di check point e Sarkozy gli ha fatto un piacere chiedendogli, ieri, di fare ciò che aveva già fatto, cioè di favorire la libertà di movimento.
Dunque, sia Berlusconi che Sarkozy hanno chiesto a Bibi il congelamento. Ma sembra più rilevante, nel loro discorso, la ripetuta definizione di Bibi come uomo che ha fatto un grande passo per il processo di pace.
E anche il segnale forte sulla sicurezza: Israele vuole essere sicuro che i suoi vicini, una volta fattisi Stato, non minacceranno la sua popolazione con l’aiuto dell’Iran, magari anche con l’arma atomica. La pace per Israele è prima di tutto quiete sul fronte iraniano. Bibi non vuole trovarsi con uno Stato Palestinese armato dall’Iran, come avviene con Hamas a Gaza, e Berlusconi, Fini e Sarkozy sono d’accordo. Rassicurato, Israele è pronto a affrontare l’abbandono degli insediamenti, ma oggi, ripete Netanyahu, la crescita naturale, quella che richiede che si costruisca un appartamento per una nuova coppia dentro l’insediamento già definito fino alla conclusione di trattative, è molto difficile da bloccare.
Per gli Usa sembra che il tema principale non sia lo Stato palestinese smilitarizzato accanto a uno Stato ebraico. È tuttavia possibile che, quanto più il tema dell’Iran diventa anche per Obama univoco, quanto più il regime diviene un nemico della libertà, tanto meno l’Amministrazione temerà che esca un titolo che parli di un’alleanza fra Israele e gli Usa contro il pericolo iraniano. Per ora è stato più facile per gli europei unirsi a Netanyahu nel lanciare una forte coesione occidentale e condannare il regime degli ayatollah. Berlusconi e Sarkozy sono alleati di Israele anche in sede di Unione Europea. Forse è grazie a loro, che hanno saputo sostenerlo sulla linea dello Stato demilitarizzato e del riconoscimento dello Stato ebraico, nel momento della svolta più delicata della sua vita, che Netanyahu accetterà il congelamento totale di sei mesi, un segnale molto importante per gli Usa, molto meno per la pace in Medio Oriente.
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