Oggi, 25 giugno 2009, sono tre anni che il giovane soldato israeliano Gilad
Shalit si trova nelle mani dei terroristi di Hamas.
In questi tre anni la Croce Rossa Internazionale non ha mai potuto visitare
il giovane prigioniero, nel disprezzo più totale di tutte le norme
internazionali.
Gilad Shalit era sicuramente in vita quando, tre mesi dopo la sua cattura,
avvenuta sul suolo israeliano, fece pervenire una lettera alla famiglia. E
ancora nel giugno dell'anno scorso questo giovane, non ancora ventitreenne,
era in vita, perché poté inviare una seconda lettera.
Niente altro si può sapere di Gilad.
A lui, e alla sua famiglia, vogliamo unirci in questo terzo, tragico
anniversario.
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/06/2009, a pag. 36 dal titolo " Prigioniero di Hamas e del silenzio ".
Era l’alba del 25 giugno 2006 quando il caporale Ghilad, che aveva allora 19 anni, fu catturato, sul territorio dello Stato di Israele, da un gruppo di guerriglieri palestinesi. I guerriglieri avevano attaccato con missili e bombe, uccidendo due soldati e ferendone un terzo. Poi prelevarono Ghilad, ferito, e lo trasportarono all’interno della Striscia di Gaza.
A giugno 2007 Hamas diffuse una cassetta audio, in cui si sentiva la sua voce.
A giugno 2008, nel secondo anniversario, Hamas trasmise una sua lettera in cui scrive: «Continuo a soffrire a causa delle difficoltà di salute e psichiche e per le depressioni che questo genere di vita provocano». Da allora nessuna notizia.
Né Croce Rossa Internazionale né alcuna altra organizzazione umanitaria hanno potuto verificare le condizioni di detenzione dell’ostaggio, in violazione degli accordi internazionali; peraltro le Convenzioni di Ginevra per il rispetto delle condizioni di vita dei prigionieri di guerra sono sconosciute ad Hamas.
La sofferenza di questo ragazzo e la tortura psicologica inflitta alla famiglia risultano insopportabili per tutti coloro che hanno rispetto per la dignità umana.
Erano quattro i soldati israeliani catturati. Ron Arad sparì in Libano nel 1986. Secondo alcune voci fu trasferito in Siria e poi in Iran: ad oltre vent’anni di distanza, nessuno si fa più illusioni sulla sua sorte. Ehud Goldwasser ed Eldad Reghev in cambio della liberazione di numerosi palestinesi incarcerati, sono stati riconsegnati, sì, ma come cadaveri chiusi dentro due bare.
Chiediamo a tutti, rappresentanti politici e semplici cittadini, di riflettere sulla condizione terribile di questo ragazzo che da anni rischia ogni giorno di morire per un sì o per un no.
Chiediamo al Governo ed alla diplomazia italiana di impegnarsi per ottenere dai guerriglieri di Hamas il rispetto delle convenzioni umanitarie internazionali.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sull'e-mail sottostante