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Il Foglio Rassegna Stampa
24.06.2009 Ammazzano cristiani in Yemen, per Famiglia Cristiana è una notizia ?
L'analisi di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 24 giugno 2009
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «La rosa bianca nel deserto»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/06/2009, a pag. 1-4, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " La rosa bianca nel deserto ".

 Anita Gruenwald e Rita Stumpp

Roma. Una fotografia le mostra sorridenti mentre hanno in braccio alcuni bambini del Malawi. Le immagini di Rita e Anita pubblicate dai giornali tedeschi ci consegnano due ragazze gioiose, determinate, compassionevoli, forti, fiere. Ma inconsapevoli, forse, del grande pericolo che le sovrastava durante l’attività medica e missionaria che svolgevano nello Yemen. Anita Gruenwald e Rita Stumpp, cugine entrambe di ventisei anni, sono le due ragazze tedesche trucidate la scorsa settimana e di cui ora si comincia a sapere qualcosa. Alla base del sequestro di nove stranieri, di cui sette tedeschi, avvenuto nello Yemen, c’è una vendetta contro le attività missionarie del gruppo. Lo ha rivelato il settimanale tedesco Der Spiegel. L’unità di crisi di Berlino suppone che i tedeschi – Anita Gruenwald e Rita Stumpp più una famiglia il cui destino è ancora incerto, composta da Johannes H., da sua moglie Sabine e dai loro tre figli piccoli, Lydia, Anna e Simon – fossero noti sul posto come “missionari”. Quanto basta per farne degli obiettivi degli islamisti. Pochi mesi fa alcuni musulmani avrebbero minacciato Johannes dopo che questi aveva incontrato in una sala da tè un musulmano e l’aveva invitato a leggere la Bibbia. L’episodio sarebbe stato raccontato dallo stesso tecnico tedesco in una lettera agli amici. Johannes e sua moglie Sabine sarebbero andati nello Yemen con l’aiuto di un’organizzazione evangelica tedesca che ha come compito “l’evangelizzazione dei popoli del mondo non ancora raggiunti”. Si tratta della Global Mission for Christ, con sede a Eppstein e che fa parte della German Evangelical Missions Association. Tra gli oggetti lasciati da Anita e Rita, studentesse di un corso di teologia che stavano effettuando un tirocinio in un ospedale yemenita, ci sarebbero i loro scritti missionari. Gli ex compagni di studi le ricordano così: “Erano due ragazze pazze, coraggiose, piene di humour, sobrie. Siamo tutti scioccati”. Erano cresciute con le storie di grande abnegazione di cui è pieno il protestantesimo evangelico. Come Richard Wurmbrand, il fondatore dell’organizzazione evangelica “Voice of the martyrs” che esportava bibbie nell’Europa orientale negli anni Quaranta e che venne imprigionato per quattordici anni dal governo romeno Predicò nei rifugi antiaerei e stampò un milione di copie dei Vangeli in russo organizzandone la distribuzione clandestina tra le truppe d’occupazione sovietiche. Rita e Anita erano cresciute con il mito del pastore Paul Schneider, assassinato a Buchenwald dai nazisti. I compagni di prigionia lo sentirono recitare un Salmo mentre la Gestapo lo bastonava a morte. Stando agli inquirenti arrivati da Berlino, mentre tornavano da un incontro con un medico nei pressi di Saada i sei tedeschi, un cittadino britannico e una maestra sudcoreana, sono stati bloccati da uomini armati a bordo di una Suzuki Vitara nera. Hanno giustiziato le due ragazze e la sudcoreana con colpi di pistola alla testa. Volevano sbarazzarsi di quelle due orgogliose cristiane dalla pelle bianca. Dietro alla loro uccisione ci sarebbero ex combattenti rinchiusi a Guantanamo e liberati dagli americani. Tra cui Said Ali al Shihri, il saudita liberato dalla base cubana nel novembre 2007 perché considerato “non più pericoloso” e oggi vicecomandante di al Qaida nello Yemen. Alla commissione americana che doveva giudicarlo, al Shihri ha detto che una volta fuori si sarebbe ricongiunto ai suoi cari a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, e avrebbe tentato di lavorare nel negozio di mobili di famiglia. Battiste di una congregazione in maggioranza composta da russi emigrati in Germania, Rita e Anita studiavano teologia alla Brake Bible School, un college cristianoevangelico. Oggi sul loro sito internet campeggia una citazione dalle lettere di Giovanni: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo”. La scuola sorge a Lemgo, è composta da due edifici ultra moderni e da una cappella immersa nel verde germanico. Le due ragazze si trovavano nella penisola araba in qualità di tirocinanti, come richiesto dal programma di formazione. Il loro desiderio, ci dicono dall’istituto tedesco, era quello di “lavorare con i poveri”. Le aveva reclutate Worldwide Services, un’associazione olandese che aveva offerto loro un posto nell’ospedale al Jumhuri di Sanaa. La loro scuola, dove insegnano anche molti reverendi americani, è stata fondata oltre cinquant’anni fa ed è conosciuta come il “Moody Bible Institute della Germania”, dal nome del famoso evangelista statunitense. E’ forte la polemica in Germania sulla decisione della scuola di inviare in Yemen le due volontarie Rita e Anita. A sollevare l’accusa di “irresponsabilità” è l’ex sottosegretario Jürgen Chroborg, rapito da turista con la famiglia a Natale 2005 in Yemen e rilasciato tre giorni dopo insieme a moglie e figli. Riferendosi all’impegno religioso delle due giovani studentesse, Chroborg ha detto che “si può svolgere il proprio compito di cristiani anche in paesi nei quali il pericolo non è così grande. Considero davvero molto difficile da accettare sul piano della responsabilità il fatto di inviare gente in quel paese”. I responsabili della scuola biblica rispondono che le due ragazze “sapevano che poteva essere pericoloso, ma si trattava di due ragazze sveglie con i piedi in terra, per questo non ci siamo preoccupati, quando hanno deciso di partire”. Il padre di Rita, Albert Stumpp, chiama “bestie” gli assassini yemeniti e parla della figlia come di “un angelo”, “conosceva i rischi dell’internato in Yemen ma era determinata a lavorare con i poveri”. Lo Yemen è, infatti, il paese arabo più povero. La loro fede, dice Albert, non sarà scalfita dalla perdita della figlia. “Dio ci ha dato tanto, con il suo aiuto porteremo anche questa tragedia”. Secondo il giornale Yemen Times, l’imam di Saada Hafith al Baani avrebbe tenuto poche ore prima del sequestro un sermone estremista nei confronti degli stranieri. Avrebbe incitato i fedeli all’odio contro i cristiani stranieri che operano in quell’area, perché a suo dire sarebbero “agenti dei servizi segreti stranieri giunti nel paese per diffondere il cristianesimo. Queste organizzazioni diffondono copie del Vangelo e libri cristiani tra i cittadini di Saada, città che soffre per una guerra che dura da anni”. A marzo una lettera di al Qaida aveva avvisato i tedeschi: “Vi avvertiamo, infedeli. State attenti!”. Firmato la spada di “Abu Musab”, alias Abu Musab al Zarqawi, il decapitatore giordano che ha terrorizzato l’Iraq. La Frankfurter Allgemeine Zeitung ricorda che nel 2002 un fondamentalista islamico aveva ucciso sempre nello Yemen quattro americani di un ospedale battista. Anche la vittima sudcoreana, Eom Young Sun, faceva parte della Worldwide Evangelization for Christ, un’organizzazione inglese cristiana presente in molti paesi islamici da quando venne fondata nel 1918. Nel suo blog prima di partire per lo Yemen, Eom aveva scritto: “Quando finirò il mio training, voglio insegnare ai bambini in Turchia”. La sua ultima e-mail risale a pochi giorni prima del sequestro. Raccomandava agli amici un libro sull’ebraismo. “Ho realizzato molte cose sulla fede degli ebrei e il nostro Dio”. Albert aveva sentito la figlia Rita il giorno prima del rapimento. “Era molto felice di aiutare altri esseri umani”. La scuola piange le due ragazze come “modelli dell’amore di Dio e dell’uomo”. C’è chi le paragona a un’altra ragazza di confessione evangelica, Sophie Scholl. Sessant’anni fa si oppose a un’altra tirannia e pagò con la vita. Era la Rosa Bianca.

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