La freddezza della sinistra nei confronti della lotta dei giovani iraniani è impressionante 23/06/2009
Le crisi storiche spesso rivelano di che pasta siano fatte le forze politiche e i loro dirigenti. In questi giorni, la freddezza della sinistra che si vuole comprensiva nei confronti dell'islamismo nei confronti della lotta dei giovani iraniani (che in fondo sono islamici anche loro, solo vogliono la democrazia e non il terrorismo) è impressionante. Non lo scrivo io, ma quel Marco Ferrando che fece il deputato dissidente a sinistra nella scorsa legislatura, contribuendo ad affossare il governo Prodi. Leggete il rimprovero alla sinistra, contenuto in un comunicato all'agenzia Adnkronos : "Le sinistre italiane hanno il dovere di uscire dal silenzio e di promuovere una propria mobilitazione, autonoma e unitaria, a sostegno della rivolta popolare iraniana", naturalmente però "contro ogni tentativo delle cancellerie europee, degli Usa, di Israele, di assorbire la rivolta dentro il proprio progetto di omologazione dell'Iran al controllo occidentale." Il bla bla ideologico del segretario (e membro quasi unico, da quel che sappiamo del "Partito dei comunisti lavoratori" – dunque ci sono anche i comunisti fannulloni, importante ammissione), prosegue alla grande e va letto ancora un po', se non altro per la sua irresistibile carica comica involontaria: «Grandi masse di giovani e di popolo si stanno battendo per rivendicazioni democratiche elementari. Il Pcl dà piena solidarietà alla rivolta contro un regime che per 30 anni ha represso nel sangue l'intera sinistra politica e sociale iraniana -aggiunge- Ma questa rivolta non deve finire nelle braccia della borghesia arricchita di Rafsanjani, e dei suoi interessi affaristici con l'occidente. Deve e può sfociare nel rovesciamento della repubblica islamica; nella convocazione di un'assemblea costituente, libera e sovrana; in una mobilitazione ininterrotta che colleghi le rivendicazioni democratiche alle domande sociali dei lavoratori iraniani, entro una prospettiva antimperialista e socialista». Quel che ci importa però non sono le masse e l'assemblea costituente, che stanno scritte nel libro dei sogni del buon Ferrando; è il "silenzio" di cui parla il nostro "segretario". Già. Dove sono i turisti di Gaza? Dov'è Vattimo, cui è riuscito il sogno di tornare in Europa, dov'è l'instancabile Luisa Morgantini, che invece è stata trombata? Dov'è il Movimento di Solidarietà Islamica, che non cessa mai di denunciare la prepotenza dei sionisti? Dove sono quei deputati socialisti olandesi che cinque mesi fa sfilavano invocando Hamas e gli "ebrei ai forni". Dov'è Jimmy Carter? Dove sono le masse islamiche che si genuflettevano in Piazza Duomo a Milano? La Rossanda? Dov'è Ferrero, il segretario valdese di quello che si può ben chiamare "Riannullanmento comunista"? Insomma, dove sono finiti tutti? Di uno invece sappiamo dov'è: Tarik Ramadan ha dichiarato, con la sua solita serpentina ambiguità che "le masse povere soono con Ahamdinedjad". E anche lui, naturalmente. (Di D'Alema non sappiamo, perché l'uomo è accorto; ma lo immaginiamo, così, per pura fantasia: sta seduto di fronte al grande specchio che si è fatto istallare nel suo yacht e si dice da solo: come sei bravo, l'avevi capito tu che bisognava dare una mano agli iraniani, o almeno ai loro protetti di Hizbullah. Una mano o un braccetto...)