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Libero Rassegna Stampa
21.06.2009 L'islam integralista ci è entrato in casa
L'analisi di Magdi Cristiano Allam

Testata: Libero
Data: 21 giugno 2009
Pagina: 20
Autore: Magdi Cristiano Allam
Titolo: «L'islam integralista ci è entrato in casa,le donne lo sanno»

Di Magdi Cristiano Allam, oggi deputato europeo, LIBERO di oggi, 21/06/2009, a pag.20, pubblica una analisi della condizione della donna musulmana in Italia, dal titolo "L'islam integralista ci è entrato in casa,le donne lo sanno". Ecco l'articolo:

In Europa è in atto una islamizzazione strisciante e inarrestabile del nostro territorio e delle nostre menti che si realizza principalmente tramite la sottomissione delle donne musulmane al potere di gruppi estremisti che, da un lato, dissimulano spregiudicatamente la loro ideologia di conquista e radicamento, dall’altro, strumentalizzano cinicamente le nostre leggi e le nostre consuetudini. E noi, inconsciamente e irresponsabilmente, li lasciamo perlopiù fare, come se fintantoché il loro comportamento non crea problemi alle “nostre” donne possiamo tranquillamente far finta di niente. Non ci rendiamo conto che tutto ciò che accade dentro casa nostra in termini di violazione della dignità e della libertà della persona, prima o dopo finirà per incidere nella nostra carne e per corrompere la nostra anima.

Europa materialista

Che desolazione lo spettacolo di quest’Europa materialista e senz’anima che non è più padrona in casa propria, che si sottomette all’arbitrio degli estremisti islamici come se si trattasse di una fatalità inoppugnabile e che pertanto finisce per esultare, considerandola alla stregua di una vittoria, quando riesce ad affermare il primato della legge, delle regole e dei valori non negoziabili che dovrebbero valere per tutti, ma che noi stessi consentiamo loro di disattendere nel nome del rispetto di una presunta specificità religiosa o culturale.È sufficiente seguire le cronache di un giorno qualsiasi per cogliere il riproporsi di fatti in cui, all’interno delle nostre città, le donne musulmane vengono picchiate a sangue dai loro stessi genitori e familiari, al punto da essere costrette a ricorrere al pronto soccorso dell’ospedale, semplicemente perché vestono come le loro coetanee europee, rincasano tardi dopo aver consumato una pizza con gli amici o si sono spinte fino al limite dell’infedeltà islamica fidanzandosi con un cristiano. È quanto ad esempio è successo giovedì scorso a Samira, una marocchina di 17 anni, portata all’ospedale San Carlo di Milano dai genitori-aguzzini con ferite sul viso e alle gambe. Nello stesso giorno in Francia il governo ha reso noto l’intenzione di mettere al bando il burqa o il niqab, il velo integrale islamico che avvolge interamente il corpo della donna con un’unica fessura all’altezza degli occhi, sostenendo a viva voce - come se si trattasse di una verità da spiegare e giustificare - che è una palese lesione della dignità e della libertà della persona, aggiungendo, come un surplus di motivazione che dovrebbe far pendere il piatto della bilancia a suo favore, che il burqa non sarebbe contemplato dal Corano e che è invece lo strumento principe degli estremisti islamici per sottomettere al loro potere le donne. Tornando a casa nostra abbiamo accolto con immensa gioia la sentenza di un tribunale di Bologna in cui, per la prima volta nella storia italiana, un giudice ha riconosciuto la fatwa quale condotta penalmente rilevante, avallando l’istanza sostenuta dall’avvocato Loredana Gemelli che difendeva l’onorevole Souad Sbai, di fatto condannata a morte da un estremista islamico marocchino che l’aveva qualificata come una infedele.

Fatwa come reato

«Finora in Europa, in Paesi come Germania e Inghilterra, la magistratura ha sempre teso a comprendere i musulmani per le minacce lanciate o violenze inflitte, in nome di un multiculturalismo di stampo relativista, adducendo come motivazione la loro differente cultura», spiega la Gemelli, «questa sentenza ha ribadito che le basi della convivenza civile, sociale ed economica in Italia sono stabilite dai principi della Costituzione repubblicana, impermeabile a indirizzi e precetti culturali e comportamentali estranei, di cui la fatwa è una espressione».Chiunque di noi accettasse di accogliere a casa propria un ospite perché animato da un amore autentico per il prossimo, gli chiederebbe di rispettare le regole in cui noi stessi ci riconosciamo e che ci hanno consentito di essere a tal punto civili e con una disponibilità materiale da poterlo accogliere a braccia aperte. Ebbene ciò non accade quando accogliamo degli ospiti nella “casa comune”, la nostra società territoriale di riferimento, la nostra Italia e la nostra Europa. In questo secondo caso ci comportiamo in modo sostanzialmente contrapposto da chi è animato dal bene comune, che è una categoria etica che si fonda sull’equilibrio e sulla sintesi di diritti e doveri che valgono per tutti senza alcuna eccezione, scadendo nel buonismo che è un ideologismo che immagina che il nostro rapporto con il prossimo debba limitarsi ed esaurirsi nel concedere ciò che l’altro esige.Il buonismo è la trasposizione sul piano delle relazioni personali del relativismo sul piano della concezione generale della vita, che considera tutte le religioni, le culture, i valori e le conoscenze pari a prescindere dai loro contenuti. L’approccio ideologico del relativismo è tangibile nella negazione dell’uso della ragione, affinché non si assumano delle valutazioni critiche dal momento che aprioristicamente si afferma che si deve attribuire pari valore e pari dignità a tutto e al contrario di tutto. Così come il relativismo, sul piano dell’amministrazione delle nostre società che sono indiscutibilmente multietniche, multiculturali e multiconfessionali in quanto constano di persone originarie di altri paesi e con culture e religione diverse, ha partorito il mostro ideologico del multiculturalismo che s’illude che il governo della diversità debba limitarsi a elargire a piene mani diritti e libertà a tutti senza un comune collante identitario e valoriale. In questo contesto assistiamo ad un’accentuazione del laicismo che è la degenerazione ideologica della laicità, dove la chiara separazione della sfera secolare da quella religiosa ben espressa nelle parole di Gesù “date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”, è sprofondata nel pregiudizio se non nell’odio nei confronti del cristianesimo, della Chiesa e del Papa, fino a voler negare qualsiasi presenza della spiritualità e della fede dall’insieme dell’attività pubblica. Con il tragico risultato di aver trasformato la nostra Europa in una landa deserta, che nega e si vergogna della verità storica delle radici giudaico-cristiane della nostra civiltà, e che finisce per essere sempre più percepita come una terra di conquista.

Femministe ipocrite

Ebbene il parametro inequivocabile di questa conquista in atto è proprio l’inarrestabile sottomissione delle donne musulmane che qui, nella patria dei diritti dell’uomo e nella culla della democrazia, vengono segregate, schiavizzate e imprigionate dentro le mura domestiche, picchiate nella loro fisicità, violentate nella loro dignità e private della loro libertà. Non mi stupisce affatto l’ipocrisia ideologica delle nostre femministe che si infervorano e riempiono le piazze soltanto quando devono scagliarsi contro i cristiani che difendono la sacralità della vita e del matrimonio, ma che sono del tutto latitanti con gli islamici che trattano la donna come un essere inferiore da sottomettere e sfruttare. Ma rivolgo un appello a tutte le persone di buona volontà: mobilitiamoci in fretta per emancipare le donne musulmane che qui in Europa vengono costrette a sottomettersi all’arbitrio degli estremisti islamici, se vogliamo salvare la nostra anima, preservare la nostra dignità e difendere la nostra libertà.

allam@ppec.eu   (Deputato indipendente  Udc al Parlamento Europeo)

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