I nostri ayatollah non occorre andarli a cercare a Teheran, stanno soprattutto a Bruxelles 19/06/2009
Eurabia perde il pelo ma non il vizio. Sconfitto disastrosamente alle elezioni, il terzomondismo dell'Unione Europea continua imperterrito il suo tragitto. Vi racconto tre esempi dalle cronache di ieri. Primo: il governo laburista inglese, avendo ottenuto circa il 17 per cento dei voti è finito terzo dietro i conservatori e un partito nazionalista britannico. Qual è la prima rilevante iniziativa di politica internazionale che ha preso? Mandare il suo ambasciatore in Libano a incontrare in pompa magna il leader parlamentare di Hizbullah, a sua volta perdente alle elezioni. Fra trombati evidentemente ci si intende. Secondo esempio. Il consiglio dei ministri degli esteri europei, in una dichiarazione emessa lunedì su istigazione francese, ha preso forte posizione in favore dei colloqui interpalestinesi fra Hamas e Autorità Palestinese e per la prima volta non ha più ripetuto la richiesta del "quartetto" internazionale sul Medio Oriente che Hamas rinunciasse al terrorismo e riconoscesse Israele. Sembra un dettaglio, ma è fondamentale, perché sul piano diplomatico questa richiesta è il maggior ostacolo fra Hamas e il governo palestinese. Terzo: lo stesso consiglio ha deciso di mantenere congelato il miglioramento dei rapporti con Israele che era stato votato l'anno scorso e non realizzato concretamente dopo l'operazione Piombo fuso. Generosamente non ha fatto come volevano Belgio e Lussemburgo, cioè non ha semplicemente annullato l'"upgrading" delle relazioni, ma ha deciso di continuare la sospensione. Mi direte che tutto ciò è male, ma non c'entra con le elezioni. E invece no, perché, con la sola eccezione di Malta e della Grecia, due settimane fa in tutt'Europa hanno vinto le posizioni contrarie al terzomondismo, all'immigrazione selvaggia, al multiculturalismo. Le politiche europee sul conflitto in Medio Oriente invece sono tutte ancora improntate a questa ideologia: l'Europa è buona, antimperialista, multiculturale (e quindi per Hamas e contro Israele per l'immigrazione e contro l'identità dei paesi europei, per l'Islam e contro i suoi critici), checché ne dicano i suoi elettori. E poi si lamentano (a bassa voce) della mancanza di democrazia delle elezioni iraniane... Ma i nostri ayatollah non occorre andarli a cercare a Teheran, stanno a Downing Street, al Quai d'Orsay, in Olanda e soprattutto a Bruxelles – con la stessa serena coscienza di essere dalla parte della virtù. E se il popolo non segue, peggio per lui.