Riportiamo dal sito WWW.FONDAZIONECDF.IT l'articolo dal titolo " Pacifismo, negazionismo e antisionismo" sul saggio di Alain Finkielkraut dal titolo " Au nom de l'Autre. Reflexions sur l'antisemitisme qui vient ".
Alain Finkielkraut
Nel 2003 Alain Finkielkraut pubblicò da Gallimard uno snello saggio che allora non venne letto con sufficiente attenzione: 'Au nom de l'Autre. Reflexions sur l'antisemitisme qui vient', tradotto in italiano e pubblicato nello stesso 2003 da Ipermedium. Con il consueto acume Finkielkraut metteva in luce il legame ideologico e psicologico fra il pacifismo europeo e l'antisemitismo rinascente (di cui basterebbe come prova il fatto che qualunque luogo simbolo dell'ebraismo, dalle sinagoghe ai cimiteri, deve venir protetto in Europa dalla polizia). Ecco il sunto della sua tesi, ricostruita estrapolando alcune frasi significative dal testo : ' Ciò che unisce l'Europa di oggi è il rifiuto della guerra, dell'egemonismo, dell'antisemitismo e, passo dopo passo, di tutte le catastrofi che essa ha fomentato.(...) 'Mai più me stessa' promette l'Europa, ed in questo compito si consuma. L'America democratica combatte i suoi avversari; l'Europa combatte rumorosamente con i suoi fantasmi.' (....) Tutti i popoli europei, tutti gli Stati, tutte le istituzioni, tutte le categorie lavorative guardano il passato in faccia e bilanciano, senza debolezza alcuna, l'inventario dei loro successi con la pubblicità dei loro torti. Tutti bandiscono l'insegnamento dell'odio e praticano con grande determinazione una pedagogia del pentimento. Tutti confessano i crimini che hanno commesso o che hanno lasciato commettere. Tutti riconoscono la loro parte d'ombra. Tutti accettano umilmente il fardello civilizzatore della colpevolezza. (...) Tutti diffidano del nazista che sonnecchia in loro (...) Tutti, salvo gli Ebrei'. ' Ci si preoccupa tanto e con tale intensità dell'Altro, che la figura dell'Altro ha finito col cancellare quella del nemico. (...) Il nemico, per quanto aspra sia la contesa, si colloca nell'ambito del riconoscimento, mentre il razzista, per le sue intenzioni e per il suo comportamento, ne viene escluso. (....) Là dove la morale ha fatto piazza pulita del nemico, questi risorge sotto la forma demoniaca del nemico dell'Altro, vale a dire del nemico del genere umano ’ . (...) Per gli Europei ' i Palestinesi non sono più i nemici degli Israeliani, ma il loro Altro. Essere in guerra con il proprio nemico è una possibilità umana. Fare la guerra all'Altro è un crimine contro l'umanità.'
Ora un saggio del prof. Massimo Introvigne: Le origini di sinistra del negazionismo dell’Olocausto: in margine al caso Williamson “La via del negazionismo? Prima a sinistra” ( http://www.cesnur.org/2009/mi_negazionismo.htm) cita nomi, dati, pubblicazioni che legano le origini del negazionismo al pacifismo anarchico francese degli anni 50 e 60, attraverso l'opera e il pensiero di Paul Rassinier. Spiega Introvigne che ' Il tema principale di tutta la sua attività politica è il pacifismo assoluto di matrice anarchica, per cui qualunque pace è preferibile a qualunque guerra. La denuncia del nazismo come male assoluto tramite la descrizione dell’Olocausto, secondo Rassinier, rischia di essere fatale a questo tipo di pacifismo. Molti, infatti, si convinceranno che esiste almeno una guerra giusta, quella capace di far cessare crimini orribili come quelli perpetrati dai nazisti nei campi di sterminio. Per negare radicalmente l’idea di guerra giusta occorre – pensa Rassinier – negare il carattere unico, terribile, assoluto dei crimini nazisti, dunque negare l’Olocausto e le camere a gas. Gli argomenti tecnici in Rassinier – e lo stesso ritorno nel suo pensiero di un antisemitismo “sociale”, che vede nell’ebreo il capitalista per eccellenza riprendendo una vecchia tradizione della sinistra fr! ancese – sono sempre funzionali a un singolo tema di fondo, che è quello pacifista. ' Il breve saggio ripercorre le reciproche influenze fra anarchici pacifisti e comunisti bordighisti attraverso il movimento del '68 e attraverso l'opera di Roger Garaudy, il filosofo francese convertito all'islam, il cui testo del 1995 I miti fondatori della politica israeliana, sostiene la tesi 'che il mito dell’Olocausto è stato inventato dagli ebrei per giustificare l’esistenza di Israele e le ingiustizie commesse verso i palestinesi. Per quanto discreta, la pubblicazione fa scandalo e porta a un processo e alla condanna di Garaudy. Ma si tratta di un colpo mediatico di grande effetto che fa conoscere il negazionismo, grazie anche al fatto che una figura popolare come l’abbé Pierre (Henri Grouès, 1912-2007), il “prete dei poveri” fondatore del Movimento Emmaus, si presenta a testimoniare in favore dell’integrità dell’amico Garaudy, pur dichiarando di non condividerne il negazionismo.' Sappiamo che Israele e il Sionismo nascono da una spinta culturale e nazionalistica che nulla ha a che vedere con la Shoah, che i Sionisti combatterono a lungo il ricordo della Shoah, e che Israele rifiutò a lungo di onorarne pienamente le vittime (vedasi il magnifico studio di Georges Bensoussan: Israel, un nome imperissable, che in autunno apparirà in traduzione italiana). Speriamo che nelle università italiane fioriscano presto studi sui rapporti intrecciati fra pacifismo, antisionismo e negazionismo.Dovrebbero bastare i proclami di Ahmadinejad per suscitare interesse ad approfondire questo argomento, oggi apparentemente centrale nel discorso politico globale.
Laura Camis de Fonseca